Pensano di essere guariti e invece tornano in ospedale con una grave malattia cardiaca che può portare alla morte. Ecco cosa succede a molti dopo l'infezione da Covid.
I contagi di coronavirus diminuiscono, ma negli ospedali tornano coloro che si erano già ammalati. Perché dei postumi, noti con il termine “long Covid“, non ci si libera facilmente. Tra questi, spicca soprattutto la cardiomiopatia dilatativa.
Cardiomiopatia dilatativa, cos’è e sintomi
La cardiomiopatia dilatativa è una malattia che colpisce il cuore e ne compromette la capacità di pompare efficientemente il sangue verso il resto dell’organismo. Nella fattispecie, la cavità cardiaca si allarga in seguito a una perdita di forza di contrazione del muscolo cardiaco.
L’origine della malattia può essere dovuta a diverse cause: ischemie, insufficienze valvolari, virus (come il Covid), assunzione di particolari farmaci, abuso di alcol o droghe, mutazioni genetiche, difetti congeniti.
I sintomi che dovrebbero indurre a ulteriori accertamenti sono: pallore cutaneo, debolezza o spossatezza, affaticamento durante lo sforzo (anche modesto), dispnea, aritmia, tosse secca, fonfiore addominale e degli arti superiori e/o inferiori, ritenzione idrica, perdita di appetito, palpitazioni, capogiri e svenimenti. Ma alcuni soggetti sono del tutto asintomatici.
Diagnosi e cura
La cardiomiopativa dilatativa può essere riscontrata con test basilari come l’elettrocardiogramma e le analisi del sangue, o con analisi più approfondite come l’ecocardiogramma e il cateterismo cardiaco.
Curarla non è affatto semplice e la scelta e l’esito della terapia dipendono dalla gravità della malattia.
Il trattamento terapeutico può includere: una dieta alimentare a basso contenuto di sale; farmaci vasodilatatori, diuretici, betabloccanti e anticoagulanti; l’impianto di pacemaker biventricolare eventualmente associato a defibrillatore. Nei casi più severi può essere necessario il trapianto.
Se non curata, la cardiomiopatia dilatativa può portare a scompenso cardiaco, congestione polmonare, incontinenza valvolare mitralica e/o tricuspidale secondaria, ebolie, aritmie e morte improvvisa.