Intervista a Giovanni Vacante, direttore U.O.C. Acque interne, suolo e biodiversità di Arpa Sicilia e Domenico Galvano, collaboratore tecnico professionale, agronomo, di Arpa Sicilia
Il consumo di suolo è un fenomeno nato quando l’uomo ha cominciato a diventare sedentario e, negli ultimi anni, è divenuto oggetto di discussione. Il suolo ha un ruolo cruciale per la vivibilità del territorio, specialmente nelle città, nelle aree più urbanizzate, una risorsa che va tutelata e occupata sempre meno fino ad azzerarne il consumo. Il consumo del suolo continua a trasformare il territorio a velocità elevate.
Secondo il Rapporto di monitoraggio del consumo di suolo elaborato in un lavoro congiunto da Ispra e da Arpa Sicilia, la Sicilia, con +487 ettari, occupa il settimo posto tra le regioni che nel 2021 consumano più suolo, valore quest’ultimo in aumento rispetto al precedente anno (+400 ettari). A livello provinciale è la provincia di Ragusa (con 97 ettari) a mostrare il maggior consumo di suolo in ettari nell’ultimo anno, seguita da quelle di Palermo ed Enna entrambe con 66 ettari. A livello comunale, al quinto posto fra le città italiane con la maggiore quantità di territorio trasformato in un anno, la prima città siciliana è Catania (+34,62 ettari) con un valore pressoché stabile rispetto all’anno precedente, seguita da Modica (+ 24,2 ettari) e Carini (+19,93 Ettari). Le attività di monitoraggio del consumo di suolo sono assicurate dal Snpa (Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente).
Per approfondire la questione, in esclusiva per il QdS, abbiamo intervistato Giovanni Vacante, direttore U.O.C. Acque interne, suolo e biodiversità di Arpa Sicilia e Domenico Galvano, collaboratore tecnico professionale, agronomo, di Arpa Sicilia.
Quali sono le principali cause del consumo del suolo?
“Il consumo di suolo è un fenomeno legato alle dinamiche insediative e infrastrutturali ed è prevalentemente dovuto alla costruzione di nuovi edifici, fabbricati e insediamenti, all’espansione delle città, alla densificazione o alla conversione di terreno entro un’area urbana, all’infrastrutturazione del territorio. Il consumo di suolo è, quindi, definito come la variazione da una copertura non artificiale a una copertura artificiale del suolo, con la distinzione fra consumo di suolo permanente, dovuto a una copertura artificiale permanente, e consumo di suolo reversibile, dovuto a una copertura artificiale reversibile”.
Il suolo ha un ruolo cruciale per la vivibilità del territorio, come se ne potrebbe limitare o contenere il consumo?
“Tramite lo sviluppo di nuove aree verdi, forestali e agroforestali, specialmente all’interno delle aree urbane, per compensare gli impatti negativi dell’attuale elevato livello di impermeabilizzazione del suolo nelle città. Mediante la limitazione dell’impermeabilizzazione, attraverso la riduzione del tasso di conversione e di trasformazione del territorio agricolo e naturale e il riuso delle aree già urbanizzate, concentrando il nuovo sviluppo urbano nelle aree già insediate. Attraverso misure di mitigazione, volte al mantenimento delle principali funzioni del suolo e alla riduzione degli effetti negativi sull’ambiente. In particolare, mitigare e compensare l’impermeabilizzazione del suolo è possibile attraverso le seguenti azioni: evitare il consumo e l’impermeabilizzazione del suolo; riutilizzare le aree già consumate e impermeabilizzate dando, quindi, priorità al riutilizzo e al riciclaggio dei terreni e alla qualità dei suoli urbani a livello nazionale, regionale e locale; utilizzare aree già degradate in caso di interventi non evitabili; compensare gli interventi per arrivare a un bilancio non negativo di consumo e di impermeabilizzazione del suolo e per mantenere o ripristinare i servizi ecosistemici avviando, altresì, processi di rinaturalizzazione di suoli degradati, anche ai fini della mitigazione del rischio idrogeologico. Inoltre è importante prevedere il ripristino e la riqualificazione dei siti dismessi contaminati al fine di ridurre al minimo l’ulteriore uso e impermeabilizzazione del suolo effettuando una riconversione ecologica di aree inquinate e degradate; adottare pratiche sostenibili di gestione del suolo; mirare, sia nella fase di realizzazione, sia nella fase di esercizio dell’opera, a limitare quanto più possibile il consumo di suolo libero a favore di aree già pavimentate/dotate di infrastrutture e servizi o di suolo già compromesso, cercando di utilizzare aree dismesse, di degrado interstiziali, di risulta. Infine serve ripristinare le aree naturali attraverso interventi di rigenerazione urbana riducendo a zero il consumo di suolo, l’impermeabilizzazione e il degrado ambientale”.
Quali sono i costi per la cittadinanza dell’espansione indiscriminata delle periferie, mentre i centri si svuotano progressivamente?
“I costi sono elevatissimi anche se non sono immediatamente percepibili. L’impermeabilizzazione dei suoli conseguente all’espansione delle periferie, riduce le funzioni produttive dei suoli, così come la loro possibilità di assorbire CO2, di regolare i flussi idrici, di fornire supporto e sostentamento per la componente biotica dell’ecosistema, di garantire la biodiversità e, spesso, la fruizione sociale e paesaggistica. L’impermeabilizzazione deve essere, per tali ragioni, intesa come un costo ambientale, risultato di una diffusione indiscriminata delle tipologie artificiali di uso del suolo che porta al degrado delle funzioni ecosistemiche e all’alterazione dell’equilibrio ecologico (Commissione Europea, 2013). Considerando i costi annuali medi dovuti alla perdita di servizi ecosistemici, si può stimare, se fosse confermata la velocità di trasformazione media 2012-2021 anche nei prossimi 9 anni e quindi la crescita dei valori economici dei servizi ecosistemici persi, un costo cumulato complessivo a livello nazionale, tra il 2012 e il 2030, stimato tra 78,4 e 96,5 miliardi di euro”.