Dalle Capitali italiane della Cultura un ponte ideale verso Agrigento 2025 - QdS

Dalle Capitali italiane della Cultura un ponte ideale verso Agrigento 2025

Dalle Capitali italiane della Cultura un ponte ideale verso Agrigento 2025

venerdì 21 Aprile 2023

Un confronto con i sindaci italiani che hanno già organizzato o stanno organizzando le prossime edizioni dell’evento, che tra due anni arriverà anche in Sicilia nella Città dei Templi

AGRIGENTO – La Città dei Templi sarà la Capitale italiana della Cultura per il 2025: la decisione del Ministero è arrivata lo scorso venerdì 31 marzo dopo le audizioni dei progetti finalisti delle dieci città italiane in gara svoltesi nelle giornate di lunedì 27 e martedì 28 marzo 2023 nella Sala del Refettorio di Palazzo Venezia, a Roma.

A essere premiato è stato infatti il progetto culturale proposto dall’antica Girgenti dal titolo “Il sé, l’altro e la natura. Relazioni e trasformazioni culturali” che coinvolge, oltre al Comune capoluogo, anche Lampedusa e i Comuni del territorio e che consta di 44 progetti, di cui 17 internazionali, per indagare le relazioni tra gli esseri umani in una prospettiva di pace con la natura.

Perché è stata scelta Agrigento

La scelta è ricaduta sulla città siciliana perché – come riportato nella motivazione della Giuria presieduta da Davide Maria Desario e da altri sei esperti indipendenti di chiara fama nel settore della cultura, delle arti, della valorizzazione territoriale e turistica – “Agrigento assume come centro del proprio dossier di candidatura la relazione fra l’individuo, il prossimo e la natura, coinvolgendo l’Isola di Lampedusa e i comuni della provincia e ponendo come fulcro il tema dell’accoglienza e della mobilità. Il progetto risponde in modo organico all’obiettivo di presentare a un pubblico vasto un programma di grande interesse a livello territoriale, ma anche nazionale e internazionale. Il ricco patrimonio culturale del territorio è il volano con cui si valorizza la variegata offerta culturale proposta in un’ottica di innovazione, promozione e, di conseguenza, di un successivo sviluppo socio-economico, che trova ispirazione nei concept tecnologici più moderni. Il coinvolgimento attivo delle giovani generazioni potrà promuovere la cultura come caposaldo della crescita individuale e comunitaria. La Giuria, pertanto, raccomanda la città di Agrigento per il titolo di Capitale italiana della cultura per l’anno 2025”.

Istituto nel 2014 e di durata annuale, il riconoscimento di Capitale italiana della Cultura è stato detenuto nel 2015 dalle città di Cagliari, Lecce, Perugia, Ravenna e Siena. Le cinque città hanno condiviso l’esperienza nell’edizione d’esordio che ha attribuito il titolo alle finaliste del titolo di capitale europea della cultura vinto da Matera per il 2019. Successivamente è stato attribuito a Mantova (2016), Pistoia (2017), Palermo (2018) e Parma per il 2020, poi esteso anche al 2021 a causa dell’emergenza sanitaria. Nel 2024 toccherà alla già designata Pesaro ma per il 2023 saranno Bergamo e Brescia a condividere, con il progetto “La città illuminata”, il titolo di Capitali italiane della Cultura, una scelta voluta dal Parlamento a favore dei territori duramente colpiti dalla prima fase emergenziale della pandemia da Covid-19.

“È una scelta molto precisa – ci spiega il primo cittadino di Bergamo, Giorgio Gori – e, anzi, devo correggerla, se posso. Bergamo e Brescia sono Capitale della Cultura, anch’esso al singolare. Il nostro progetto è unitario, quello di un’unica grande Capitale nella quale trovano spazio le due città, insieme. È il fulcro del nostro progetto, quello di un dialogo stretto tra due città vicine che si son guardate poco negli anni e che decidono di rilanciarsi insieme, proprio attraverso la cultura, dopo la dolorosa parentesi del Covid-19 e la robusta ripartenza economica dei nostri territori. La nostra Capitale, peraltro, non ha un direttore artistico, ma nasce dal basso, dalla raccolta delle proposte e delle iniziative che tante associazioni ed enti, bresciani e bergamaschi in sinergia, hanno presentato negli scorsi anni. Le faccio qualche esempio: il Teatro Grande di Brescia lavora in sinergia con il Donizetti di Bergamo, le due Ance presentano due mostre gemelle sulla riqualificazione urbana, Brescia Musei collabora con la nostra Accademia Carrara. Abbiamo immaginato un dialogo talmente stretto da rendere ogni progetto unitario, comune: da qui la scelta del singolare”.

“‘La città illuminata’ – ci illustra Laura Castelletti, vice sindaco di Brescia facente funzioni di sindaco – è declinata al singolare perché anche Bergamo-Brescia Capitale italiana della cultura 2023 è stata pensata e voluta al singolare. In questo caso non siamo due città distinte, ma una sola, grande Capitale che da oltre due anni sta lavorando, progettando e costruendo insieme qualcosa che è andato oltre le nostre aspettative. Dopo la difficile e triste vicenda del Covid, con Bergamo ci siamo trovate unite nella tragedia ma anche, e soprattutto, nella speranza, nella voglia di ripartire. Da vicine di casa, anche un po’ rivali, siamo diventate sorelle. Per questo rivendichiamo con forza la scelta di essere una sola ‘città illuminata’”.

Il progetto delle due città lombarde vuole essere il primo grande esperimento di politica culturale, su scala nazionale, diretto a sostenere la crescita di un territorio guardando al suo sviluppo economico, industriale e sociale. Un piano che andrà oltre l’anno della manifestazione: “Alla fine di questo anno straordinario – spiega Castelletti – alla nostra città resterà in eredità, prima di tutto, un rapporto stretto e proficuo con Bergamo e il suo territorio. Quando abbiamo progettato i bandi di finanziamento per la realizzazione dei progetti, abbiamo fortemente incentivato la collaborazione fra le due città e le province: si sono creati legami che non si scioglieranno alla fine del 2023, io ne sono certa. Inoltre, quest’anno ci ha permesso di premere sull’acceleratore per far progredire in modo deciso il processo di trasformazione della nostra città da realtà industriale a produttrice di cultura. Fino a qualche anno fa, nessun turista si sarebbe mai sognato di fare tappa a Brescia, schiacciati come siamo fra Milano e il lago di Garda, due mete turistiche che macinano milioni di visitatori ogni anno. La nostra Amministrazione ha lavorato tanto negli ultimi dieci anni per accreditare Brescia come città da guardare con occhi nuovi: la nostra vocazione industriale resta, e per fortuna, ma la nostra capacità di produrre cultura è cresciuta in modo esponenziale. E la nomina a Capitale italiana della cultura è frutto di questo lavoro preparatorio partito molto tempo fa. Questo riconoscimento, poi, ci ha spronato a fare ancora di più e meglio, e abbiamo la conferma che stiamo procedendo nella giusta direzione guardando i flussi turistici di questi primi mesi. Quello che sta accadendo a Brescia, e in parte anche a Bergamo, è un modello per le città medie a vocazione industriale: possiamo essere tanto altro, senza rinnegare il nostro tessuto”.

Il nostro progetto di Capitale – aggiunge Gori – nasce dalla pandemia, ma è proiettato al rilancio, guarda al futuro: la Cultura si pone come un catalizzatore di energie che va oltre la dimensione dei mondi soliti della cultura. L’idea di fondo è che la cultura faciliti la crescita del territorio nelle sue diverse accezioni: abbiamo voluto qualcosa di più di una vetrina e una lunga rassegna di eventi. Abbiamo pensato che questa fosse un’occasione per progettare pezzi di futuro del territorio, mettendo al centro il tema dell’innovazione e della sostenibilità ambientale: quando parliamo di cultura a Bergamo e Brescia, parliamo anche di due territori che hanno due Università, che sono all’avanguardia nella ricerca, applicata all’industria, ma anche alla sanità, e che stanno sviluppando idee nuove, per esempio nel caso di Bergamo un grande progetto di ripensamento del welfare territoriale e di transizione ecologica. E poi c’è il rapporto con Brescia, che può rappresentare una grande eredità per tutte le componenti del nostro territorio: le faccio un esempio, Bergamo e Brescia, insieme, rappresentano il quarto polo culturale del nostro Paese (dati fondazione Symbola). Insieme siamo più forti”.

E l’esperienza che Bergamo e Brescia stanno vivendo quest’anno può essere di certo utile anche alla città di Agrigento in vista del 2025: “La nostra nomina – racconta Castelletti – è avvenuta in un modo un po’ particolare: a un certo punto le città in competizione si sono ritirate spontaneamente per lasciare a noi e a Bergamo campo libero dopo quel che era accaduto nei nostri territori durante la pandemia. Abbiamo quindi vissuto un processo anomalo: il dossier per la candidatura è stato presentato dopo la nomina. Al sindaco di Agrigento, città meravigliosa e certo più conosciuta a livello turistico di quanto non lo fossimo noi, mi sento di dare un solo consiglio: crederci profondamente. Quando pensammo alla candidatura diversi anni fa, le persone che ci credevano insieme a me si potevano contare sulle dita di una mano. La nomina a Capitale italiana della Cultura è un’opportunità straordinaria per il motore di creatività che accende nelle persone, nelle associazioni e nelle istituzioni. Quanto più il progetto culturale della città riuscirà a essere condiviso dalle persone e dal resto del territorio, tanto più sarà efficace e duraturo nel tempo. Credeteci davvero che questa possa essere un’opportunità vincente, perché la cultura crea valore a tutti i livelli. In bocca al lupo ad Agrigento”.

Pragmatico è il sindaco Gori: “Il consiglio è di pensare questo evento prima per i suoi cittadini, perché diventi un’occasione di forte crescita dei consumi culturali da parte di tutte le componenti della comunità, e solo dopo per i turisti. Avvicinare alle diverse forme di cultura i propri cittadini, a partire dai più giovani, è l’investimento più efficace che si possa fare per la crescita innanzitutto sociale del territorio”.

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