Il disegno di legge 2636 che contiene la delega al governo per la riforma è al Senato. La dipendenza organizzativa e amministrativa genera il sospetto di “non terzietà”
ROMA – Procede a fatica l’iter di approvazione parlamentare del Disegno di Legge 2636 presentato al Senato lo scorso 1° giugno 2022.
Parliamo del testo di legge contenente la delega al Governo per la riforma della Giustizia tributaria.
Come è noto, l’ultima riforma del settore risale al 1992 e, come era naturale che accadesse, nel corso di questi trent’anni i problemi e le criticità del sistema di giustizia in ambito fiscale sono stati numerosi. Negli ultimi due anni, comunque, il dibattito si è acceso anche grazie al Pnrr che ha fatto emergere in modo piò forte l’esigenza di una giustizia tributaria più adeguata e sganciata dal Mef.
Il Disegno di legge, comunque, non attenziona, come avrebbe dovuto, tutti i problemi della Giustizia tributaria, compresi quelli di natura meramente processuale, ma si limita ad affrontare principalmente questioni riguardanti problemi di natura organizzativa.
Come è noto, c’è chi preferirebbe avere una sorta di sesta magistratura (in aggiunta a quella penale, civile, amministrativa, contabile e militare), formata solo da giudici togati. C’è, invece, chi preferirebbe salvaguardare le attuali professionalità, quelle dei cosiddetti “giudici laici” i quali da sempre svolgono con sacrificio e con una retribuzione quasi inesistente compiti di altissimo spessore.
È giusto ricordare, comunque, che i giudici attuali hanno sempre svolto con grosso impegno e grande professionalità il proprio lavoro, ricco di responsabilità, scarsamente remunerato e sempre più impegnativo in considerazione dell’esistenza di una legislazione tributaria eccessivamente complessa e molto confusa.
Di grossa importanza è la questione riguardante l’attuale dipendenza logistica della Giustizia Tributaria dal Mef, circostanza che molti vedono come una falla nell’indipendenza del Giudice, quanto meno dal punto di vista della visibilità.
Ora, come già detto, il Disegno di Legge 2636 accende il dibattito
Le novità oggetto di particolare discussione riguardano principalmente la nuova struttura dei magistrati tributari. Questi saranno reclutati a tempo pieno tramite appositi concorsi, ai quali, stando l’attuale formulazione del disegno di legge, potranno partecipare solo i laureati in giurisprudenza, con prove scritte e orali. Sarà previsto un nuovo limite di età per il pensionamento, che sarà fissato a 70 anni.
In una fase transitoria e fino a quando non sarà completato il reclutamento dei giudici secondo le nuove disposizioni, continueranno ad operare anche gli attuali Giudici, anche quelli “non togati”. Dal 1^ Gennaio 2023, in base al nuovo limite di età, dovrebbe scattare comunque il nuovo termine di “fine servizio” (non si tratta di un pensionamento), per cui gli ultra settantenni dovranno comunque lasciare la Commissione.
Le critiche al testo presentato dal Senato, tuttavia, sono moltissime
È stata abbandonata, non si sa per quale motivo, la proposta di cambiamento del nome delle Commissione Tributarie Provinciali e Regionali e Tribunati Tributari e Corti di Appello Tributarie.
È stata pure abbandonata l’idea, la cui realizzazione è stata da tantissimo tempo fortemente auspicata, di sottrarre l’attività organizzativa ed amministrativa delle Commissione Tributarie al Mef, circostanza quest’ultima la quale, come è ben noto, ha generato il sospetto di “non terzietà” dei Giudici, visto che tale dipendenza amministrativa dei Giudici Tributari è sempre stata considerata anomala stante la condizione di “parte processuale” del Ministero dell’Economia e dell’Amministrazione Finanziaria più in generale. Un ripensamento su questo importantissimo punto è assolutamente necessario, specialmente a seguito della previsione di norme che potrebbero indebolire le funzioni del Consiglio di Presidenza della Giustizia tributaria.
Fortemente contestata la previsione della sola laurea in Giurisprudenza per il reclutamento del Magistrati Tributari. Specialmente dai Dottori Commercialisti e dalle Associazioni dei Giudici tributari viene sottolineato quanto sia invece importante possedere le competenze che i laureati in Economia posseggono in maniera specifica, sfruttando la sinergia che professionalità di diversa estrazione, ma ugualmente importanti nella trattazione delle controversie fiscali, possono assicurare.
Altrettanto contestata è la previsione della cessazione dal servizio a 70 anni, senza alcuna deroga per i Giudici tributari in servizio.
Una simile previsione, infatti, farà venir meno, al 31 dicembre 2022, tantissimi giudici ultra settantenni, circostanza quest’ultima, che potrebbe comportate l’azzeramento di molte Commissioni Tributarie dove molto spesso il Presidente, il Vice Presidente ed anche i componenti, hanno già compiuto 70 anni.
La riforma, come si sa, dovrebbe entrare in vigore l’anno prossimo
Speriamo che nel breve periodo di tempo che ci separa dall’entrata in vigore, il percorso legislativo possa consentire gli aggiustamenti del caso, dando una nuova immagine della Giustizia Tributaria, condizione quest’ultima, insieme alla più vasta riforma tributaria, necessaria non solo per l’incremento della tax compliance in ambito nazionale, ma anche per attrarre maggiormente nel nostro Paese gli investitori esteri che, spesso, vengono orientati verso altre scelte a causa della lentezza del giudizio e delle difficoltà interpretative in materia Tributaria.