Giustizia, processo civile telematico a singhiozzo - QdS

Giustizia, processo civile telematico a singhiozzo

redazione

Giustizia, processo civile telematico a singhiozzo

Roberto Greco  |
sabato 08 Luglio 2023

Digitalizzazione, Piergiorgio Morosini (Presidente Tribunale Palermo): “Défaillance sistema informatico non è l’unico problema”

ROMA – È stato pubblicato qualche giorno fa il decreto attuativo (del 4 luglio 2023 pubblicato sulla Guri n. 155 del 5 luglio 2023) che definisce le specifiche e amplia considerevolmente il numero di atti che dovranno essere depositati esclusivamente in modalità telematica.

Sono così arrivate a 103 le differenti tipologie di atti processuali che potranno essere depositati attraverso il Portale dei depositi penali (Pdp), da parte dei difensori negli uffici della Procura della Repubblica presso il Tribunale, della Procura Europea, della Procura Generale presso la Corte d’Appello, del Giudice di pace, del Tribunale e della Corte d’Appello.
Il decreto, specifica una nota del Ministero della Giustizia, consentirà all’avvocatura di depositare atti nativi digitali e documenti in modalità telematica, senza necessità di recarsi presso gli uffici giudiziari, con significativo risparmio di tempo e di spesa.

La digitalizzazione va avanti ma ci sono criticità

La digitalizzazione del sistema Giustizia, dunque, va avanti ma non senza criticità. Lo scorso 30 giugno è entrato in vigore il progetto di estensione del PCT, il Processo Civile Telematico, per i Giudici di Pace, come previsto dalla riforma Cartabia. Già nei giorni precedenti, però, in quasi tutti gli uffici giudiziari d’Italia si registrava un aumento dei tempi di fermo del sistema informatico, tra blocchi e sospensione del servizio per aggiornamenti.

Nella stessa mattinata il Presidente del Tribunale di Palermo Piergiorgio Morosini, ha emesso un provvedimento in cui evidenziava le “oggettive problematiche all’utilizzo del PCT sia da parte delle cancellerie che da parte dei GOP” e autorizzava “al deposito con modalità non telematiche degli atti processuali e dei documenti ivi allegati, compresa la nota di iscrizione a ruolo” e “a celebrare le udienze e a redigere e depositare i provvedimenti con modalità cartacea”. Il QdS l’ha intervistato per meglio capire quali siano le difficoltà che gli uffici giudiziari incontrano, ancora una volta, con l’attuazione della legge Cartabia.

Presidente, cosa è successo?
“Avevamo affrontato tutti gli aspetti concernenti l’utilizzo, anche attraverso una specifica formazione, dell’estensione del PCT ai Giudici di Pace. Purtroppo il giorno della sua entrata in vigore, sin dalle prime ore della mattinata, ci sono stati problemi del sistema che hanno riguardato quasi tutta la zona del Sud Italia. A fronte del forte rischio di un blocco delle udienze abbiamo deciso, dopo esserci consultati con il Presidente del consiglio dell’Ordine degli Avvocati, di adottare questo provvedimento che permetteva una transazione secondo le regole precedenti”.

Il blocco del sistema è l’unico problema o è stata l’ennesima goccia che ha fatto ancora una volta traboccare il vaso?
“No, non è l’unico problema. Ci sono prassi da collaudare ulteriormente, compresa la stessa formazione degli operatori del diritto, in questo caso dei Giudici di Pace, che, seppur in molti casi ha raggiunto livelli accettabili per la trattazione del PCT, in altri casi deve essere perfezionata”.

Contromisure?
“Abbiamo già programmato, in questo mese di luglio, un’ulteriore attività di formazione, che sarà condivisa con gli avvocati, al fine di poter tornare al lavoro al termine del periodo feriale con un assetto collaudato e pronto per affrontare la sfida del PCT senza la necessità di ulteriori deroghe. Il PCT esiste, per il Tribunale ordinario, già dal 2014 e, in questi anni, proprio grazie all’implementazione di questa tipologia di processo, abbiamo visto migliorare la qualità del lavoro sia per i giudici sia per gli avvocati con una migliore ottimizzazione, organizzazione e una maggiore modernità della macchina giudiziaria. L’estensione prevista dalla legge Cartabia, che ha coinvolto i Giudici di Pace ma anche il Tribunale dei Minorenni, richiede un periodo di adattamento. Dobbiamo essere consapevoli del fatto che non si tratta di risultati che si ottengono dall’oggi al domani e che occorre mettere insieme le energie, ma anche la pazienza, non solo dei magistrati ma anche del personale di Cancelleria e degli avvocati, sintonia che a Palermo ho riscontrato esserci”.

Forse non solo da parte vostra sono necessarie contromisure…
“A livello centrale ritengo che sia necessaria una riflessione per capire il perché, in alcuni momenti, il sistema ha delle défaillances. Abbiamo a disposizione tecnici, con i quali c’è un feedback quotidiano, che osservano e ci assistono. Il dato da considerare ritengo sia che queste novità ci proiettano sì in una dimensione più moderna e efficiente ma è evidente che il costo da pagare è quello di una iniziale difficoltà di implementazione che, in alcuni casi, dipende anche da alcune barriere mentali e culturali da parte degli operatori. Non c’è dubbio che sia necessario investire molte risorse anche organizzative per ottenere il risultato voluto e se è necessario un supplemento d’impegno per ottenere questo risultato lo si deve ritenere doveroso. I Giudici di Pace sono una parte importante e fondamentale della giurisdizione del nostro distretto e del Paese e vorrei porre l’attenzione sui Giudici Onorari, che operano nelle sezioni ordinarie, nel versante penalistico e civile, perché svolgono un ruolo importante e il loro lavoro ha una grandissima dignità. Ritengo sia giunto il momento che questi magistrati non siano più considerati di serie B e che ricevano un riconoscimento tangibile a livello di statuto del loro lavoro”.

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