Per uscire dalla crisi una strada da battere è quella della produzione di metano sintetico naturale non inquinante. Zootecnica in difficoltà in Sicilia, le norme europee agevolano di più le imprese del nord
PALERMO – È stato un anno duro per il settore agroalimentare siciliano, soprattutto per la zootecnia. Si tratta di un comparto di cui si parla poco, se non per le punte di eccellenza, ma che, sostiene Eleonora Lo Curto, capogruppo Udc all’assemblea regionale siciliana, “è il settore martoriato dalle stringenti norme europee che sono calibrate a misura delle grandi aziende della ‘Padania’, che soffocano la nostra produzione autoctona, poiché la Sicilia è una terra in cui gli allevamenti sono allo stato brado. Se non siamo consapevoli che gli allevamenti di tipo intensivo utilizzano cibi per gli animali che sono estrogenati e ricchi di antibiotici, non abbiamo capito che questo è il vero male per la nostra salute”.
Gli allevatori sono allo stremo, penalizzati da una politica europea che mette in primo piano le grandi aziende, togliendo alle piccole realtà, più vicine alla natura e alla tradizionale idea di allevamento del bestiame la possibilità di lavorare con profitto, rilasciando sul mercato prodotti di ottima qualità. “Dobbiamo recuperare la nostra identità e farci valere davanti all’Ue – ha detto la Lo Curto -. La politica agricola regionale sia improntata, nel prossimo futuro, a sostenere l’utilizzazione di carburante pulito non inquinante”.
Una proposta che si muove nella direzione della eco sostenibilità e del visione verso il futuro riguarda l’utilizzo in Sicilia dei fondi del Recovery plan per progetti che muovono dalla captazione di Co2 e dalla fermentazione del vino per produrre metano sintetico naturale non inquinante. “La Sicilia ha diritto all’autonomia energetica e a cambiare passo – ha concluso Lo Curto -. Quando parliamo di vino, e sappiamo ad esempio che Trapani è la provincia più vitata d’Europa, possiamo dimostrare al mondo con le etichette delle nostre aziende che la Sicilia, dotandosi di un sistema di produzione di carburante pulito, si rende protagonista di una storia diversa, votata alla salute, alla tutela dell’ambiente, della natura, del suolo del sottosuolo e anche delle sue produzioni. Abbiamo davanti sfide importanti che dobbiamo vincere”.
L’ultimo anno di pandemia ha reso le condizioni già difficili per l’agricoltura siciliana ulteriormente gravi. Le imprese del settore agroalimentare stanno conoscendo una crisi profonda. Una direzione può venire dal parlamento e dal governo regionali, che devono sfruttare al meglio il nuovo Psr.
Recentemente, l’esecutivo siciliano, con l’ex assessore Edy Bandiera, è riuscito ad ottenere dalla Commissione Europea l’anticipo di due annualità sul periodo 2021-2027 per circa 600 milioni di euro. Da questi fondi sono venuti gli 80 milioni di euro stanziati alle aziende agricole trapanesi tagliate fuori dalla misura 10.1. B sulla riduzione dei fitofarmaci. La gestione dei finanziamenti del Psr è stata al centro proprio poco settimane fa di un seminario “gli strumenti politico-economici per affrontare le sfide dell’agricoltura nell’era Covid”, a cui hanno partecipato il neo assessore regionale dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea, Toni Scilla, che si è confrontato con la Cia-Agricoltori Italiani della Sicilia orientale. Al suo fianco il direttore del dipartimento regionale all’agricoltura, Dario Cartabellotta.
Un incontro necessario, in vista dell’arrivo dei nuovi fondi europei per l’agricoltura, in tutto 330 milioni all’anno per il 2021 e per il 2022, come risultato dell’estensione dell’ambito temporale del Psr Sicilia al 2022 con obiettivi e le nuove risorse decisi di concerto con l’Ue.