Strumento, regolato dalla l. 654/94 attraverso il quale l’ente impositore corregge i propri “errori”. Può essere attivata senza limiti di tempo, anche in presenza di una lite fiscale in atto
di Salvatore Freni
ROMA – L’Amministrazione finanziaria attraverso l’autotutela provvede alla rettifica o all’annullamento dei suoi atti ritenuti illegittimi o errati.
L’istituzione, è stata introdotta nella legislazione tributaria del nostro Paese dall’art. 68 del Dpr 27 marzo 1992, n. 287, abrogato dall’art. 23 del Dpr 26 marzo 2001, n. 107.
Oggi è regolamentato dall’art. 2-quater del Dl 30-9-1994 n. 564, convertito con modificazioni dalla legge 30-11-1994, n. 656; dal Dm 11-2-1997, n. 37; dalla lettera circolare n. 198/S del 5-8-1998 e dalla circolare n. 258, del 4-11-1998.
Tale legge consiste nell’obbligo da parte dell’Amministrazione finanziaria di correggere i propri errori, mediante l’annullamento o la revoca totale o parziale di propri atti riconosciuti illegittimi o infondati a seguito di autoaccertamento o di istanza del soggetto interessato. Competente a procedere all’autotutela è lo stesso ufficio che ha emesso l’atto illegittimo o al quale spettano gli accertamenti d’ufficio. In caso di grave inerzia di questi, in via sostitutiva spetta alla direzione Regionale o compartimentale dalla quale dipende l’organo inadempiente.
Nel caso in cui l’importo dell’imposta, le sanzioni, gli accessori oggetto di annullamento di rinuncia all’imposizione superi € 516.456,90, l’annullamento è sottoposto al preventivo parere della direzione Regionale o compartimentale da cui l’ufficio interessato dipende.
Di tale attività (annullamento o rinuncia all’imposizione) ne viene data comunicazione al contribuente interessato, all’organo giurisdizionale che si è occupato del contenzioso, nonché – nel caso di annullamento in via sostitutiva (cioè nel caso che a procedere all’autotutela sia la direzione Regionale o compartimentale) – all’ufficio che ha emesso l’atto oggi annullato.
L’Amministrazione finanziaria procede, in tutto o in parte, all’annullamento o alla rinuncia all’imposizione nei casi in cui esista l’illegittimità dell’atto o dell’imposizione, quali tra l’altro:
a) errore di persona;
b) evidente errore logico o di calcolo;
c) errore sul presupposto dell’imposta;
d) doppia imposizione;
e) mancata considerazione di pagamenti di imposta, regolarmente eseguiti;
f) mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre il termine di decadenza;
g) sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolati, precedentemente negati;
h) errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione.
Può esserci altresì il caso di un’istanza, presentata dal contribuente stesso, che in tale situazione va indirizzata all’ufficio che ha emesso l’atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti eventuali o, in caso di grave inerzia dell’ufficio, alle direzioni Regionale o compartimentale sopra indicate. Nel caso in cui la richiesta di autotutela venga inviata ad ufficio incompetente, questo è tenuto a trasmetterla a quello specifico, dandone comunicazione al contribuente interessato.
L’istituto dell’autotutela può essere attivato in qualunque momento (senza limiti di tempo), in presenza di lite fiscale in atto, di termine per proporre il ricorso o l’appello scaduto, di ricorso dichiarato inammissibile o improcedibile. Non si procede all’annullamento d’ufficio, o alla rinuncia all’imposizione in caso di autoaccertamento, per i motivi sui quali sia intervenuta sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione Finanziaria.
È opportuno dire che l’Amministrazione, oltre che annullare un proprio atto ritenuto illegittimo, dopo averlo annullato può riproporlo avendo eliminato quanto lo rendeva illegittimo finché non sia scaduto il termine entro il quale essa (amministrazione) non è decaduta dal diritto di proporre tale atto.