Istat: in Italia +1,7° rispetto al periodo 1981-2010 (Roma +2,7; Milano +2,5). Palermo il capoluogo più caldo in termini di temperatura media
Da una parte aumenta la temperatura, dall’altra diminuiscono i giorni di pioggia. È così che il clima siciliano diventa sempre più simile a quello desertico, con tutto ciò che ne consegue in termini di vivibilità umana e impatto ambientale. Sebbene però il quadro isolano sia aggravato dall’assenza di precipitazioni, è tutta l’Italia ad essere travolta da un cambiamento climatico che, come ha affermato qualche giorno fa la rete World weather attribution, sarebbe stato impossibile senza la “mano dell’uomo”.
La situazione si fa sempre più grave ogni anno che passa e, stando ai dati di Copernicus, il programma di osservazione della Terra dell’Unione europea, il mese di luglio appena trascorso è stato sia il secondo luglio più caldo che il secondo mese più caldo a livello globale, con una temperatura media dell’aria superficiale di 16,91 gradi centigradi, 0,68 sopra la media di luglio 1991-2020 e solo di 0,04 inferiore al precedente massimo fissato nel luglio 2023. Certo, lo scorso mese – come molti siciliani ricorderanno – non è stato mediamente caldo come quello “africano” del 2023, eppure proprio qualche settimana fa il nostro Pianeta ha vissuto i suoi due giorni più roventi nel record di dati Era5: la temperatura media globale giornaliera ha raggiunto i 17,16°C e i 17,15°C, il 22 e 23 luglio.
Clima, la gravità della situazione in cui ci troviamo
Se però per gli ultimi due anni i numeri non sono ancora consolidati, occorre andare a vedere le serie storiche per rendersi conto della gravità della situazione in cui ci troviamo. Secondo gli ultimissimi dati resi disponibili dall’Istat e relativi ai capoluoghi di regione, il 2022 è ad oggi l’anno più caldo dal 1971. Con una temperatura media di circa 16,6 gradi centigradi, il 2022 segna un picco di anomalia termica di +1,7 gradi centigradi rispetto al valore climatico 1981-2010, al quale risulta esposta una popolazione residente di poco superiore a 9,5 milioni di persone, pari al 16,1% della popolazione nazionale.
Palermo si mantiene un po’ al di sotto della media italiana, con una anomalia pari a 0,9 gradi centigradi, mentre i valori più alti si registrano a Roma (+2,7 gradi centigradi) e Milano (+2,5), seguite da Perugia (+2,3) e Torino (+2,1). Ciò non toglie, però, che Palermo si attesti come la città più calda in termini di temperatura media, arrivando a 19,8 gradi centigradi, seguita da Cagliari, a 19,5, e Roma, a 18,7. Riguardo alla temperatura massima, i valori più elevati si registrano per Roma (24,8 gradi centigradi) seguita da Cagliari (24) e sempre Palermo (23,1).
Le cosiddette “notti tropicali”
Allo stesso modo, aumentano in tutta Italia e anche in Sicilia le cosiddette “notti tropicali”, cioè quelle notti nelle quali la temperatura minima supera i 20 gradi centigradi. A Palermo, nel 2022, rispetto alla media registrata tra 1981 e 2010, ne sono state contate 28 in più, mentre 6 sono state le giornate estive in più rispetto al passato, cioè quelle in cui la temperatura massima ha superato i 25 gradi centigradi. In parallelo, sono aumentati i giorni senza pioggia, ben 10, mentre sono diminuite le precipitazioni totali. Tali anomalie non riguardano soltanto Palermo.
I dati relativi a Catania e Messina raccontano una situazione molto vicina a quella del capoluogo. Il riferimento in questo caso è la forbice che va dal 2006 al 2015. In un solo decennio a Catania i giorni estivi sono saliti di 18 unità, e le notti tropicali di 9; risultati anche più pressanti quelli di Messina, che vedono i due indicatori crescere rispettivamente di 28 e 33.
Anche le piogge si sono ridotte di parecchio
A Catania sono andati persi 600 millimetri di pioggia, mentre a Messina si parla di poco più di 300 millimetri di pioggia che non sono mai arrivati a toccare il suolo. In base alla localizzazione geografica, nel 2022 sono le città delle Isole e del Sud a registrare le temperature più alte, in media rispettivamente 18,7 e 16,9 gradi centigradi. Le città del Nord-ovest segnano l’innalzamento più significativo di temperatura media rispetto al periodo 2006-2015, circa +1,4 gradi centigradi, insieme a quelle del Nord-est, che crescono di +1,2 gradi centigradi.
Sono soprattutto i grandi capoluoghi a vedere salire di più il termometro e le motivazioni sono semplici: le aree urbane sono interessate da un surriscaldamento, causato da proprietà termico-radioattive di superfici di asfalto, cemento e metalli, di cui sono principalmente costituite le città, con differenze apprezzabili di temperatura rispetto ad aree più esterne e rurali. Tale fenomeno è noto come “isola di calore urbana”, e si associa ad altri effetti negativi di eventi meteorologici. Una soluzione sarebbe intervenire con l’ampliamento di alberi e spazi verdi, che mitigano gli effetti della temperatura con l’ombreggiamento e giocano un ruolo molto importante nella regolazione della qualità dell’aria, assorbendo inquinanti atmosferici.
Purtroppo le previsioni sono anche peggiori
Poco promettenti, infatti, gli scenari al 2030 secondo quanto evidenziato nel suo rapporto 2023 dall’Ispra (l’istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale controllato dal ministero dell’Ambiente) sulle emissioni di gas serra e di altri inquinanti. È infatti attesa una scarsa riduzione delle emissioni nei settori trasporti e riscaldamento e un disallineamento rispetto agli obiettivi stabiliti dall’Effort Sharing che nel 2030 potrebbe superare i 15 milioni di tonnellate. Responsabili della maggiore quota delle emissioni nazionali di gas climalteranti rimangono i settori della produzione di energia e dei trasporti, anche se il settore energetico mostra una riduzione del 21,8% dal 1990 dovuta al calo delle emissioni provenienti dalle industrie energetiche, manifatturiere e delle costruzioni. Proprio il settore dei trasporti contribuisce in maniera importante alle emissioni nazionali di gas serra: ha inciso complessivamente per il 24,7% rispetto al totale nazionale di cui il trasporto stradale costituisce la fonte maggioritaria di emissioni (93% del settore dei trasporti).
Il riscaldamento globale sta riguardando anche i mari – fa notare l’osservatorio dell’Anbi (l’Associazione nazionale tutela acque irrigue) – con la temperatura del Mediterraneo che al 15 luglio è risultata addirittura fino a 6 gradi superiore alla media del periodio 1982-2011. Oggi la temperatura superficiale dei mari che circondano l’Italia va da 28 a 30 gradi con i massimi nel Tirreno meridionale, nello Jonio e nell’Adriatico.
Intervista a Christian Mulder, professore ordinario di Ecologia all’Università di Catania
“Con la guerra sono aumentate le emissioni di anidride carbonica”
La siccità non sarà un problema solo di quest’anno ma si ripresenterà ancora e sempre più spesso. Parola del professore ordinario di Ecologia all’università di Catania, Christian Mulder, che è anche delegato del rettore ai cambiamenti climatici. Secondo il docente, gli Stati hanno delle colpe per aver disatteso l’accordo di Parigi firmato nel 2015 da 194 paesi e dall’Ue, che mira a limitare il riscaldamento globale al di sotto di 2 gradi centigradi e a proseguire gli sforzi per circoscriverlo a 1,5 gradi al fine di evitare le conseguenze catastrofiche del cambiamento climatico. L’Italia ha le sue colpe così come i diversi big dell’Unione europea anche rispetto alla crisi bellica tra Russia ed Ucraina. Un conflitto che inevitabilmente ha delle conseguenze perché l’industria delle armi porta a un ulteriore innalzamento delle emissioni di Co2, impattando quindi anche sull’innalzamento delle temperature.
Cosa vuol dire l’aumento delle temperature per un territorio? Quali sono le conseguenze?
“Da febbraio 2023 ad adesso, quindi rispetto anche ai recenti dati pubblicati dall’Istat che si fermano al 2022, la situazione è peggiorata in Sicilia per via dell’emergenza siccità. In termini numerici è cambiato tanto a livello di temperatura, ogni mese riscontiamo un aumento delle temperature. La differenza di temperatura è meno problematica in Sicilia rispetto al Nord ma per quanto riguarda la siccità è più problematica. Quel che vediamo è che piove sempre di più al Nord e sempre meno in Sicilia. L’aumento delle temperature media annua nel Nord incide anche più significativamente per quel che riguarda l’agricoltura. Nel Sud invece ci sono problemi con l’agricoltura ma a livello di mancanza di acqua. La vera questione è che ci vogliono anche infrastrutture adeguate, dei bacini idrici che siano in grado di raccogliere questa grande quantità d’acqua quando arriva”.
Aumentano i giorni estivi e diminuiscono di conseguenze le giornate piovose. Dobbiamo ulteriormente preoccuparci in chiave futura al di là dell’attuale terribile estate?
“La vendemmia e la raccolta dei diversi prodotti agricoli diciamo che è anticipata di un paio di settimane proprio a causa della siccità. Il problema è quando manca l’acqua, ad esempio la vedo dura per le aziende che hanno bestiame. Gli animali hanno bisogno di grandi quantità di acqua. La siccità non sarà un problema solo di quest’anno, ce ne saranno tanti altri di questi periodi. Ma possiamo fare in modo che la situazione non peggiori e che quindi ci si mantenga quantomeno sugli attuali standard”.
Cosa si potrebbe fare nell’immediato per cominciare a contrastare questo incedere del clima tropicale e questi cambiamenti climatici?
“Basterebbe mantenere gli impegni di Parigi del 2015 dove si diceva di ridurre le emissioni di anidride carbonica perché è il fattore determinate che causa questo innalzamento termico. Rispetto agli impegni presi anche questo governo italiano non è molto attivo per la salvaguardia dell’ambiente. Nel 2015 c’era una grande motivazione e adesso a livello politico con la crisi con la Russia, e le difficoltà di dialogo, si sono innescati dei problemi a catena. è più difficile, dobbiamo accollarci delle responsabilità che non sono nostre ma sono loro. Anche gli altri Stati dovrebbero accollarsi queste problematiche. Adesso l’industria bellica è a pieno regime e la Russia sta emettendo ancora più Co2 che non nel 2014 e nel 2015, quando venne preso l’accordo. Le emissioni da parte della Russia sono ulteriormente aumentate e non sono intenzionati a ridurle. Ma il vero problema, che è planetario, è che ci sono troppi paesi che non traducono in atti concreti degli accordi che sono molto chiari. L’accordo di Parigi prevede di abbassare questo aumento della temperatura media. Anche noi come Italia stiamo facendo molto poco, nell’agricoltura si mitigano gli impatti ma è l’aspetto industriale quello che incide di più. Quello che si potrebbe fare? Garantire una forma più sostenibile per la produzione industriale, quindi prendere più energia da fonti rinnovabili, utilizzare meno combustibile fossile, e soprattutto limitare l’uso del petrolio e del gas. Avremmo dovuto usare il Pnrr proprio per migliorare a livello strutturale molte parti dell’Italia, cosa che fino ad oggi non è stata fatta”.
Analisi della rete Wwa: “Caldo impossibile senza l’uomo”
LA VALLETTA (MALTA) – L’ondata di caldo che ha colpito il Mediterraneo a metà luglio sarebbe stata “praticamente impossibile” senza il cambiamento climatico di origine antropica, afferma una nuova analisi della rete World weather attribution (Wwa). L’analisi ha rilevato che le temperature estremamente calde in Grecia, Italia, Spagna, Portogallo, Francia e Marocco sarebbero state tra 2,5°C e 3,3°C più fredde se gli esseri umani non avessero bruciato combustibili fossili. Sebbene l’ultimo rapporto della Wwa si basi su dati osservativi, senza estrapolazione da modelli climatici, rileva che i risultati sono “molto simili agli studi pubblicati nel 2023 che analizzavano le ondate di caldo nella stessa regione e includevano modelli climatici”. I punti in comune tra i cambiamenti osservati nel luglio 2024 e nel luglio 2023 “sono un buon indicatore di come il cambiamento climatico stia influenzando il caldo estremo nel Mediterraneo”, inclusa la realtà che eventi di caldo estremo come quello appena passato “non sono più rari”.
“Si prevede che ondate di caldo simili che colpiscono Grecia, Italia, Spagna, Portogallo e Marocco si verifichino in media circa una volta ogni 10 anni nel clima odierno che è stato riscaldato di 1,3°C a causa del cambiamento climatico indotto dall’uomo”, ha dichiarato la Wwa. Se l’umanità non riuscisse ad allontanarsi “rapidamente” dalla combustione dei combustibili fossili “questi eventi diventerebbero più caldi, più frequenti e più duraturi”. E l’incapacità di dare priorità all’adattamento al calore significherà sofferenze più intense e più morti, con i più vulnerabili più esposti al rischio.
Si sa che almeno 21 persone sono morte per cause legate al caldo in Marocco lo scorso mese, quando le temperature hanno superato i 48°C. I ritardi nelle segnalazioni e la scarsa tenuta dei registri in Marocco e altrove nella regione significano che dozzine o addirittura centinaia di persone “probabilmente” sono morte a causa dello stress da caldo durante l’ondata di caldo di luglio, ma non sono state ancora conteggiate nel totale, ha aggiunto la Wwa. L’Oms ha affermato che negli ultimi due decenni si è assistito a un aumento del 30% dei decessi globali legati al caldo, con gli adulti più anziani (soprattutto quelli che vivono da soli) e le persone con patologie preesistenti particolarmente a rischio. “Le temperature estreme aggravano le condizioni croniche, comprese le malattie cardiovascolari, respiratorie e cerebro-vascolari, la salute mentale e le condizioni legate al diabete. Il caldo estremo è un problema soprattutto per gli anziani, soprattutto per coloro che vivono soli. Può anche comportare un onere aggiuntivo per le donne incinte”, ha affermato in una nota Hans Kluge, direttore europeo dell’Oms.