Farne uno per materia
Nonostante i ripetuti avvertimenti, doverosi, del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, i Governi, imperterriti, continuano ad approvare i decreti legge, ormai denominati Omnibus.
Vale a dire, contenitori delle materie più svariate e lontane fra di loro. Tali decreti Omnibus sono espressamente vietati dalla Costituzione (articolo 76) e dalle Preleggi, proprio per evitare che i cittadini – cui le leggi sono destinate e che vanno osservate – siano confusi e non ne capiscano bene il senso e la portata.
Ma sembra che di quanto precede al Governo e al Parlamento non importi nulla, non tenendo nella debita considerazione che, in una Democrazia matura come la nostra, il Popolo dovrebbe essere servito e informato secondo procedure tassative e non facoltative, come sembra che facciano, appunto, Governo e Parlamento.
La questione in esame non sembri secondaria se i cittadini vogliono fare i cittadini e non i quisque de populo.
Nel nostro Paese vi è stata, in questi 75 anni di Democrazia, la consuetudine deleteria di legiferare senza limiti. Tale consuetudine è peggiorata di decennio in decennio, cosìcché oggi vi è una stratificazione enorme delle leggi il cui numero non è mai stato calcolato, ma sembra da più fonti che abbia superato l’incredibile soglia di centomila.
Questo modo di legiferare a oltranza, senza tenere conto delle norme pregresse sulla materia statuita, non può sembrare frutto di incapacità, piuttosto di malafede.
Perché parliamo di malafede? Perché più sono ingarbugliate e oscure le leggi, meno i cittadini le capiscono. E dunque possono essere tranquillamente imbrogliati.
Non solo, ma le leggi che si sovrappongono e spesso si contraddicono, mettono i magistrati giudicanti in una difficile condizione, tanto che, come ci dicevano i presidenti della Corte d’Appello di Catania, Filippo Pennisi (venuto al nostro forum pubblicato il 22 ottobre 2022) e della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca (venuto al nostro forum del 29 luglio 2023), sono costretti a riunire centinaia di giudici delle rispettive Corti d’Appello per darsi una linea interpretativa possibilmente omogenea.
Non solo, quindi, le leggi ingarbugliate mettono in discussione la loro comprensione da parte dei cittadini e l’interpretazione e l’applicazione da parte dei magistrati, ma costituiscono una palese violazione etica del rapporto fra istituzioni delegate e cittadini deleganti.
Di fronte a questo quadro, ci si chiede se vi siano rimedi applicabili per modificare questa negativa consuetudine del modo di fare le leggi. La risposta è affermativa. E cioè: in primo luogo, frazionare i decreti legge Omnibus per materia, cosicché, anziché farne uno – calderone – se ne possono fare sei, sette, otto o dieci, distinti per materia trattata. È vero che in questo caso il Parlamento lavorerebbe di più, ma la nitidezza e la chiarezza delle leggi ne guadagnerebbero moltissimo.
È questo l’obiettivo essenziale di chi norma: farsi capire facilmente e non solo dagli addetti ai lavori, che comunque fanno fatica a capire, nonostante la loro preparazione.
In secondo luogo, bisognerebbe che le nuove leggi, a partire dai decreti governativi, prendessero in esame tutte, ma proprio tutte le norme precedenti sulla materia: le abrogassero e formassero un contenitore nuovo che riesca a comprenderle per intero.
Così facendo, il numero delle leggi sarebbe fortemente ridotto, la loro comprensione diventerebbe chiara e tutti – cittadini, magistrati, imprese e altri – avrebbero il grande beneficio di sapere cosa leggono e quale osservanza precisa di tutte le prescrizioni devono mantenere.
È vero, la materia trattata oggi non sembra che affronti i grandi problemi che sono sul tavolo di Governo e Parlamento; ma è solo un’impressione, perché la confusione legislativa crea danno non solo ai cittadini ma anche all’economia, ai processi e a tanti altri aspetti della vita pubblico-privata che invece dovrebbe essere gestita con grande chiarezza e con grande trasparenza.
Ecco perché, nonostante la calura agostana, interveniamo ancora una volta su quanto precede, ritenendo che il cervello non va mai in ferie e l’attenzione dei cittadini, anche nei momenti di giusto e meritato risposo, non debba calare.