“Non luogo a procedere”
Per il caso Open Arms, l’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, è stato rinviato a processo per un fatto analogo al caso Gregoretti. In quest’ultimo caso, invece, il Giudice per le indagini preliminari ha dichiarato il “non luogo a procedere” perché “il fatto non sussiste”.
Dunque, due accadimenti dello stesso tipo sono stati valutati in maniera difforme da due procure e da due giudici.
Si sa che chi deve valutare fatti, circostanze, prove e indizi, agisce in base a “scienza e coscienza”, per cui le ordinanze e le sentenze possono essere di tipo diverso per fatti analoghi.
Caso diametralmente opposto è quando un cittadino già processato per un determinato fatto, condannato o colpevole, non può essere processato di nuovo da un altro tribunale (articolo 649 del Codice di Procedura Penale).
Nonostante ciò, qualche giudice si dimentica di questa precisa prescrizione e processa lo stesso imputato per lo stesso fatto, magari arrivando a una condanna, quando nel primo caso l’imputato era stato assolto, con sentenza definitiva perché non sottoposta ad appello.
Nel caso della Gregoretti, chi ne avesse interesse potrebbe proporre ricorso per Cassazione. Staremo a vedere se ciò avverrà. Non crediamo però che la Procura proceda in questo senso perché aveva chiesto l’archiviazione.
Sembra del tutto probabile che l’avvocata di Salvini ed anche senatrice della Lega, Giulia Bongiorno, porterà l’ordinanza di Catania nel processo di Palermo, il quale, verosimilmente, durerà almeno un paio di anni. Cosicché gli avversari (o nemici) di Salvini avranno la possibilità di utilizzare l’argomento sia nella campagna elettorale delle amministrative del prossimo autunno, che in quella delle politiche nella primavera del 2023.
Dall’ordinanza di Catania, emessa dal presidente dei giudici per le indagini preliminari, Nunzio Sarpietro, il quale ha dovuto resistere (immaginiamo) alla notevole pressione di giornali ed altri mezzi di stampa, si può ragionevolmente dedurre che il comportamento dell’ex ministro sia stato motivato dal suo incarico istituzionale e, non solo, dal fatto che le sue decisioni siano state concordate con il presidente del Consiglio dell’epoca, Giuseppe Conte, e con l’altro vicepresidente, Luigi Di Maio.
Questa vicenda ci porta ancora una volta alla valutazione che l’opinione pubblica sta avendo della magistratura nel suo complesso, un ordine costituzionale fondamentale per la democrazia perché non c’è libertà senza una giustizia giusta. Ed è un vero peccato che la fiducia dei cittadini nei giudici diminuisca fortemente per la responsabilità di una parte altamente minoritaria di essi che ha trasformato la propria professione nell’esercizio del potere.
Dopo lo scandalo Palamara, il Csm ha dato ancora dimostrazione di disarticolazioni e comportamenti divisivi. L’annullamento della nomina dell’attuale capo della procura di Roma, Michele Prestipino, sia da parte del Tar del Lazio che dal Consiglio di Stato, è un altro sintomo importante di malessere.
Verosimilmente questa piccola parte di giudici che non funziona è più rappresentata nelle Procure. Tuttavia, la maggior parte dei Capi delle stesse, degli Aggiunti e dei Sostituti, segue sempre la regola etica che li induce a valutare le prove a carico e a discarico con l’imparzialità necessaria, perché essi sono comunque e sempre giudici e non semplici accusatori.
La stragrande maggioranza dei magistrati dà prova di grande onestà intellettuale e morale e lavora con abnegazione e sacrificio, come ha fatto anche in questo periodo dominato dalla maledetta epidemia. Tuttavia, non basta essere onesti ed imparziali, bisogna che i cittadini credano che essi lo siano. Ecco perché l’immagine cattiva getta un’ombra su tutti i giudici e quindi sono proprio loro che devono combatterla, rivendicando il grande ed importante lavoro che svolgono tutti i giorni.
Nelle distorsioni indicate, hanno una grande responsabilità quei giornalisti della carta stampata, di radio, televisioni e del web, amici dei facinorosi che fanno sempre catastrofismo, danno addosso a presunti innocenti che fanno passare all’opinione pubblica come presunti colpevoli e quindi, con questo comportamento, vìolano ripetutamente il Codice Etico del primo gennaio 2021.
L’Ordine dei giornalisti dovrebbe sanzionarli.