Guerra dell’energia, attesa la fusione - QdS

Guerra dell’energia, attesa la fusione

Guerra dell’energia, attesa la fusione

sabato 16 Dicembre 2023

Meglio tardi che mai

La Cop 28 (Conference of parties) a Dubai si è conclusa senza alcun sostanziale passo avanti nell’utilizzo dell’energia, anche perché i tredici soci dell’Opec si sono opposti a che fosse inserito nel comunicato finale il divieto di utilizzo del petrolio dal 2035 in avanti.

I Tredici sono: Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita, Iran, Iraq, Kuwait, Libia, Algeria, Nigeria, Angola, Congo, Gabon, Guinea Equatoriale e Venezuela. Essi possiedono l’ottanta per cento delle riserve petrolifere e forniscono circa la metà del fabbisogno mondiale. Hanno avuto un grande vantaggio quando l’Unione Europea ha messo le sanzioni alla Russia, in occasione della guerra con l’Ucraina, perché il Brent è aumentato fortemente, ma ora è tornato a livelli normali e quota settantacinque dollari al barile.

Come si nota, fra i Tredici non vi sono gli Stati Uniti, che hanno aumentato la produzione di petrolio, neppure la Russia e neanche la Cina, che è però grande produttrice di energia da carbon fossile.

Dunque, il nostro Pianeta non ha alcuna speranza di vedere diminuite le emissioni di CO2 ed altri inquinanti perché lo sviluppo è energivoro e quindi ha bisogno di materie prime che producano l’energia. Fino a quando non si metterà un limite allo sviluppo (energivoro) – cioé raggiungere un certo livello di benessere senza però superare la capacità della Terra a rinnovare le risorse naturali necessarie a tale sviluppo – la temperatura media mondiale continuerà ad aumentare inesorabilmente, al di sopra della soglia di 1,5° C. L’aumento produrrà i disastri ecologici che sta già producendo come lo scioglimento dei ghiacciai, gli eventi meteorologici estremi, forti ondate di calore, perdita di biodiversità e quindi insicurezza alimentare, l’aumento del livello dei mari con la conseguente migrazione di popolazioni.

Per fortuna la ricerca comincia ad avanzare nella direzione di ottenere soluzioni concrete alla crisi ecologica globale, come ad esempio produrre energia dalla fusione nucleare, ormai ritenuta “verde” dall’Unione europea.

Vi è l’impianto Iter a fusione nucleare in costruzione in Francia, a Cadarache (Provenza), che intende riprodurre sulla Terra un processo produttivo di energia pulita e sicura come quella del Sole.
Questa energia, insieme a quella prodotta da impianti eolici e fotovoltaici, potrà nei prossimi decenni sostituire in parte quella prodotta da carbone, petrolio e gas; ma ci vorrà veramente tanto tempo, nel corso del quale i danni all’ambiente saranno rilevanti, a meno che i Paesi “ricchi” non si mettano d’accordo per fare azioni davvero significative, come aiutare i Paesi in via di sviluppo in questo processo senza l’utilizzo del carbone, o ancora catturare la CO2 atmosferica piantando foreste e proteggendo ecosistemi.

Ormai è da tutti ritenuto importante il processo produttivo di energia nucleare con la fusione perché questa non emette gas a effetto serra, non lascia scorie radioattive e quindi è veramente un’energia “pulita”. Pulita tra virgolette perché un’energia totalmente “verde” in realtà non esiste; pensiamo ad esempio alla costruzione stessa degli impianti, che richiede una grande quantità di materie prime ed energia per estrarle.

A questo progetto lavorano tecnici e operai di tanti Paesi nel mondo, tra cui Giappone e Corea del Sud, India e Cina, Stati Uniti e Russia, nonché l’Europa. Le fonti dicono che non è vicino il tempo in cui questo impianto potrà produrre energia perché ancora si è nella fase primordiale degli esperimenti.

La speranza è tanta, la concretezza è poca. Tuttavia, bisogna lavorare sodo perché si arrivi all’obiettivo.
C’è da rammaricarsi per il fatto che esso sia stato perseguito con molto ritardo ed ancora su di esso non si concentrano risorse sufficienti, per quanto si suppone che occorrano più di venticinque miliardi per realizzarlo in tutto o in parte. Naturalmente la stima non ha conferme perché nessuno può parlare di una cosa sulla quale si sta ancora lavorando. Anche l’Italia contribuisce a tale iniziativa, avendo già messo circa un miliardo di euro, che però ha in contropartita forniture per circa il triplo di tale somma.
Se su questa materia così importante e decisiva per il destino del nostro Pianeta, gli Stati del mondo avessero investito sulla ricerca in materia, trenta o quarant’anni fa, probabilmente si vedrebbero i primi risultati. Ma, meglio tardi che mai.

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