Il presidente della Corte d’appello, Filippo Pennisi: “Una magistratura impoverita, delegittimata o, peggio, condizionata dall’esterno, è un rischio per la libertà di tutti noi e per la democrazia”
CATANIA – “Le necessità correlate all’annosa inadeguatezza di quasi tutte le strutture giudiziarie cittadine, la gestione delle criticità dovute alla loro ingravescente vetustà e, infine, l’adozione di misure necessarie e urgenti a causa dei recenti specifici episodi di degrado hanno assorbito una significativa parte delle energie organizzative degli uffici, energie che meglio avrebbero potuto essere indirizzate per obiettivi più strettamente legati all’attività giudiziaria”: così, in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario tenutasi nel Palazzo di Giustizia di piazza Verga, lo scorso 28 gennaio, il presidente della Corte d’Appello di Catania, Filippo Pennisi, ha iniziato la sua relazione sul bilancio sociale dell’attività giudiziaria dell’anno che si è appena concluso.
Dopo i rituali saluti alle autorità civili, militari e religiose, il presidente Pennisi ha infatti puntato il dito sul degrado in cui versano gli uffici giudiziari del distretto etneo, portando all’attenzione dell’opinione pubblica l’iniziativa presa da alcuni dirigenti di uffici giudiziari – Pennisi compreso – con la quale a giugno dell’anno scorso fu richiesto l’intervento del Consiglio Superiore della Magistratura per risolvere la questione del “provvisorio, ma ormai prolungato, esercizio delegato ai capi degli Uffici giudiziari delle procedure di evidenza pubblica relative, fra l’altro, all’acquisto di beni e servizi e alla gestione del patrimonio immobiliare destinato ad uffici giudiziari”, incombenze che “non attengono alle loro attribuzioni giurisdizionali”.
La risposta del Csm si è limitata alla richiesta di compilazione di un questionario che la Corte ha “tempestivamente” predisposto e inoltrato: “È evidente – ha sostenuto Pennisi – che la problematica merita ben altra attenzione”. Strettamente correlata alla questione dell’inadeguatezza delle strutture giudiziarie è la necessità di completare – entro l’autunno del 2024 – la nuova Cittadella Giudiziaria del capoluogo etneo, in viale Africa, perché solo tale realizzazione “potrà dare soluzione ai problemi dell’edilizia giudiziaria catanese”.
I riflettori sono stati poi puntati sui “pesanti vuoti d’organico” del settore giudiziario, sia per quanto riguarda il personale di magistratura che quello amministrativo, in particolare negli uffici di primo grado. Dati inferiori alla media nazionale ma che destano preoccupazione “in un distretto caratterizzato dalla presenza di numerose e agguerrite organizzazioni mafiose e dal fenomeno della tratta dei migranti dalla costa nordafricana e da quelle orientali”.
Terzo grande tema affrontato dal Presidente Pennisi è stato quello del “complesso e variegato corpus normativo”, la cui efficienza – ha evidenziato – non può non avere “un’accorta programmazione delle azioni necessarie all’ottenimento del risultato atteso”. “Una magistratura impoverita, delegittimata o, peggio, condizionata dall’esterno – ha concluso Pennisi – è un rischio per la libertà di tutti noi e, in definitiva, per il nostro sistema democratico”.
La parola è passata a Rosanna Natolo che, nominata membro laico del Consiglio superiore della Magistratura il 18 gennaio , ha incentrato il suo intervento sulle linee programmatiche che la neo Consigliatura intende perseguire, caratterizzate “dall’ascolto e dal dialogo costante nell’esclusivo interesse dei cittadini”. Il suo impegno sarà profuso “affinché la magistratura onoraria abbia finalmente quella dignità e il ruolo che merita nel sistema giustizia” e perché “tutti possano lavorare in un luogo sicuro”. Anche la rappresentante del Ministero della Giustizia, Maria Rosaria Covelli, nel suo intervento, ha affrontato la questione dell’edilizia giudiziaria annunciando che per i 53 immobili ad uso degli uffici giudiziari del distretto “il fabbisogno programmato per il triennio 2022-2024 relativo agli interventi manutentivi è pari a circa 5 milioni 500 mila euro”. Sono stati “avviati programmi di riqualificazione e ammodernamento degli impianti di riscaldamento e raffreddamento” in sei uffici per la sede catanese, in uno per il circondario di Caltagirone, in due a Ragusa e in altri due a Siracusa.
“Questo distretto – ha evidenziato poi Covelli – si caratterizza per la promozione e la realizzazione di pratiche virtuose di buona amministrazione che ne fanno un laboratorio rilevante anche a livello nazionale. Questo lo abbiamo constatato anche in esito ai lavori della commissione interministeriale per la giustizia al sud”.
Anche l’intervento del facente funzione Procuratore generale della Repubblica, Carlo Caponcello, ha toccato diversi temi. Dopo una menzione a Roberto Saieva, da pochi mesi in quiescenza, Caponcello è partito, numeri alla mano, dalla questione della dispersione scolastica, che nella città di Catania, prima tra le 14 città metropolitane, si attesta al 25,2 per cento: “Non vi è dubbio che le organizzazioni criminali facciano ricorso in modo paraimprenditoriale ai giovani dei quartieri periferici per acquisire manodopera”. Urge quindi “una valutazione fortemente critica dell’efficacia delle politiche sociali di prevenzione dispiegate negli ultimi dieci anni” perché “è difficile pensare a un’estirpazione dei fenomeni criminali fino a quando non verranno eliminate attraverso una politica per il lavoro e l’occupazione le cause del disagio minorile e non solo”.
La Procura di Catania “per numero di procedimenti e di imputati e per numero di misure cautelari, per reati di criminalità mafiosa, è al terzo posto in Italia e ciò quando le organizzazioni mafiose, sebbene silenti, continuano a perseguire una politica di basso profilo e di occultamento”: la composizione numerica è rimasta immutata ma si è constatata la “circostanza inquietante” della “presenza ai vertici dell’organizzazione, anche con compiti gestionali, delle donne”.
Passando in rassegna la situazione delle Procure della Repubblica del distretto, Caponcello ha in particolare sottolineato che quella aretusea, “interessata nel recente periodo da travagliate e dolorose vicende”, ha oggi “riacquistato prestigio e attendibilità”. Tra gli interventi finali, quello del presidente dell’Ordine degli Avvocati di Catania, Rosario Pizzino, che ha auspicato “reciproca collaborazione e tolleranza” tra magistrati, avvocati e personale amministrativo “per evitare che alle difficoltà applicative iniziali della nuova procedura possano aggiungersi altri ostacoli di incomprensione” e quello del delegato dell’Organismo congressuale forense, Alberto Giaconia, il quale in merito alla grave carenza organica ha sostenuto che “se la politica non interviene subito, il malato giustizia che a ogni inaugurazione di anno giudiziario ci meravigliamo sia ancora in vita morirà davvero”.