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Come neve al sole

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lunedì 31 Gennaio 2022

Lo scioglimento dei partiti è stato causato da un pallido sole invernale. Prima o poi doveva avvenire una scelta di sostanza in questa legislatura di rinvii, giravolte e mezze misure.

Lo scioglimento dei partiti è stato causato da un pallido sole invernale. Prima o poi doveva avvenire una scelta di sostanza in questa legislatura di rinvii, giravolte e mezze misure. Il sole della ragione è stato l’elezione del Presidente della Repubblica, un accidente che capita ogni sette anni, l’unica cosa certa è stabile che ha questo Paese. E lì, partiti e leader, troppo vecchi o troppo giovani, troppo inconsistenti ed incompetenti, si sono liquefatti. Ma andiamo con ordine.

Berlusconi: voto 5. Ha tentato con ormai scarso vigore, e contro il volere dei suoi consiglieri più affidabili, l’elezione. È finita alla Sgarbi, in un patetico casino. Il voto sarebbe più basso, ma è temperato dal fatto che voleva solo l’onore delle armi, che il centrodestra non gli ha nemmeno riservato, mandando al voto una pallida controfigura di nome Casellati. Forza Italia da oggi è su eBay.

Meloni: voto 7. Ha fatto schiantare il centrodestra agendo sulla insicurezza e ciclotimicità di Salvini. Ha dato il colpo di grazia scegliendo di far implodere Forza Italia, su cui ha un’opa ostile, con il voto sulla Casellati. Poi ha raggirato gli altri dando la sua preferenza sulla Belloni, bruciando in un colpo solo Letta, Conte e Salvini. Si è sempre smarcata ritagliandosi un ruolo netto di alternativa coerente rispetto al deludente sipario degli altri. Erediterà un destra-centro diverso da ciò che abbiamo conosciuto.

Conte: voto 3. Mai in partita, voltagabbana, ballerino di merengue tra Letta e Salvini. Ha parlato con tutti, con quelle adenoidi urticanti, senza convincere nessuno. Non controlla completamente i gruppi parlamentari e si è visto nelle chiame. Hanno fatto sempre il contrario di quello che gli dice. Sarà presto decapitato dal derelitto Grillo e dall’impareggiabile neodoroteo Di Maio. A breve i 5 stelle si scinderanno in tre tronconi. Forse qualcuno passerà lo sbarramento, gli altri caput.

Letta: voto 4. Ha fatto pochi ma significativi errori, come l’opzione foglia di fico Belloni, ma fondamentalmente è risultato nullo. Ci voleva uno di Science Po per chiedere ad un mesto Mattarella di rimanere? Bastava il compagno Mario Rossi da Sasso Marconi. Non ha in mano né il partito né i gruppi parlamentari. Balbetta frasi banali e riduce la sua strategia ad assorbire qualche sparuto voto ai 5stelle con la tecnica dell’accostata. Meglio che rientri la riserva D’Alema perché questi non hanno dove andare.

Renzi: voto 5. Ha pensato, forse mal consigliato da Verdini, di guidare da buon guardiacaccia toscano il cinghiale Salvini. Lo voleva portare su un piano A, Casini, o almeno su un piano B, Draghi. Magari per poi mettere Casini al suo posto. L’idea non era sbagliata ma lui difetta sempre di psicologia. Sopravvaluta o sottovaluta sempre il suo interlocutore. Come attenuante c’è che questa volta contava su truppe troppo esigue. Voleva fare le nozze con i fichi secchi. Non c’è riuscito.

Salvini: voto 2. Era difficile sbagliarle tutte ma è riuscito nell’impresa. Non si è capito se ci fa o ci è. Mancava solo che bruciasse Figliuolo o Amato e poi la faceva completa. Ha sofferto in maniera devastante il fiato sul collo di Giorgia Meloni, sia per la leadership del centrodestra che per il consenso elettorale. Le scelte di governo o istituzionali devono avere lucidità, e lui sembra ignorarlo. Di fatto il centrodestra non c’è più e lui deve ripensare radicalmente la sua collocazione. O entra nella famiglia del partito popolare dando ragione a Giorgetti ed ai governatori o scavalca a destra la Meloni che sapientemente si è data un profilo conservatore. Se non ha una chiara strategia perde la Lega, o la Lega perde.

Fuori concorso

Casini: voto 7,5. Ha giocato da battitore libero, non aveva un partito di appartenenza. Ha giocato con pazienza, antica saggezza, bonomia bolognese ed astuzia romana tutta la partita per lui cominciata, sottotraccia, molto tempo prima. Era il profilo e l’opzione più politica. Non ha sbagliato una mossa che una. Poteva battere forse Draghi ma non la coglionaggine. E soprattutto davanti all’opzione democristiana Mattarella poteva solo arrendersi. Non era la stagione giusta, né il giusto Parlamento. Onore al merito.

Cosi è se vi pare.

Giovanni Pizzo

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