Legge n. 85/2023: sale a 3.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico. Dall’alloggio all’auto aziendale: quali sono i “compensi in natura” forniti al dipendente
ROMA – Per il 2023 il limite di esenzione dei fringe benefit, ordinariamente imponibili, sale a 3.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli con fiscalmente a carico.
L’art. 40 della legge 3 luglio 2023, n. 85, di conversione del D.L. 48/2023 ha previsto, limitatamente al periodo d’imposta 2023 e con riferimento ai soli lavoratori dipendenti con figli fiscalmente a carico, compresi i figli nati fuori del matrimonio riconosciuti, i figli adottivi o affidati, la non concorrenza alla formazione del reddito imponibile, fino a 3.000 euro del valore dei beni ceduti, dei servizi prestati e delle somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche, servizio idrico, energia elettrica e gas.
Per figli fiscalmente a carico, vale a dire che gli stessi non devono possedere redditi per il 2023, al lordo degli oneri deducibili, di valore superiore a 2.840,51 euro ovvero a 4.000 euro se di età non superiore a 24 anni. Nella conversione della legge non è richiesto, o almeno non esplicitamente, che il figlio sia a interamente a carico, anziché a carico ripartito con l’altro genitore.
Si ricorda che, è stato sempre previsto un limite di esenzione dei fringe benefit pari a 258,23 della non concorrenza alla formazione del reddito imponibile con riferimento al valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, innalzato ad euro 516,46 per gli anni 2021 e 2022. In caso di superamento di tale limite, l’intero importo del fringe benefit rientrerebbe interamente a formare il reddito assoggetta a contribuzione e tassazione.
L’estensione fino a 3.000 euro del valore dei beni ceduti, dei servizi prestati e delle somme erogate o rimborsate per il pagamento delle utenze domestiche, servizio idrico, energia elettrica e gas, era stata già introdotta l’anno scorso a favore di tutta la platea dei lavoratori dipendenti.
Rispetto allo scorso anno, al fine della sua applicazione, la norma oltre ad aver limitato l’esenzione fino a € 3.000 ai dipendenti con figli fiscalmente a carico introduce due nuove condizioni, in particolare:
– i datori di lavoro che intendono dare attuazione alla predetta disposizione sono tenuti, ove presenti, a darne preventiva comunicazione alle RSU;
– l’esenzione fino a 3.000 euro, può essere applicata qualora il dipendente rilasci una dichiarazione al proprio datore di lavoro di avervi diritto indicando il codice fiscale dei figli fiscalmente a carico.
Resta ferma, in ogni caso, la regola generale secondo cui se il valore dei beni o dei servizi prestati risultino complessivamente superiori al limite soglia previsto dalla suddetta disposizione, il datore di lavoro deve assoggettare a contribuzione e tassazione l’intero importo corrisposto, vale a dire anche la quota di valore inferiore al medesimo limite.
Rimangono ancora aperti i dubbi legati al comportamento da tenere qualora successivamente alla dichiarazione del lavoratore di avervi diritto, e dunque la citata disposizione è stata applicata, lo stesso comunichi che sono venute meno le relative condizioni, ne consegue che ciò potrebbe comportare conguagli e maggiori oneri per le aziende.
Considerati i dubbi sopra evidenziati si auspica in tempi brevi le pubblicazioni delle circolari da parte sia dell’Agenzia delle Entrate che dell’Inps con i chiarimenti e le istruzioni operative necessari per una corretta applicazione.