Ue, accordo raggiunto per il regolamento sul ripristino della natura

L’Europa sembra fare sul serio in tema di emergenza climatica, il regolamento sul ripristino della natura

Filippo Calascibetta

L’Europa sembra fare sul serio in tema di emergenza climatica, il regolamento sul ripristino della natura

Redazione  |
venerdì 10 Novembre 2023

La presidenza del Consiglio Ue e i rappresentanti del Parlamento Europeo hanno raggiunto nella notte un accordo politico sul regolamento sul ripristino della natura

La presidenza del Consiglio Ue e i rappresentanti del Parlamento Europeo hanno raggiunto nella notte un accordo politico sul regolamento sul ripristino della natura. La proposta mira a mettere in atto misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marine dell’Ue entro il 2030 e tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino entro il 2050. Stabilisce obiettivi e obblighi specifici e giuridicamente vincolanti per il ripristino della natura in ciascuno degli ecosistemi elencati: dai terreni agricoli e foreste agli ecosistemi marini, d’acqua dolce e urbani.

Il regolamento è parte integrante della strategia sulla biodiversità per il 2030 e aiuterà l’Ue a rispettare i suoi impegni internazionali, in particolare il quadro globale delle Nazioni Unite sulla biodiversità Kunming-Montreal concordato alla conferenza delle Nazioni Unite sulla biodiversità del 2022 (Cop15). L’accordo provvisorio dovrà essere approvato e adottato formalmente dai co-legislatori prima di entrare in vigore.

“Ci troviamo di fronte a una realtà sempre più drammatica – dice la ministra per la Transizione Ecologica della Spagna Teresa Ribera Rodriguez – la natura e la biodiversità dell’Ue sono in pericolo e devono essere protette. Sono orgogliosa dell’indispensabile accordo raggiunto oggi tra Consiglio e Parlamento su una legge sul ripristino della natura, la prima di questo genere. Aiuterà a ricostituire livelli sani di biodiversità in tutti gli Stati membri e a preservare la natura per le generazioni future, combattendo al tempo stesso il cambiamento climatico e rimanendo impegnati nei nostri obiettivi climatici”.

L’eurodeputato del Ppe Peter Liese, citando il primo canale della radio olandese, nota che l’ex vicepresidente con delega al Green Deal Frans Timmermans aveva creato “un piranha” con il regolamento, che ora è stato ridotto ad “un pesce rosso sdentato”. Proprio il regolamento sul ripristino della natura era stato uno dei temi sui quali il Ppe aveva preso posizioni opposte a quelle degli alleati Socialisti: la posizione negoziale, in luglio, era passata per pochi voti. Le nuove norme, secondo il Consiglio, dovrebbero contribuire a ripristinare gli ecosistemi degradati negli habitat terrestri e marini degli Stati membri, a raggiungere gli obiettivi generali dell’Ue in materia di mitigazione e adattamento climatico e a migliorare la sicurezza alimentare.

Il regolamento per il ripristino della natura

Il regolamento impone agli Stati membri di stabilire e attuare misure per ripristinare almeno il 20% delle aree terrestri e marittime dell’Ue entro il 2030. Le norme riguardano una serie di ecosistemi terrestri, costieri e di acqua dolce, comprese le zone umide, le praterie, le foreste, i fiumi e i laghi, nonché gli ecosistemi marini, comprese le fanerogame marine e i letti di spugne e coralli. Richiede agli Stati membri di mettere in atto misure, entro il 2030, per ripristinare almeno il 30% dei tipi di habitat elencati negli allegati che sono in cattive condizioni. Fino al 2030, i legislatori hanno convenuto che gli Stati membri debbano dare priorità ai siti Natura 2000 nell’attuazione delle misure di ripristino.

Gli Stati membri devono inoltre stabilire misure per ripristinare almeno il 60% degli habitat in cattive condizioni entro il 2040 e almeno il 90% entro il 2050. È stata aggiunta un’ulteriore flessibilità per gli habitat molto comuni e diffusi. Il testo prevede l’obbligo di prevenire un deterioramento significativo delle aree soggette a ripristino che hanno raggiunto un buono stato e delle aree in cui si trovano gli habitat terrestri e marini elencati negli allegati. I co-legislatori hanno convenuto di rendere questo requisito basato sugli sforzi compiuti. Il requisito sarà misurato a livello di tipo di habitat.

Le misure verso gli insetti impollinatori

Negli ultimi decenni, ricorda il Consiglio, l’abbondanza e la diversità degli insetti impollinatori selvatici in Europa sono diminuite drasticamente. Per affrontare questo problema, il regolamento introduce requisiti specifici per gli Stati membri, affinché stabiliscano misure per invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 al più tardi. Sulla base degli atti delegati adottati dalla Commissione per stabilire un metodo scientifico per monitorare la diversità e le popolazioni degli impollinatori, gli Stati membri dovranno monitorare i progressi in questo senso, almeno ogni sei anni dopo il 2030.

Il regolamento stabilisce requisiti specifici per diversi tipi di ecosistemi. Per quelli agricoli Il testo impone agli Stati membri di mettere in atto misure volte a raggiungere tendenze crescenti in almeno due dei tre indicatori seguenti: l’indice delle farfalle presenti nei prati; la quota di terreni agricoli con caratteristiche paesaggistiche ad elevata diversità; lo stock di carbonio organico nei suoli minerali coltivati. Stabilisce inoltre obiettivi temporali per aumentare l’indice comune degli uccelli nei terreni agricoli a livello nazionale.

L’importanza delle torbiere e la loro distruzione in Europa

I co-legislatori hanno convenuto di garantire flessibilità agli Stati membri nel riumidificare le torbiere, poiché alcuni di essi saranno colpiti in modo sproporzionato da questi obblighi. Il testo fissa obiettivi per ripristinare il 30% delle torbiere drenate ad uso agricolo entro il 2030, il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050, anche se gli Stati membri fortemente colpiti potranno applicare una percentuale inferiore. Le misure di ripristino includono la riumidificazione dei suoli organici che costituiscono le torbiere drenate, che aiuta ad aumentare la biodiversità e a ridurre le emissioni di gas serra. I co-legislatori hanno inoltre convenuto che il raggiungimento degli obiettivi di riumidificazione non implica un obbligo per gli agricoltori e i proprietari terrieri privati.

Gli Stati membri dovranno mettere in atto misure per migliorare la biodiversità degli ecosistemi forestali e raggiungere tendenze crescenti, a livello nazionale, di alcuni indicatori, come il legno morto in piedi e a terra e l’indice comune degli uccelli forestali, tenendo conto del rischio di incendi boschivi. I co-legislatori hanno inoltre aggiunto una disposizione che invita gli Stati membri a contribuire alla piantumazione di almeno tre miliardi di alberi aggiuntivi entro il 2030 a livello dell’Ue.

Le aree verdi urbane

Per gli ecosistemi urbani, il Consiglio e il Parlamento hanno convenuto che gli Stati membri dovrebbero raggiungere una tendenza all’aumento delle aree verdi urbane fino ad un livello “soddisfacente”. Hanno inoltre concordato che gli Stati dovrebbero garantire che non vi sia alcuna perdita netta di spazio verde urbano e di copertura arborea urbana tra l’entrata in vigore del regolamento e la fine del 2030, a meno che gli ecosistemi urbani non abbiano già oltre il 45% dello spazio a verde.

L’accordo provvisorio prevede l’obbligo per gli Stati membri di identificare e rimuovere le barriere artificiali alla connettività delle acque superficiali, al fine di trasformare almeno 25mila km di fiumi in corsi d’acqua a flusso libero entro il 2030 e mantenere la connettività fluviale naturale ripristinata. Secondo le nuove regole, gli Stati membri devono presentare regolarmente alla Commissione piani nazionali di ripristino, mostrando come raggiungeranno gli obiettivi. Devono inoltre monitorare e riferire sui propri progressi.

Le scadenze per i Paesi dell’Ue

I co-legislatori hanno optato per un approccio graduale. Gli Stati membri presenterebbero innanzitutto piani di ripristino nazionali che coprirebbero il periodo fino al giugno 2032, con una panoramica strategica per il periodo successivo a giugno 2032. Entro giugno 2032, gli Stati dovrebbero presentare piani di ripristino per i dieci anni fino al 2042 con una panoramica strategica fino al 2050, e entro giugno 2042 dovrebbero redigere i piani per il restante periodo fino al 2050. Il testo consente agli Stati membri di tenere conto delle loro diverse esigenze sociali, economiche e culturali, delle caratteristiche regionali e locali e della densità di popolazione, compresa la situazione specifica delle regioni ultra periferiche.

L’accordo affida alla Commissione il compito di presentare, un anno dopo l’entrata in vigore del regolamento, una relazione contenente una panoramica delle risorse finanziarie disponibili a livello Ue, una valutazione del fabbisogno finanziario per l’attuazione e un’analisi volta ad individuare eventuali careze di finanziamento. Se opportuno, la relazione includerà anche proposte di finanziamenti adeguati, senza pregiudicare il prossimo Quadro finanziario pluriennale (Qfp 2028-2034).

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I colegislatori hanno inoltre introdotto una norma che incoraggia gli Stati membri a promuovere i programmi pubblici e privati ​​esistenti, per sostenere le parti interessate che attuano misure di ripristino, compresi gestori e proprietari di terreni, agricoltori, silvicoltori e pescatori. Il testo chiarisce inoltre che i piani nazionali di ripristino non comportano l’obbligo per i Paesi di riprogrammare i finanziamenti della politica agricola comune (Pac) o della politica comune della pesca (Pcp) nell’ambito del Qfp 2021-2027 al fine di attuare tale regolamento.

L’accordo provvisorio fissa la data del 2033 affinché la Commissione possa rivedere e valutare l’applicazione del regolamento e il suo impatto sui settori agricolo, della pesca e forestale, nonché i suoi effetti socioeconomici più ampi. Il testo introduce inoltre la possibilità di sospendere l’attuazione delle disposizioni del regolamento relative agli ecosistemi agricoli, fino a un anno, tramite un atto di esecuzione, in caso di eventi imprevedibili ed eccezionali fuori dal controllo dell’Ue e con gravi conseguenze a livello comunitario per la sicurezza alimentare.

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