Il film ha degli elementi autobiografici, dato che Michela Giraud ha una sorella maggiore con disturbi dello spettro autistico
“Flaminia” è nelle sale da alcune settimane e ha saputo conquistare l’attenzione del pubblico che lo recensisce bene e con entusiasmo. Il film racconta di Flaminia De Angelis, una ragazza di Roma Nord sorridente, ossessionata dalla forma fisica e soprattutto ricca o, meglio, arricchita. Sotto la pressione di sua madre Francesca, sta per sposare Alberto, il figlio di un importante diplomatico regalando all’intera famiglia la tanto agognata scalata sociale.
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Tutto è pronto per il grande evento quando nella vita patinata di Flaminia piomba Ludovica, la sua sorellastra, un uragano di complessità dal cuore ingestibile. Trentenne nello spettro autistico, Ludovica irrompe nella vita di Flaminia con la forza di un terremoto, mettendo a nudo tutte le ipocrisie con cui Flaminia crede di convivere benissimo. Proprio quando la convivenza delle sorelle fa riaffiorare il sentimento di un rapporto dimenticato, un evento inaspettato mette di nuovo a repentaglio tutto. Il film ha degli elementi autobiografici, dato che Michela Giraud ha una sorella maggiore con disturbi dello spettro autistico.
Ad interpretare Ludovica è Rita Abela, attrice siciliana che ha già saputo farsi notare per aver lavorato con registi del calibro di Pupi Avati, Giovanni La Parola e Davide Marengo e per riuscire ad essere multiforme così come richiesto dai personaggi di cui ha vestito i panni.
“Flaminia” è nelle sale da qualche settimana. Il film ha saputo incuriosire. Si aspettava questa attenzione e questo calore da parte del pubblico?
“Michela è molto amata. In qualche modo me lo aspettavo, ma non potevo sapere come sarebbe stato accolto il personaggio che interpreto anche se avevo delle buone sensazioni per il tipo di lavoro fatto sul set con il cast e i reparti tecnici e artistici. Ricevere questo consenso è un regalo inaspettato, soprattutto perché persone che non conosco e non conoscerò mai mi scrivono tramite social cose bellissime di grande emozione. In effetti, è un bel regalo”.
In queste settimane, in occasione della proiezione del film al cinema ha fatto dei saluti in sala. C’è stato un momento o una frase che l’ha colpita?
“Abbiamo presentato il film al Cinema Troisi di Roma. Un ragazzo del pubblico è intervenuto. È fratello anche lui di una persona nello spettro autistico. Ha alzato la mano per ringraziare Michela perché, ha spiegato, solitamente quando si parla di famiglie con persone che hanno delle fragilità ci si riferisce ai genitori e meno dei fratelli. E invece è stato importante dare voce a questo aspetto. Flaminia ha questa sorella che irrompe nella sua vita e gliela stravolge, ma nel film viene fuori l’aspetto legato al ruolo della sorella nei confronti di Ludovica. Il film ha dato voce a molti ragazzi e ragazze che hanno un fratello o una sorella con fragilità. Molte persone si sono riconosciute e riviste e hanno ringraziato proprio perché non viene mai raccontato quanto si dovrebbe”.
Nel film veste i panni di Ludovica, sorella di Flaminia con disturbi dello spettro autistico. Ha sentito la responsabilità di essere la protagonista del primo film di Michela Giraud?
“Moltissimo! Michela non ha fatto mistero che questo personaggio è ispirato ad una persona realmente presente nella sua vita ossia sua sorella. Quindi, la responsabilità è stata doppia. Non solo a livello artistico, ma anche umano. Quando Michela mi ha telefonata per dirmi che mi aveva presa, mi ha detto “Sto mettendo nelle tue mani la cosa più importante della mia vita, abbine cura”. Alla gioia grandissima di aver preso un ruolo bellissimo e che non vedevo l’ora di affrontare, si è aggiunta una grande responsabilità umana perché andava trattata con cura, amore e grandissimo rispetto”.
Come si prepara un personaggio che realmente esiste, dato che la regista ha preso spunto dal rapporto con la sorella, senza fare una caricatura e mettendo in scena cosa la regista si aspetta?
“Con Michela abbiamo lavorato su due fronti. Da un lato, sul fronte della rappresentazione perché lei aveva ben chiaro il modo in cui questo personaggio doveva apparire, sull’andatura, sul modo di usare le mani e sul modo di parlare. Dall’altro lato sul fronte emotivo. Ho cercato di restituire a questo personaggio una totale autenticità. Non ho avuto paura di farmi attraversare anche da momenti molto dolorosi in alcune scene del film che richiedevano una totale abnegazione in termini di cuore, anima e corpo.”
Cosa le ha lasciato vestire i panni di Ludovica?
“Mi ha lasciato la sensazione di essere oggi una persona migliore. Ludovica è un personaggio che non ha paura di esprimere le proprie fragilità e le sue mancanze. Invece a me, molto spesso, è capitato di mascherarmi nella vita come credo capiti a tutti. Mi piace dire che mi è rimasto un diamantino nel cuore dopo questo film”.
Al centro del film ci sono molte tematiche: l’amore tra sorelle, la bellezza e la diversità. A proposito di sorellanza, che rapporto si è creato con Michela Giraud?
“Bellissimo! Lei è una persona stupenda. Ha avuto per me una cura come me l’ha richiesta per il personaggio che, se ci penso, ancora mi commuovo. Sul set abbiamo lavorato in maniera talmente intensa e pura che io non potevo sperare di essere guidata in un modo migliore di questo. È stato un rapporto molto vero. Michela è una persona che stimo e a cui voglio anche tanto bene. Questo rapporto di sorellanza l’ho sentito e lo sento tutt’oggi”.
La società ci impone dei dogmi estetici quotidianamente. Anche il film ne parla attraverso Flaminia. Cosa è la bellezza per lei?
“Amo mutuare delle parole di Maura Gancitano. Parlando di bellezza, Gancitano parla di fioritura personale. Questo è l’obiettivo che crescendo mi sono posta. È chiaro che in adolescenza possa capitare di sentirsi inadeguati e non abbastanza perché non si aderisce a certi modelli. Crescendo, ho capito che era un altro il concetto di bellezza che volevo prendere a modello per la mia storia personale. Mi piace parlare di fioritura che esula dal discorso di standard e misure. A prescindere dal fatto che ci possano essere dei “modelli” che oggettivamente riconosciamo come belli, ritengo che la bellezza non possa essere ridotta solo a questo altrimenti viene svuotata di significato e crea frustrazione. A certi standard di perfezione, forse, non ci si potrà mai arrivare. Piuttosto che puntare a qualcosa di irraggiungibile ed esterno da noi, è meglio scoprire e far fiorire il bello che ho dentro e custodirlo con amore, cura e delicatezza”.
Nella società di oggi piena di contraddizioni, che ruolo dovrebbero avere per lei parole come “normale” e “diversità”?
“Sembrerò retorica, ma sono convinta che la diversità nelle migliaia di forme possibili sia una ricchezza. Essendo siciliana, so che la mia terra è meravigliosa perché è stata attraversata per secoli dalla diversità altrimenti non avremmo il patrimonio che abbiamo. È arrivato il momento di vedere le cose con maggiore accoglienza perché la società ce lo chiede e siamo in continua evoluzione. A volte ascoltiamo dichiarazioni che fanno sbigottire davanti alle quali è doveroso indignarsi. Oggi è il mondo che va verso un’altra direzione ossia di normalizzazione tutte quelle forme che vengono considerate diverse. Credo sia importante parlarne, anche nelle scuole”.
Cosa spera lascerà “Flaminia” nei tanti che lo hanno visto?
“Spero lascerà una forza. “Flaminia” è una grande storia d’amore. E l’amore ci salva. L’amore tra queste due sorelle salva entrambe. Se da un lato Ludovica è molto più risolta per certi aspetti, Flaminia ha un gran casino nella testa e nel desiderio di apparire quello che non è. Entrambe le sorelle trovano una salvezza in un rapporto profondissimo di amore tra sorelle”.
Dove potremo vederla dopo Flaminia?
“A maggio sarò al Teatro della Contraddizione di Milano con lo spettacolo “Cianciana”. Pur parlando di lotte contadine nei primi decenni del Novecento in Sicilia, è attuale perché porta temi di dignità e valore della persona e di chi lavora”.