Il D.lsg. 177/2021, in vigore dal 12 dicembre, attua finalmente la direttiva europea 2019/790 sul diritto d’autore. Riffeser Monti (Fieg): "Ora fase di confronto costruttivo"
ROMA – “Esprimiamo soddisfazione per il recepimento della Direttiva Copyright: un risultato importante per la tutela degli investimenti delle aziende editoriali anche nell’ecosistema digitale e per il riequilibrio nella distribuzione del valore del prodotto, senza pregiudicare la libera espressione degli utenti della Rete”.
Il Presidente della Fieg, Andrea Riffeser Monti, ha così commentato l’approvazione definitiva, da parte del Consiglio dei Ministri, del decreto legislativo di attuazione della Direttiva Copyright.
Tutela delle pubblicazioni di carattere giornalistico ed equa remunerazione per autori ed editori di giornali: queste le principali innovazioni delle attese regole sul diritto d’autore contenute nel D.lgs. 177/2021, che attua finalmente la direttiva UE 2019/790 del Parlamento europeo e del Consiglio del 17 aprile 2019 sul diritto d’autore e sui diritti connessi nel mercato unico digitale.
“Bisogna dare atto a Governo e Parlamento dell’impegno profuso per il raggiungimento di questo traguardo – ha osservato Riffeser – che ci consegna un testo bilanciato ed efficace per la tutela dei diritti degli editori e che introduce due principi essenziali: un meccanismo di negoziazione effettiva per la remunerazione degli articoli e una definizione di ‘estratti brevi’ che non vanifica lo spirito della Direttiva”.
“L’auspicio” conclude Riffeser “è che si apra ora una fase di confronto costruttivo tra tutte le Parti coinvolte, nella comune condivisione di una riforma necessaria al riequilibrio dell’intero sistema digitale”.
Tra le novità spiccano innanzitutto quelle relative alle pubblicazioni di carattere giornalistico. La norma, entrata in vigore lo scorso 12 dicembre, dispone l’aggiunta un nuovo articolo – il 43 bis – alla Legge 633/1941 che disciplinava la “Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio”: agli editori di pubblicazioni di carattere giornalistico, sia in forma singola, associata o consorziata, sono da adesso riconosciuti i diritti esclusivi di riproduzione e comunicazione per l’utilizzo online delle loro pubblicazioni di carattere giornalistico da parte di prestatori di servizi della società di informazione, comprese le imprese di media monitoring e rassegna stampa.
Il citato articolo definisce la pubblicazione di carattere giornalistico come “insieme composto principalmente da opere letterarie di carattere giornalistico, che può includere altre opere e materiali protetti, come fotografie o videogrammi, e costituisce un singolo elemento all’interno di una pubblicazione periodica o regolarmente aggiornata, recante un titolo unico, quale un quotidiano o una rivista di interesse generale o specifico, con la funzione di informare il pubblico su notizie, o altri argomenti, pubblicata su qualsiasi mezzo di comunicazione sotto l’iniziativa, la responsabilità editoriale e il controllo di un editore o di un’agenzia di stampa”, escludendo le pubblicazioni periodiche a fini scientifici o accademici.
Il prestatore di servizi di condivisione di contenuti online è invece colui che presenta “cumulativamente” i seguenti requisiti: avere come scopo principale, o tra i principali scopi, quello di memorizzare e dare accesso al pubblico a grandi quantità di opere o di altri materiali protetti dal diritto d’autore; far caricare dai propri utenti le opere o gli altri materiali protetti; organizzare e promuovere le opere o gli altri materiali protetti allo scopo di trarne profitto direttamente o indirettamente. Non sono considerati prestatori di servizi di condivisione di contenuti online coloro invece che danno accesso alle enciclopedie online senza scopo di lucro, ai repertori didattici o scientifici senza scopo di lucro, nonché le piattaforme di sviluppo e di condivisione di software open source, i fornitori di servizi di comunicazione elettronica, i prestatori di mercati online, di servizi cloud da impresa a impresa e di servizi cloud che consentono agli utenti di caricare contenuti per uso personale, salvo che il mercato online o il servizio cloud consenta di condividere opere protette dal diritto d’autore tra più utenti.
Nel caso in cui un’opera o altri materiali protetti siano inclusi in una pubblicazione di carattere giornalistico sulla base di una licenza non esclusiva, le nuove disposizioni stabiliscono che i diritti di riproduzione e di comunicazione non possano essere invocati “per impedire l’utilizzo da parte di altri utilizzatori autorizzati o per impedire l’utilizzo di opere o di altri materiali la cui protezione risulta essere scaduta” e che non siano riconosciuti neanche in caso di “utilizzo per fini privati o non commerciali delle pubblicazioni da parte di singoli utilizzatori, né in caso di collegamenti ipertestuali o di utilizzo di singole parole o di estratti molto brevi”.
I diritti, infine, cessano due anni dopo la pubblicazione dell’opera di carattere giornalistico. Il termine è calcolato a decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a tale data.
Aggiungendo alla legge del 1941 l’art. 102-sexies, la disposizione mette in chiaro che, in merito ai prestatori di servizi, quando essi concedono l’accesso al pubblico a opere protette dal diritto d’autore o ad altri materiali protetti caricati dai loro utenti, compiono un atto di comunicazione al pubblico o un atto di messa a disposizione del pubblico per i quali devono ottenere un’autorizzazione dai titolari dei diritti, in mancanza della quale risultano responsabili di quanto diffuso.
Altro aspetto importante è l’introduzione di un equo compenso agli editori per l’utilizzo online delle pubblicazioni a carattere giornalistico, i cui criteri saranno stabiliti dall’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), con un regolamento da redigere entro 60 giorni dall’entrata in vigore della norma, vale a dire entro il 10 febbraio del prossimo anno. Nell’individuazione di tali criteri l’Agcom deve tener conto però del numero di consultazioni online dell’articolo, degli anni di attività e della rilevanza sul mercato degli editori, del numero di giornalisti impiegati, dei costi sostenuti per investimenti tecnologici e infrastrutturali e dei benefici economici derivanti da visibilità e ricavi pubblicitari della pubblicazione.
La determinazione dell’equo compenso deve avvenire poi attraverso la stipula di un contratto, frutto di un processo di negoziazione che coinvolga editori e prestatori di servizi della società dell’informazione. La mancata conclusione dell’accordo entro il termine di 30 giorni dalla richiesta di avvio della negoziazione consente a ciascuna delle parti di rivolgersi all’Agcom per la determinazione del corrispettivo. Laddove neanche l’intervento dell’Agcom porti ad un risultato, sarà possibile agire in giudizio avanti al Tribunale delle imprese.
Durante la fase precontrattuale, è fatto divieto ai prestatori di servizi della società dell’informazione di limitare la visibilità dei contenuti degli editori nei risultati di ricerca. La norma precisa anche che i prestatori di servizi della società dell’informazione hanno l’obbligo di mettere a disposizione, su richiesta dell’editore, i dati necessari a determinare la misura dell’equo compenso, fermo restando che quest’ultimo deve mantenere riservate le informazioni di cui venuto a conoscenza. In caso di inadempienza, l’Agcom può irrogare una sanzione amministrativa pecuniaria pari sino all’1% del fatturato realizzato nell’ultimo esercizio chiuso anteriormente alla notifica della contestazione.
È stabilito infine che gli editori riconoscano agli autori degli articoli giornalistici una quota, compresa tra il 2% e il 5% dell’equo compenso, che va determinato su base convenzionale per quanto concerne i lavoratori autonomi e mediante accordi collettivi per i lavoratori con rapporto di lavoro subordinato.
“Ora che il Dlgs sul Diritto d’Autore è legge, sarà determinante il contributo chiarificatore di Agcom” afferma Francesco Saverio Vetere, segretario generale di Uspi, l’associazione di editori cui aderiscono circa 3.000 testate. “Un aspetto fondamentale che sarebbe opportuno precisare – prosegue Vetere – saranno i limiti di utilizzo ‘privato’, in particolare relazione all’utilizzo delle rassegne stampa da parte di Imprese ed Enti Pubblici. Uspi, ad esempio, ritiene ragionevole che un’organizzazione veicoli al suo interno – senza equo compenso – le proprie citazioni stampa. Ma è cosa ben diversa quando si tratta di articoli di informazione generale che potenzialmente sottraggono copie alla vendita di quotidiani e periodici”.