L’incontro a San Francisco tra i capi dei due Stati più potenti del mondo, Joe Biden (Stati Uniti) e Xi Jinping (Cina), è la dimostrazione del buonsenso che hanno i vertici nel programmare il futuro, archiviando definitivamente la guerra fredda: quella che si faceva con le armi di vario tipo.
Per la verità, la guerra fra i due Paesi non è finita, ma ha cambiato vestito. Oggi riguarda la conquista di territori sul piano economico e non più fisico, con la conseguenza che non si usano più armi tradizionali o atomiche – come nel caso di Nagasaki ed Hiroshima – bensì dati, informazioni, elaboratori, satelliti ed altri strumenti.
I due Paesi si attrezzano sempre meglio per questa battaglia senza esclusione di colpi, cercando di acquisire Stati satelliti, in modo da diventare economicamente più forti. Al riguardo, è ormai nota la spartizione economica del pianeta: da un canto, Usa con Europa, Giappone, Corea del Sud, Taiwan ed altri; dall’altro, Cina con Russia, Brasile, Sud Africa e altri Paesi del Brics (allargato a 11 membri).
Come abbiamo scritto più volte, vi è un terzo incomodo sul piano economico che è il complesso degli Stati arabi: Arabia Saudita, Emirati, Qatar ed altri, i quali, forti ancora di immensi depositi di combustibile fossile – che negli scorsi cinquant’anni hanno generato enormi flussi finanziari – cercano di entrare fra le pieghe del conflitto economico americano-cinese e conquistare la loro porzione di territori e di popolazioni.
In questo quadro, sono compatibili le guerre locali. Ve ne sono attive nel mondo, di varie dimensioni, forse una quarantina. Quelle che ci toccano più da vicino sono la guerra russo-ucraina, perché è all’interno dell’Europa, e l’altra fra Palestina ed Israele, all’interno del Mediterraneo.
La prima guerra è destinata ragionevolmente a chiudersi con una transazione, la quale determini quale porzione del territorio in contestazione rimarrà all’una o all’altra parte; prima arriverà questa transazione, che il mondo chiama Pace, prima si metterà fine ad un focolaio che sta danneggiando fortemente l’Europa, come scriveremo appresso.
L’altra guerra, fra Palestina ed Israele, finirà presto con la formula: due Stati, due Popoli. Tale formula, prima o dopo, arriverà.
Fra Cina e Stati Uniti vi sono molte cose in comune, per cui entrambi hanno interesse alla competizione ed all’aggregazione di Stati satelliti, ma al vertice non vi è nessun interesse a scontrarsi.
Gli Stati Uniti, da un canto, sanno che una grossa fetta del loro debito in dollari è nelle banche della Cina. Quest’ultima, dall’altro canto, sa che ha bisogno degli Stati Uniti per far crescere le proprie tecnologie, implementare le proprie università e quindi migliorare la sua capacità di produrre innovazione.
Il quadro è chiaro e chi non lo vede non è dotato di buona vista oppure vuole speculare per tentare di cogliere le negatività dell’una o dell’altra parte. Ma chi imbocca questa strada non ha speranza di successo perché la convenienza di Usa e Cina è al di sopra degli interessi di questo o di quello.
Nella nuova geografia economica mondiale, guai a quei Paesi che non innestano la marcia dell’innovazione e dello sviluppo, che producano crescita e minor indebitamento.
Quanto precede fa evidenziare come tutti coloro che contornano le nazioni guida, ripetiamo Usa e Cina, non sono altro che comprimari, per cui si aggregano senza la possibilità di incidere su chi prende le decisioni di vertice. Più si è sudditi economicamente e socialmente, più si deve obbedire ciecamente.
Apparentemente questo non accade perché sembra che ogni Stato prenda autonomamente decisioni, con tanti personaggi che reclamano la libertà, la capacità di decidere il proprio destino ed altre questioni. Ma costoro non si rendono conto che, invece, le decisioni di fondo sono prese dai grandi gruppi di potere internazionale, che hanno le loro filiali nei satelliti locali e che orientano a proprio favore i governo
Questa risulta essere la verità attuale; quella verità che ci porta a dire che di Gaza rimarrà una Striscia, se ancora sarà dominata dal gruppo di Hamas, che ragionevolmente non ha alcuna convenienza a fare la pace.