Più efficienza e organizzazione
La battaglia sulla Legge di Bilancio 2025 è stata cruenta e, sostanzialmente, l’argomento principale di accusa dell’opposizione e di difesa del Governo ha riguardato la Sanità. L’accusa ha ribadito che le risorse destinate a questo settore sono striminzite, mentre la difesa ha risposto che in soli due anni le risorse immesse da questo Governo al fondo sanitario (in aumento) sono state il doppio di quelle immesse dai Governi nei quattro anni precedenti.
Sulle cifre c’è poco da blaterare perché sono inequivocabili. Nonostante ciò, resta ferma la questione di fondo e cioè che la Sanità gestita dal settore pubblico è malfunzionante, anche se in modo non omogeneo su tutto il territorio nazionale.
È mediamente malfunzionante perché bisogna riconoscere che quella delle Regioni del Nord funziona in modo sufficiente, quella del Centro-Sud, invece, è deficitaria.
Va subito chiarito che la responsabilità di fare funzionare l’assistenza ai/alle malati/e è di esclusiva competenza della Regione, in quanto lo Stato nulla può fare.
Dobbiamo ricordare che qualche anno fa feci il Forum con l’allora ministra della Salute, Giulia Grillo, pubblicato il 15 dicembre 2018. La ministra, a seguito di una mia precisa domanda, mi disse che il Governo non ha alcun potere di intervento sulla gestione sanitaria delle Regioni, neanche col potere sostitutivo previsto dalla Costituzione, per il semplice motivo che non esiste una legge esecutiva che preveda, appunto, l’intervento del Governo in regime di sussidiarietà o di sostituzione.
Fu rilevato in quell’occasione che l’unica possibilità del Governo era quella di rilevare i dati statistici dei Lea (Livelli essenziali di assistenza), anche se il rilevamento di dati negativi non avrebbe comunque consentito al Governo di intervenire.
Dunque, sfatiamo una volta per tutte la connessione fra Governo centrale e Regioni in materia di Sanità, perché il primo non ha alcuna responsabilità relativa, ripetiamo, alla buona o malagestione delle singole Regioni, con la conseguenza che i/le malati/e se la devono prendere col Presidente e Assessore alla Sanità della propria Regione.
Da una parte dell’agone politico si sostiene che i centotrentasei miliardi stanziati nella Legge di Bilancio 2025 sono pochi e che ce ne vorrebbero molti di più per equiparare il rapporto col Pil a quello medio europeo.
L’obiezione ha qualche fondamento, però vi è un dato di fatto inoppugnabile e cioè che la coperta finanziaria del Paese è corta, che le entrate stentano ad arrivare e le uscite sono in aumento, tant’è che questa legge prevede un ulteriore indebitamento di circa trenta miliardi, ma che a consuntivo sarà molto superiore.
Anche se è pacifico che la decisione di dove stanziare le risorse è principalmente politica: ad esempio, si potrebbe investire di più nella Sanità e meno nelle attività inquinanti.
Ricordiamo comunque che proprio in questi giorni Bankitalia ha comunicato che in un anno lo Stato ha aumentato il proprio debito pubblico di ben centotredici miliardi, sfiorando la soglia di tremila miliardi complessivamente. Un debito che genera quasi cento miliardi di interessi, il che danneggia il bilancio dello Stato, perché arriva a circa l’otto per cento di tutte le uscite e si provvede alle altre spese con il restante novantadue per cento.
Perché la Sanità pubblica è deficitaria qualitativamente mentre quella privata funziona bene? Perché tanti/e ammalati/e, che possono farlo, preferiscono sborsare soldi di tasca propria anziché farsi curare gratuitamente dalla Sanità pubblica. Di fronte alla Salute non si può transigere ed è giusto che ognuno cerchi i migliori rimedi possibili per ristabilirsi.
Ma se la Sanità pubblica funzionasse, nessuno sarebbe così stolto da sborsare quattrini per avere un’assistenza a pagamento quando potrebbe avere quella gratuita, prevista dal Servizio sanitario nazionale.
Il rimedio è che anche la sanità pubblica migliori fortemente la sua organizzazione e la sua efficienza e finalmente offra prestazioni di livello qualitativo analoghe a quelle del settore privato, in competizione con esso.
È la concorrenza che migliora i servizi, ma i competitori debbono essere capaci di reggerla, cosa che in atto la Sanità pubblica non è capace di fare.