"Siamo partiti in sei, per toccare con mano il validissimo processo, in corso da oltre 40 anni, in Rojava". Durante la visita, lo Stato Turco ha lanciato un'offensiva. "Sono morti tanti innocenti"
Il presidente della Turchia, Erdogan bombarda il Rojava, nella Siria del Nord-Est, con armi chimiche ed esplosivi nucleari, colpendo obiettivi civili e liberando i militanti dell’Isis. Questo sotto gli occhi indifferenti dell’Europa che accende i suoi riflettori esclusivamente sul conflitto russo-ucraino.
A raccontarlo oggi, alla facoltà di Scienze Politiche di Catania, una delegazione di civili catanesi che si sono recati sul posto per guardare con i propri occhi l’esperimento del confederalismo democratico che oggi desiderano anche le donne iraniane.
Ma proprio durante la loro visita, nella notte tra il 19 e il 20 novembre scorso, hanno direttamente assistito ai bombardamenti dello stato turco.
I bombardamenti turchi della notte tra il 19 e 20 novembre: “Crimini di guerra”
“Siamo partiti in sei, cinque giovani catanesi e un caporedattore di una radio bresciana, per toccare con mano il validissimo processo, in corso da oltre quarant’anni, in Rojava. Lì si sta costruendo una forma di democrazia diretta (confederalismo democratico) che basa i suoi pilastri sui temi dell’ecologia, della democrazia e della libertà delle donne, che oggi anche le donne iraniane rivendicano. Un faro di speranza per il Medio Oriente e per il resto del mondo – ha spiegato Lara Torrisi -. Mentre eravamo lì, nella notte tra il 19 e 20 novembre, a poche centinaia di metri da noi lo stato turco ha lanciato un’offensiva che ha bombardato strutture civili, ospedali, Covid center, scuole, case. Interi villaggi sono stati rasi al suolo e tanti innocenti sono morti”.
“Erdogan bombarda la Siria anche con armi chimiche e libera militanti Isis”
Le armi utilizzate da Erdogan, tra l’altro, non sarebbero nemmeno ammesse dai trattati internazionali: “Oltre ai classici bombardamenti aerei e ai droni, sono state utilizzate armi chimiche, che rappresentano un crimine di guerra – ha aggiunto -, così come gli esplosivi nucleari“.
“Ci trovavamo a Derik per il nostro reportage (…). Abbiamo visto con i nostri occhi cosa significhi vivere in un territorio in guerra. Colpite anche centrali del gas e centri di smistamento del grano, i civili avevano difficoltà pure a cucinare”, ha fatto sapere Francesco Trucco.
La liberazione dei militanti dell’Isis e il sostegno di Erdogan ai fondamentalisti islamici
Nonostante il dolore, il popolo curdo non intende rinunciare al proprio progetto di pace. “È stato bello notare come persino i funerali delle vittime innocenti siano avvenuti nel pieno rispetto delle differenze culturali – ha raccontato ancora Lara Torrisi -. I curdi vogliono fuggire dalla loro terra? Assolutamente no, anzi, tornano sul loro territorio da ogni parte del mondo per difenderla e si dicono certi di poter vincere e di poter proseguire la costruzione della propria democrazia”.
A rendere il quadro ancora più inquietante, la liberazione di molti militanti dell’Isis proprio in occasione del bombardamento.
“I bombardamenti della Turchia hanno colpito anche i centri di reclusione dell’Isis, molti militanti sono riusciti a fuggire e si trovano oggi a piede libero – ha continuato -. Questo non stupisce: la Turchia invia costantemente armi all’Isis e chi prova a dimostrarlo, con video e altri documenti, viene minacciato, imprigionato e torturato”.
Se l’Occidente vuole combattere l’Isis, deve sostenere il popolo curdo che ha già combattuto la causa con successo, pagando anche con il prezzo della vita: “È bene ricordare che proprio le forze siriane democratiche, nel 2015, hanno sconfitto le milizie del fondamentalismo islamico dell’Isis, supportate dalla coalizione internazione anti-Isis”, ha sottolineato Torrisi.
L’atteggiamento dell’Europa sul conflitto curdo-turco e i rapporti tra Erdogan e Putin
Secondo la delegazione dei giovani catanesi, l’Europa si preoccuperebbe e accenderebbe costantemente i suoi riflettori esclusivamente sul conflitto russo-ucraino, in cui Erdogan reciterebbe il ruolo del mediatore esclusivamente per continuare a ottenere il silenzio e i favori dell’Occidente.
“L’Europa è complice, perché rimane in silenzio davanti a una guerra del tutto immotivata – spiega Enrico Eberle della delegazione catanese -. Il conflitto russo-ucraino viene ritenuto di ‘serie A’, ma i morti sono tutti uguali. E invece l’Europa continua a inviare armi alla Turchia, la quale compie questi crimini quotidianamente e sostiene concretamente l’Isis”.
Alla luce di ciò, pare sempre più evidente che l’Isis rappresenti non tanto un’esasperazione dell’islam, quanto un vero e proprio esercito a servizio del Medio Oriente teocratico.
“Non dimentichiamo che a giugno 2023 si terranno le elezioni presidenziali in Turchia e che la congiuntura Erdogan-Putin fa credere che il primo abbia carta bianca, anche perché con i suoi presunti colpi di stato riesce a prendere il controllo di tutti quei territori in cui l’esito elettorale non sia di suo gradimento – ha detto ancora Eberle -. Ma non è così, Erdogan non potrebbe avere il potere di cui gode se la comunità internazionale cambiasse il passo, esercitando pesanti pressioni sulle istituzioni turche, scendendo in piazza in massa, interessando i media. Questo ha già fermato diversi conflitti in passato e può farlo ancora. Per questo gireremo l’Italia per diffondere la nostra testimonianza”.
La stessa tesi sembra essere sostenuta dal popolo curdo che promuove la pace, la democrazia diretta, la tolleranza e il multiculturalismo e che nutre la propria speranza “non negli Stati, ma nei popoli”.
Ivana Zimbone