Ceto medio giù le tasse, su la vita - QdS

Ceto medio giù le tasse, su la vita

Carlo Alberto Tregua

Ceto medio giù le tasse, su la vita

martedì 03 Settembre 2024

Inflazione impoverisce i cittadini

Ormai è noto a tutti che negli anni 2020, 2021 e 2022, per una serie di ragioni risapute, l’inflazione è arrivata al venti per cento, il che significa la riduzione di un quinto del potere di acquisto di dipendenti, pensionati e altri a reddito fisso.

Ma anche imprenditori e professionisti non sono riusciti a caricare della stessa percentuale i prezzi delle loro prestazioni e dei loro prodotti. Cosicché vi è stato un impoverimento dei soggetti indicati, che non ha recuperato nel 2023 e nel 2024, e che progredirà lentamente nei prossimi anni.

Anche per questa ragione il Governo tenta di acquisire le simpatie del ceto medio abbassandogli le aliquote delle imposte dirette, in modo da fare aumentare la somma netta incassata ogni mese.
Quello che non viene detto sui mezzi sociali e di comunicazione è che abbassando le aliquote si abbassano le entrate nel bilancio dello Stato, cui non corrisponde un abbassamento delle uscite, con la conseguenza che aumenta il debito pubblico, già enorme.

Chiariamo meglio il meccanismo perverso: beni e servizi continuano ad aumentare i loro prezzi; stipendi e pensioni non possono essere adeguati a tali aumenti; tutto ciò equivale a un impoverimento generale.
Ora, va tenuto presente che il ceto medio costituisce il grosso degli elettori ed elettrici, ecco perché i partiti della maggioranza, ma anche quelli dell’opposizione, allisciano il pelo allo stesso ceto medio e fanno a gara a chi promette un abbassamento delle imposte più importante.

In generale, Governo e Opposizione vogliono accontentare gli elettori/trici elargendo somme di ogni genere e con ciò li/le accontentano, ma danneggiano fortemente il futuro dei/delle giovani.
Tutto ruota intorno al fatto che il debito pubblico aumenta di almeno trenta miliardi l’anno, mentre il Pil non aumenta di trenta miliardi l’anno, per cui il rapporto fra i due dati peggiora.
Se i/le cittadini/e del ceto medio riflettessero con la propria testa, probabilmente rinunzierebbero a questi aumenti a condizione che il Governo riesca, con apposite manovre, a bloccare l’aumento dei prezzi.

In questo quadro stona la campagna che fa da molti anni Salvini sulle pensioni. Per cui, rispetto ai sessantasette anni, che è una soglia ragionevole per andare in pensione, ha fatto varare provvedimenti per giovani pensionati che in media lo scorso anno hanno finito di lavorare a 61,3 anni.

Ora, non vi è dubbio che a 61,3 anni si è ancora giovani e in grado di lavorare, per cui andare a erodere il patrimonio dell’Inps percependo la pensione è un delitto morale, perché provoca anche la perdita dei contributi sul lavoro. Com’è noto, infatti, le pensioni sono pagate dai contributi di chi lavora.

Il rapporto fra lavoratori attivi e pensionati continua a peggiorare, nel senso che è vicino il giorno in cui il numero dei pensionati sarà superiore a quello dei lavoratori attivi. Inoltre la vita media è aumentata a 83 anni per gli uomini e a 87 per le donne, cosicché i percettori degli assegni pensionistici godranno degli stessi per circa venticinque anni.

Il precedente sbilanciamento fra contributi dei lavoratori attivi e assegni pensionistici è un altro elemento negativo che grava sul debito del Paese, il quale sta per raggiungere una media di cinquantamila euro per cittadino/a, bambini e anziani compresi.

Dal quadro che precede si dovrebbe evincere con grande franchezza che tutti i rappresentanti istituzionali, governativi e partitocratici dovrebbero evitare di continuare a elargire somme di ogni genere, cioè dovrebbero tagliare la spesa corrente (cattiva).

Infine, bisogna ricordare che quando i cordoni della borsa per tale spesa corrente sono allargati, non vi sono risorse disponibili per gli investimenti, che fanno crescere il Pil.

Per il titolare del Mef, Giancarlo Giorgetti, cominciano I dolori del giovane Werther perché dovrà coniugare l’esigenza di una quadratura con le delusioni che essa provocherà. Ma è necessaria poiché mancano le risorse, anche perché dal 2027 bisognerà rimborsare il debito Pnrr e dal 2025 bisognerà rientrare con circa dieci miliardi l’anno in base all’accordo stipulato qualche mese fa con l’Ue.

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