Come cambieranno le buste paga nel prossimo anno? E come funzionerà il taglio del cuneo fiscale che il governo dovrebbe inserire nella prossima manovra economica?
Il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, vorrebbe un intervento choc da 16 miliardi di euro per aumentare gli stipendi dei lavoratori.
Ma come cambieranno le buste paga nel prossimo anno? E come funzionerà il taglio del cuneo fiscale che il governo dovrebbe inserire nella prossima manovra economica?
“È qui che bisogna concentrare tutte le risorse a disposizione”, ha ribadito. I sindacati, invece puntano ad un aumento in busta paga fra i 150 e i 200 euro per i redditi fino a 35mila euro, tutti destinati però alla riduzione degli oneri che pesano sul lavoratore, senza alcun vantaggio per le imprese. Ma si tratta di obiettivi che, almeno per il momento, non sono alla portata del governo.
Urso: “Il taglio del cuneo fiscale sarà 2/3 per il lavoratore, 1/3 per l’azienda”
“Non si può fare tutto e subito, possiamo fare ciò che è possibile e tracciare la rotta. Il taglio del cuneo fiscale sarà per 2/3 per il lavoratore e ⅓ per l’ azienda. Dobbiamo alzare i salari e questo avverrà gradualmente nel tempo. Soltanto innalzando i salari sarà possibile incentivare il lavoro”, ha detto il ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso parlando al Forum della piccola e media industria di Confindustria, a Mogliano (Treviso).
“Il primo provvedimento che abbiamo assunto – ha poi spiegato il ministro – è rendere effettiva una norma che permette di avocare al nostro dicastero i processi autorizzativi non realizzati da altre amministrazioni in tempi utili e che abbiano un impatto sull’occupazione”.
Per chi aumentano gli stipendi
Il taglio interesserà tutti i lavoratori dipendenti, esclusi i lavoratori domestici, che abbiano una retribuzione mensile inferiore ai 35mila euro lordi l’anno, parametrata su 13 mensilità. In pratica lo sconto sui contributi del 2% dovrebbe essere applicato da gennaio a dicembre, compresa la tredicesima. La riduzione dei contributi pensionistici versati non avrà effetto per il calcolo delle prestazioni pensionistiche future. Il beneficio, essendo fisso e in percentuale uguale per tutti, ovviamente avvantaggia maggiormente i redditi più alti.
Quando arrivano gli aumenti
Nel 2022, con l’assegno unico universale e il taglio dell’Irpef previsto nel primo modulo della riforma, il cuneo fiscale, vale a dire la differenza fra quello che pagano i datori di lavoro e la retribuzione netta che finisce nelle busta, paga si è ridotto di un paio di punti percentuali. L’intervento, però, è stato limitato fino ai 35mila euro di reddito. Da luglio a dicembre, poi, per effetto di una nuova limatura del cuneo decisa sempre dal governo Draghi, ci sarà un ulteriore aumento fino a 25 euro al mese (tredicesima compresa). Secondo le simulazioni della Uil, in particolare, fino a fine anno, un lavoratore che incassa fino a 2.600 euro netti al mese, vedrà aumentare la busta paga di 144 euro. Per chi guadagna 1.500 euro l’incremento si attesta sui 102 euro per poi scendere, gradualmente, a 72 euro per gli stipendi fino a mille euro.
Che cosa succederà nel 2023
Prima di tutto il governo dovrà rifinanziare il taglio di due punti del cuneo fiscale in scadenza a dicembre. Un’operazione che, su base annua, costa alle casse dello Stato fra i 3,5 e i 4 miliardi. Una dote che per due terzi interesserà i lavoratori e per la restante parte gli imprenditori.
Gli importi previsti negli aumenti degli stipendi
Se la misura sarà confermata, dunque, un lavoratore con un reddito lordo di 30mila euro (circa 1.700 euro netti) dovrebbe incassare poco più di 129 euro al mese. Il vantaggio maggiore ci sarebbe nella fascia fra i 17mila e i 25mila euro, con incrementi che arrivano ai 133 euro. In particolare, per uno stipendio netto di 1.022 euro, ci sarebbe una busta paga più pesante di 135 al mese.
Il taglio del cuneo fiscale, benefici per aziende e dipendenti: ecco perché
Nel suo discorso programmatico, era stata la stessa presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ad annunciare un taglio del cuneo fiscale di 5-6 punti percentuali. Ovviamente in cinque anni. L’operazione costerebbe alle casse dello Stato fra i 12 e i 15 miliardi di euro. Una buona parte sarebbe destinata ad alleggerire il carico contributi dei lavoratori e un terzo quello fiscale delle aziende. Se venisse confermata la soglia di reddito dei 35mila euro, i lavoratori avrebbero di fatto una mensilità in più per ogni anno, con un aumento medio fra i 250 e i 350 euro al mese, parametrati ovviamente sulle relative fasce di reddito.