La Cassazione analizza il caso della mancata o insufficiente applicazione dell’Iva. Possibile regolarizzare elettronicamente l’operazione, previo versamento della maggior imposta dovuta
ROMA – Come è noto, ai sensi del comma 8 dell’articolo 6 del Decreto Legislativo 18/121/1997 n. 471, il cessionario o committente che, nell’esercizio di imprese, arti o professioni, abbia acquistato beni o servizi senza che sia stata emessa fattura nei termini di legge o con emissione di fattura irregolare da parte dell’altro contraente, è punito, salva la responsabilità del cedente o del commissionario, con sanzione amministrativa pari al cento per cento dell’imposta, con un minimo di euro 250.
Per sottrarsi a tale responsabilità, lo stesso cessionario o committente deve provvedere, entro quattro mesi dal momento dell’effettuazione dell’operazione, a regolarizzare l’operazione per la quale non ha ricevuto la fattura, presentando all’ufficio competente nei suoi confronti, previo pagamento dell’imposta, entro il trentesimo giorno successivo allo scadere di citati quattro mesi, un documento (una sorta di “autofattura”) in duplice esemplare dal quale risultino le indicazioni prescritte dall’articolo 21 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, relativo alla fatturazione delle operazioni.
In caso di ricezione di fattura irregolare, è tenuto invece a presentare all’ufficio, entro il trentesimo giorno successivo a quello della sua registrazione, un documento integrativo in duplice esemplare recante le indicazioni medesime, previo versamento della maggior imposta eventualmente dovuta.
Prima tale procedura si effettuava solo manualmente, con emissione di documenti cartacei. Oggi, invece, quanto meno per i soggetti obbligati alla fatturazione elettronica, la procedura si effettua pure elettronicamente utilizzando il consueto tracciato Xml (Codice TD04) da trasmettere allo Sdi (Sistema di Interscambio).
Il problema di cui oggi si vuole parlare, comunque, è sapere quale sia, in realtà, la responsabilità del cessionario o committente in caso di ricezione di fattura irregolare in quanto carente d’Iva, non solo per insufficiente applicazione del tributo (anche per applicazione di un’aliquota diversa da quella prevista), ma anche quando il cedente o prestatore abbia qualificato “esente” o “non imponibile” l’operazione posta in essere e fatturata.
Non c’è dubbio che, in caso di imposta comunque inferiore a quella che si sarebbe dovuta applicare in via di rivalsa, ricorre certamente il caso che prevede la responsabilità del cessionario o committente, a meno che quest’ultimo non applichi la procedura di cui al sopra citato articolo 6, comma 8, del D.Leg/vo 471, lettera b).
Ma se la fattura ricevuta è senza Iva solo in quanto erroneamente qualificata esente o non imponibile dal fornitore a causa di una sua valutazione giuridica dell’operazione, allora il problema si presenta.
Secondo l’Agenzia, infatti, anche in quest’ultimo caso, qualora l’Amministrazione finanziaria non riconosca validamente effettuata la mancata esposizione dell’Iva, la responsabilità del destinatario dell’operazione esiste, per cui l’unico modo per quest’ultimo di evitarla è quello di applicare la procedura prima illustrata. Lo ha precisato il Ministero delle Finanze con circolare n. 23/E del 25/1/1999 (punto 2.7), con la quale ha affermato, tra l’altro, che “L’infrazione in esame deve intendersi realizzata anche se la mancata regolarizzazione riguardi operazioni non imponibili o esenti.. “.
Ma dopo una giurisprudenza abbastanza altalenante, con la sentenza n. 37255 del 20/12/22, la Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, ha affermato il principio (salve ulteriori interpretazioni giurisprudenziali o amministrative, e magari in attesa di interventi legislativi chiarificatori che potrebbero essere contenuti nelle riforma fiscale), secondo il quale al cessionario o committente non compete un controllo sostanziale sulla corretta qualificazione fiscale dell’operazione, non potendosi estendere il suo controllo, e quindi la sua responsabilità, anche agli aspetti diversi da quelli che riguardano l’identificazione negoziale o i dati fiscalmente rilevanti (regolarità formale della fattura nei suoi dati che la compongono).