I poveri ne fanno le spese
A causa delle sanzioni alla Russia decise dall’Unione europea per mettersi al carro degli Stati Uniti, il prezzo dell’energia (gas e petrolio) è schizzato in alto in maniera vergognosa per la speculazione che è intervenuta nei diversi passaggi del prodotto.
Non appena i prezzi dei carburanti sono esplosi, la speculazione ha cominciato ad agire sui prezzi di tutti gli altri prodotti, a cominciare da quelli alimentari, per cui si è verificato un effetto boomerang, con la conseguenza che l’inflazione è schizzata fino all’undici per cento.
Successivamente alle diverse manovre effettuate dai Paesi vittime della stessa speculazione, i prezzi dei carburanti sono ritornati ai livelli normali, o quasi, e l’inflazione ha iniziato una sua discesa molto lenta, provocando una resistenza ai ribassi molto forte. Infatti, nella catena della Gdo (Grande Distribuzione Organizzata) i prezzi stentano a diminuire e continuano a pesare sulla borsa dei/delle cittadini/e.
Come molti sanno, fra i Buoni del Tesoro Poliennali ve ne è una particolare categoria che tiene conto dell’inflazione, per determinare gli interessi erogati a favore dei sottoscrittori. Cosicché, se un Btp Italia (così è denominato) ha un interesse dell’1,40 per cento (con scadenza il 26 maggio 2025), alla scadenza delle cedole semestrali si terrà conto dell’inflazione maturata, che verrà addizionata.
La conseguenza è che il rendimento lordo di questi titoli ha superato il dieci per cento (con cedola semestrale del cinque per cento), mentre ora tende a scendere in proporzione. Si tenga conto che sui titoli di Stato italiani ed europei la ritenuta fiscale è meno della metà di quella dell’aliquota ordinaria. Essa è infatti il 12,5 per cento anziché il 26.
Nonostante questo particolare vantaggio, i/le risparmiatori/trici hanno comprato pochi di questi titoli, che non hanno mai superato il tetto di 100.
Questa breve digressione sul risparmio può essere utile ai/alle cortesi lettori/trici che possono approfittare di questi titoli per diminuire il taglieggiamento che opera l’inflazione sui propri risparmi.
È infatti noto che la perdita del potere di acquisto della moneta a causa dell’inflazione consiste nel fatto che essa può comprare beni e servizi in misura minore, con la conseguenza di una contrazione dei consumi e del tenore di vita dei/delle cittadini/e.
L’inflazione ha anche un altro effetto perverso: fa aumentare i prezzi di vendita di beni e servizi all’ingrosso e al dettaglio, ma anche di macchinari e prodotti industriali, che diventano meno competitivi anche a livello internazionale.
Tutto quanto precede è la premessa per arrivare alla recessione, cioè alla diminuzione della produzione di ricchezza, misurata con il Pil, e quindi ad un peggioramento dello stato di salute dell’economia nazionale ed internazionale e con esse dei/delle relativi/e cittadini/e.
I fenomeni sono noti agli economisti ed ora anche al grande pubblico, ma questo non ha impedito di adottare provvedimenti nefasti che hanno provocato i virus dell’inflazione e della speculazione, che tanti danni stanno creando.
I governi dovrebbero pensare a come fare per ritornare alla normalità, che, secondo i parametri europei (ma anche mondiali), prevede un’inflazione fisiologica intorno al due per cento. Ma essi sono impotenti di fronte a questo fenomeno, che può essere combattuto solo dalle banche centrali. Infatti sia la Fed (Federal Reserve) che la Bce (Banca centrale europea) da circa un anno, e forse più, continuano ad aumentare il tasso primario che ha superato il cinque per cento in Usa ed è vicino al quattro in Europa. Questi tassi sono destinati ancora ad aumentare per tentare di riportare la “maledetta” entro i confini fisiologici, appunto del due per cento.
Intanto, però, l’aumento del tasso primario sta creando un ulteriore problema e cioè l’aumento del costo del denaro per le imprese e dei mutui per i/le cittadini/e; il tasso di questi ultimi è già approdato al quattro per cento, mentre per le imprese i prestiti costano il cinque/sei per cento.
Urge tornare alla normalità. Ma il prezzo da pagare è ancora alto in termini di sacrifici e di riduzione del potere di acquisto.