Il quadro isolano secondo Sebastiano Bongiovanni, presidente della Piccola Industria di Confindustria Sicilia
SIRACUSA – Difficile immaginare un futuro in cui l’opportunità delle Zes venga sciupata dalla volontà da parte del Governo di centralizzare la gestione da Roma. In Sicilia le Zone economiche speciali hanno attratto l’interesse da parte di investitori fino agli Emirati Arabi e adesso le aspettative dovranno essere garantite anche dal nuovo assetto della Zes unica per il Mezzogiorno. Questo nuovo istituto entrerà in esercizio dal 1° gennaio 2024 e sostituirà le otto Zes territoriali.
Il presidente regionale della Piccola industria di Confindustria Sicilia, Sebastiano Bongiovanni, ha fiducia nella riuscita dell’operazione, ma non nasconde l’importanza di ridurre al massimo le tempistiche entro cui rendere operativo il nuovo assetto. Vecchi e nuovi investimenti, infatti, resteranno sul territorio se le aziende avranno interlocutori pronti e strumenti certi per svolgere le attività previste.
Quali sono gli aspetti positivi di una Zes unica?
“Il Decreto Sud ha modificato le Zes portandole da otto a una ed è intervenuto sui diversi strumenti di agevolazione e sostegno allo sviluppo delle imprese e dei territori del Mezzogiorno. Con questo Decreto prendiamo atto, positivamente, che lo sviluppo del Mezzogiorno è tornato al centro dell’attenzione del Governo. Penso che si voglia investire, e spero non soltanto spendere, tutte le risorse disponibili nei vari strumenti per il Sud, dal Fondo di sviluppo e coesione alla Zes Unica. Per una valutazione più appropriata di questa rimodulazione bisognerà attendere i decreti attuativi che consentiranno di capire il modello di gestione delle misure, le risorse impegnate e le eventuali priorità, e quindi capire se si potranno raggiungere gli obiettivi prefissati. Con la Zes unica si perde la specificità di una zona economica circoscritta in un territorio, collegata ad un porto che necessita di sviluppo, ma si ha (e questo potrebbe essere un lato positivo) tutto il Mezzogiorno quale Zona Economica Speciale, per cui qualsiasi area può attrarre e recepire investimenti. Un ulteriore aspetto positivo potrebbe essere l’istruttoria per la semplificazione amministrativa che, essendo centralizzata, potrebbe avere una univocità interpretativa di norme e regolamenti e quindi, se la struttura burocratica è efficiente, si velocizza il sistema delle autorizzazioni”.
In che modo l’attuale strategia industriale di sviluppo della piccola impresa può essere mantenuta mentre si istituisce una Zona economica speciale unica?
“Le Pmi di solito sono inserite in filiere produttive dove la specificità del prodotto o servizio realizzato ha la sua valenza nel processo della catena del valore. Con la Zes unica, e qui è importante il ruolo della Cabina di regia, si devono valutare e incentivare quegli investimenti che sono compatibili con le competenze presenti nei territori. Direi di più, che per gli investimenti di grandi aziende andrebbero valutati la capacità di dare vita a filiere produttive che creano valore. Le aziende Siciliane non chiedono vantaggi o privilegi, bensì chiedono rispetto e le stesse opportunità di tutte le imprese del resto d’Italia, e considerato che il Prodotto Interno Lordo di un territorio è strettamente correlato alla presenza di una buona dotazione infrastrutturale, si chiede di utilizzare bene tutte le risorse presenti negli strumenti di politiche economiche. Dal Pnrr al Fondo di sviluppo e coesione che hanno l’obiettivo di ridurre le distanze del Mezzogiorno con il resto d’Italia e dall’Europa. La realizzazione degli investimenti pubblici passa anche attraverso la riqualificazione della pubblica amministrazione, regionale e locale, attraverso una profonda azione di ammodernamento quantitativo e qualitativo di funzionari e dirigenti insieme allo snellimento e l’ottimizzazione delle procedure”.
Quali sono gli strumenti di incentivazione e semplificazione esistenti che occorre mantenere per garantire continuità?
“Innanzitutto è necessario che gli iter degli investimenti proposti alle Zes esistenti a oggi vengano rispettati e garantiti. Inoltre, la Zes unica per essere un’opportunità deve mantenere risorse idonee per tutta questa grande aerea, con criteri di ripartizione tra regioni, e tra Pmi e grandi imprese. Questo per evitare che possa esserci una regione o una grande impresa che faccia da ‘asso pigliatutto’”.
Il passo successivo è diventare un territorio appetibile per gli investimenti. In che modo è possibile attirare l’attenzione a livello internazionale?
“Per attrarre gli investimenti privati è necessario rendere appetibile un territorio e bisogna intervenire attraverso investimenti pubblici in infrastrutture materiali e immateriali, garantire tempi certi per le autorizzazioni, avere una burocrazia efficiente, lavorare in un contesto di sicurezza e legalità e, infine, ritengo fondamentale investire nelle competenze e sul capitale umano delle nuove generazioni. Serve, e su questo possiamo essere propositivi, un piano industriale regionale che, oltre a consolidare e valorizzare quanto è già esistente sul nostro territorio, miri a supportare la nascita di nuove realtà produttive. È indispensabile rivedere i Piani regolatori delle aree di insediamento industriale e i valori dei terreni, spesso oggetto di speculazioni che nulla hanno a che vedere con il mondo produttivo. Di conseguenza va rivisto il modello di gestione di queste aree che non rispondono alle esigenze reali delle imprese per carenze di servizi, e quindi chiedere all’Irsap, che è subentrato ai Consorzi di Sviluppo Industriale, di svolgere il suo ruolo a pieno titolo”.
In che modo, secondo lei, è possibile coordinare tutte queste azioni e produrre ricadute sul territorio?
“La Sicilia ha una potenziale dotazione finanziaria e di agevolazioni fiscali per le imprese tra fondi strutturali, credito d’imposta, Pnrr, Zes, decontribuzione Sud e tanti altri, che messi a sistema organicamente permetterebbero di recuperare anche fino al 65 per cento delle risorse in nuovi investimenti. Alla luce dello scenario internazionale e dell’aumento dei costi, molte aziende italiane e non solo stanno spostando le loro attenzioni dalle aree dell’Est Europa verso altre zone in cui investire. La Sicilia potrebbe proporsi come territorio per attrarre nuovi investimenti, e per farlo, suggeriamo al Governo regionale la costituzione di una Task force con il compito di mettere a sistema, a vantaggio delle imprese, tutti gli strumenti agevolativi e finanziari di sua competenza. Si renderebbero così accessibili, con regole chiare in tempi brevi, garantendo, soprattutto, un percorso burocratico che assicuri certezza sulle autorizzazioni in un contesto di sicurezza e legalità. La Task force per attrarre investimenti dovrebbe promuovere incontri con realtà imprenditoriali nazionali per far conoscere le opportunità a chi vuole investire in Sicilia, essere l’interlocutore principale, come facilitatore, una sorta di Suap regionale, per progetti di investimenti di una certa rilevanza, supportare le imprese nel percorso degli iter autorizzativi, monitorare il sistema degli sportelli unici in Sicilia, aggiornare periodicamente sui nuovi strumenti agevolativi o norme riguardo investimenti produttivi, avere un confronto costante con le rappresentanze del mondo produttivo. Queste attività di marketing per attrarre investimenti potevano essere a carico delle Zes prima della costituzione della Zes unica. E in realtà l’assessorato alle Attività produttive della Regione Siciliana aveva cominciato a valutare come le Zes siciliane potessero svolgere questo ruolo. L’auspicio è che la Zes unica riesca ad attrarre investimenti senza discriminare nessun territorio”.