Impugnazione del documento possibile solo in alcuni casi: Giudice di pace rimette gli atti alla Corte Costituzionale. Diritto di tutela che si configura a determinate condizioni dà luogo a disparità
ROMA – Così come già annunciato dalle pagine di questo Quotidiano, con l’art. 3-bis del D.l. 21.10.2021, n. 146 (convertito nella legge 215/2021), è stato introdotto il comma 4-bis all’art. 12 del Dpr 20.9.1973, n. 602, in vigore dal 21 dicembre 2021, disponendo, come regola di carattere generale, la non impugnabilità dell’estratto di ruolo.
L’impugnazione di tale documento è ammessa solo quando il debitore che presenta ricorso in Corte di Giustizia Tributaria dimostra che l’iscrizione a ruolo può procuragli un pregiudizio:
- per la partecipazione ad una procedura di appalto, per effetto di quanto è previsto, in materia di contratti pubblici, dall’art. 80, comma 4, del d.lgs. 18/4/2016, n. 50;
- per la riscossione di somme dovute a suo favore dai soggetti pubblici di cui all’art. 1, comma 1, lett. a), del D.M. 18.1.2008, n. 40, per effetto delle verifiche indicate all’art. 48-bis del d.p.r. 29.9.1973, n. 602;
- per la perdita di un beneficio nei rapporti con la pubblica amministrazione.
La norma, in verità, è subito apparsa in assoluta controtendenza rispetto al precedente orientamento della Cassazione.
Il primo problema che si è posto, come è noto, era quello della sua entrata in vigore, problema risolto però dalla Cassazione, a sezioni unite, sostenendo l’immediata applicazione della norma, anche ai processi in corso alla data del 21 dicembre 2021.
Con successiva Ordinanza n. 4526 dell’11/2/2022, però, la stessa Corte ha ritenuto di affidare alle Sezioni Unite il compito di stabilire se la norma di cui si parla abbia o meno effetti retroattivi.
Nel frattempo, però, addirittura il Sostituto Procuratore Generale della Suprema Corte ha manifestato le sue perplessità in ordine alla retroattività o meno dell’articolo 3 bis del D.L. 146/21 che ha introdotto il comma 4 bis dell’articolo 12 del Dpr 602/73. A suo avviso le condizioni che legittimano il ricorso avverso l’estratto ruolo devono esistere al momento della pronuncia giurisdizionale e non al momento della proposizione del ricorso. Al contrario dei presupposti processuali, in mancanza dei quali l’azione non può partire.
Pertanto, pur con l’introduzione della nuova norna, c’è sempre l’interesse “recuperatorio/anticipatorio” del ricorso avverso l’estratto ruolo.
Sono solo mutate le condizioni in presenza delle quali si ritiene esistente il diritto di tutela, per cui il citato documento era impugnabile e lo è ancora, seppure – a partire dal 21/12/2021 – solo a determinate condizioni. Ma oltre a questo, è sorto un altro problema. Riducendo, infatti, la possibilità della tutela, si dà luogo ad una oggettiva disparità di trattamento fra i contribuenti. Se la tutela esiste, per esempio, in presenza di un credito verso l’Erario che non può essere riscosso per l’esistenza di un debito risultante dall’estratto ruolo, non c’è tutela nel caso in cui il contribuente, ritenuto debitore, non possa ottenere un finanziamento dalla banca.
Sulla base di questa considerazioni, la Procura Generale ha chiesto alla Corte di sollevare la questione di legittimità costituzionale.
Le sezioni unite della Corte di cassazione con la sentenza n. 26283 del 6 settembre 2022, però, hanno confermato la legittimità della normativa in commento.
Le critiche di natura costituzionale, però, come già detto, non si sono fermate.
Nel frattempo si registra un’altra presa di posizione di un Giudice di Pace, quello di Napoli, il quale, con ordinanza n. 492 del 3 febbraio 2023, ha rimesso all’esame della Corte Costituzionale la possibile violazione degli articoli 3, 24, 77, 111, 113 e 117 della Costituzione a seguito dell’introduzione del comma 4 bis dell’articolo 12 del Dpr 602/73. La questione, pertanto, non è ancora finita.