“Green jobs”, il futuro dell’occupazione è verde. Sicilia indietro, ma c’è una prateria di opportunità - QdS

“Green jobs”, il futuro dell’occupazione è verde. Sicilia indietro, ma c’è una prateria di opportunità

“Green jobs”, il futuro dell’occupazione è verde. Sicilia indietro, ma c’è una prateria di opportunità

giovedì 20 Febbraio 2020

In Italia crescita record del lavoro nei settori dell’economia circolare. Nell’Isola 130 mila occupati, un quinto della Lombardia

di Rosario Battiato e Antonio Leo

PALERMO – Il lavoro è verde e non è una speranza, ma una realtà con la quale bisogna fare i conti: sono sempre di più i profili professionali creati dalla “green economy” e ricercati dalle aziende, che – per scelta o necessità – hanno deciso di cambiare pelle, puntando sulla conversione ecosostenibile dei processi produttivi o dei prodotti stessi. In base alle ultime statistiche, nel nostro Paese si contano circa 3 milioni di occupati, a vario titolo, nel settore dell’economia circolare e sostenibile. Valgono il 13,4% dell’occupazione complessiva, in crescita di uno 0,4% tra 2017 e 2018. Ma a leggere bene i dati, diffusi nel rapporto GreenItaly 2019 realizzato da Symbola e Unioncamere con il patrocinio del ministero dell’Ambiente, salta subito fuori la solita storia dell’Italia a diverse velocità.

Da una parte ci sono le regioni leader come la Lombardia e il Lazio, che valgono rispettivamente circa 660 mila (21,3% del totale nazionale) e 319 mila (10,3%) degli occupati di settore, seguiti dal Veneto, con 296 mila (9,6%), e quindi dal Piemonte (8,4%). Dall’altra parte – ad eccezione di Toscana e Campania che, con il 9,7% e il 6,2%, riescono ad emergere dalla grande mischia – ci sono le dolenti note che arrivano dalla pattuglia meridionale e, in particolare, dalla Sicilia che si limita a 129 mila unità impiegate, pari al 4,2% del totale nazionale. Anche la Puglia riesce a fare meglio (141 mila, 6,2%).

In attesa dei dati consolidati relativi allo scorso anno, esiste già una stima di massima che non sposta moltissimo gli equilibri nazionali in termini di investimento delle aziende nel settore verde: le aziende che avevano fatto registrare, nel 2018, la prospettiva dell’attivazione di contratti nel corso del 2019 si concentrano soprattutto nel Nord Ovest (13,6%), seguite dal Centro (11,1%) e quindi dal Nord Est (10,7%) e dal Mezzogiorno (9,4%). Chi investe continuerà a investire e infatti, non a caso, in cima alla graduatoria si colloca la Lombardia con circa 137 mila assunzioni previste, più di quante ne abbia registrato complessivamente la Sicilia col dato aggiornato al 2018. In grande crescita l’Emilia Romagna, con 61.469, e quindi il Lazio (51.261) a chiudere il podio. L’Isola è soltanto nona, più o meno la posizione rivestita nella graduatoria generale, con poco più di 20 mila unità destinate ad essere assunto, circa il 9,4% delle assunzioni complessive previste nella regione (due punti in meno del dato italiano).

IL GREEN INCIDE POCO NELL’ISOLA
A preoccupare maggiormente, secondo i dati elaborati dagli esperti di Symbola, è anche il peso specifico rivestito dai green jobs nell’ambito dell’economia. In Sicilia è il più basso d’Italia: appena il 9,5%, inferiore di circa quattro punti percentuali dal dato nazionale (13,4%), e di due punti da quello del Mezzogiorno (11,1%).

A testimoniare il poco interesse delle imprese isolane è anche la graduatoria degli eco-investimenti in prodotti e tecnologie green nel periodo compreso tra il 2015 e il 2018 con finestra sul 2019 in termini di intenzione di investimento. In cima alla lista c’è l’ovvia Lombardia, con oltre 77mila, seguita dal Veneto, con circa 43 mila, e quindi dal Lazio a 40 mila. Quarta e prima delle meridionali è la Campania, con 34.699, seguita da Emilia-Romagna, un paio di migliaia di unità in meno, e poi dalla Toscana e dal Piemonte appaiate intorno a quota 29 mila. Seconda delle meridionali è la Puglia, che si spinge fino a superare quota 27 mila, e subito dopo si trova la Sicilia alla posizione numero nove con 26.767 imprese.

Il quadro territoriale vede, tra le prime venti province per imprese che hanno effettuato eco-investimenti, la sola area etnea al numero venti a quota 5.671, un sesto in meno di Milano, che ha superato le 30 mila, e distante anche da altre realtà meridionali come Salerno, 7.873 imprese, Bari, 12.124, e Napoli che è la migliore delle meridionali e podio d’Italia con 17.866 unità. Nella zona etnea un’impresa su tre (28,7%) eco-investe e si tratta di una statistica che colloca la provincia di Catania alla posizione numero 19.

ESSERE VERDI CONVIENE
Gli esperti dicono che chi investe nel green si aspetta lecitamente anche un ritorno in termini economici. Lo rivelano anche i dati che certificano come le imprese manifatturiere, da 5 a 499 addetti, che hanno investito in prodotti e tecnologie green nel triennio 2016-2018 abbiano atteso per il 2019 prospettive migliori rispetto a quelle che non l’hanno fatto: il 26% una crescita del fatturato rispetto al 18% delle altre; e lo stesso discorso vale per la crescita dell’occupazione (19% contro 8%) e dell’esportazione (33% contro 20%). E sul medio periodo la prospettiva non cambia. Da oggi al 2023, secondo lo studio “Smart & Green”, realizzato da Censis e Confcooperative, “ogni cinque nuovi posti di lavoro creati dalle imprese attive in Italia uno sarà generato da aziende ecosostenibili”.

IL CONTRIBUTO DELLA PA
In questo quadro a tinte verdi, anche la Pa ha un ruolo determinante. Lo ha spiegato, proprio nei giorni scorsi, il presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi, Massimo Stronati, nel corso del seminario “Green deal: il lavoro al centro”. Dopo aver definito la green economy il “nuovo eldorado”, il presidente ha sottolineato come passare “da rifiuto a risorsa che fa bene alle imprese e all’ambiente si può” e la “plastica raccolta può dare vita a oggetti green che possono essere inseriti tra gli acquisti della Pa la cui spesa annuale ammonta a oltre 170 miliardi”. Se di questi ultimi si “destinassero 20 miliardi, attraverso gare di appalto e public procurement, all’acquisto di prodotti nati da plastica riciclata si genererebbe nuova occupazione, che tra filiera diretta e indiretta, creerebbe lavoro per circa 80 mila persone in meno di tre anni”.

PA SICILIANA IN RITARDO
Gli ultimi dati dell’Istat, aggiornati al 2017, hanno certificato il ritardo nel green public procurement (applicazione dei criteri ambientali minimi negli acquisti di beni e servizi) dei comuni isolani rispetto ai colleghi settentrionali. Si distingue, in positivo, il comune di Palermo che risulta essere l’unico ente locale ad aver effettuato acquisti (cartucce per stampanti, pulizia e prodotti per l’igiene, apparecchiature elettroniche per ufficio, arredi per ufficio, carta) facendo esclusivamente riferimento ai criteri ambientali minimi. Il comune capoluogo si segnala, inoltre, anche nell’ambito della ristorazione collettiva e per i tessili. Nell’ambito dell’illuminazione pubblica, si segnalano acquisti Cam per Messina, mentre Catania si rintraccia nell’ambito della carta per ufficio, per le cartucce delle stampanti.

MOLTIPLICARE LA RICCHEZZA
Secondo il presidente di Confcooperative Lavoro e Servizi, Massimo Stronati, incoraggiando gli acquisti green si migliora l’economia e si salva l’ambiente facendo un favore ai conti, considerando che nello “scenario di riscaldamento globale le stime dei danni da disastri climatici nei paesi G20 sono pari a più del 4% del Pil”.


L’elenco della Fondazione Symbola
Le 10 figure professionali più richieste dal mercato

A compilare l’elenco, come ogni anno, è stata la Fondazione Symbola all’interno del rapporto che ha precisato come non si tratti necessariamente di green jobs in senso stretto ma di “competenze verdi”. Andando per macroarea, le più interessate sono quelle relative ai tecnici della produzione e preparazione alimentare, gli ingegneri specializzati in elettronica e telecomunicazioni, gli ingegneri civili, i tecnici meccanici.

Questo l’elenco:
– Chef “green”: sostenibilità tra i fornelli
– Installatore di reti elettriche
– Meccatronico con un occhio all’ambiente
– Installatore di impianti di condizionamento
– Esperto in gestione dell’energia
– Promotore edile di materiali sostenibili
– Meccanico industriale ma ecologico
– Giurista specializzato in diritto ambientale
– Informatico esperto di ambiente
– Specialista in contabilità verde.



IMPRESE, NELL’ISOLA NON MANCANO LE ECCELLENZE
Dolfin, il polaretto sempre più sostenibile

RIPOSTO (CT) – Ha più di cento anni di storia, eppure Dolfin – azienda dolciaria di Giarre nota al grande pubblico per i Polaretti, ghiaccioli con vero succo di frutta da gelare a casa – non ha mai smesso di innovare e, già da diversi anni, ha imboccato senza tentennamenti la strada della sostenibilità ambientale. Un’eccellenza siciliana che lo scorso anno ha lanciato, pioniera nel mercato italiano, la prima eco-cannuccia realizzata dal mais e dunque biodegradabile. Un passo compiuto con grande anticipo rispetto all’ultimatum dell’Ue, che ha fissato nel 2021 il termine per fermare la produzione di stoviglie in plastica monouso insieme a cannucce e cotton fioc.

Un impegno quello di Dolfin per la tutela dell’ambiente che è partito più di dieci anni fa, nel 2009, quando iniziò a pianificare una serie di investimenti per la riduzione delle emissioni di CO2. Oggi quel progetto è realtà, grazie anzitutto a un parco fotovoltaico con 960 Kw di potenza installata che alimenta lo stabilimento di Riposto e copre buona parte del fabbisogno interno. Non solo: gli scarti di cioccolato e ghiaccioli diventano biomassa trasformata in biometano da un’azienda esterna; le vasche di depurazione delle acque reflue, utilizzate per irrigare i giardini, sono monitorate a distanza tramite sensori collegati a smartphone; carta, cartone e fanghi vengono riciclati o recuperati.

La sfida, però, non si ferma qui e già si guarda al futuro. Dolfin, infatti, fanno sapere dall’azienda, non solo “conferma la sua attenzione all’ambiente, ma a breve eliminerà dalle confezioni in commercio le vaschette di plastica che contengono i Polaretti Fruit e i Ghiaccioli Sensofreddo”.

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