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J’accuse! Lo Stato Italiano

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J’accuse! Lo Stato Italiano

Giovanni Pizzo  |
venerdì 12 Gennaio 2024

Il caso dei fondi per il ponte rischia di lasciare il presidente Schifani a un bivio importante per il futuro della Sicilia: il commento.

Il famoso J’accuse di Émile Zola pubblicato sulle pagine de L’Aurore per il caso Alfred Dreyfus sta per essere forse replicato in Sicilia. Anche qui è un caso di Revanche. Andiamo ai fatti. Nelle convulse ore notturne dell’approvazione della Finanziaria regionale, complice la fatica, il sonno, l’istinto pirandelliano del Caos, è stato approvato un ordine del giorno che impegna il Governo regionale a impugnare il Bilancio dello Stato italiano di fronte alla Corte Costituzionale.

L’ordine del giorno era stato presentato dal deputato Leanza, figlio d’arte del compianto Vincenzo Leanza detto “Vicenzino”, uomo dal consenso quasi incalcolabile. Casus belli oggetto del contrasto? Lo scippo, la sottrazione, o meglio la lesione del principio di leale collaborazione tra poteri dello Stato. In sintesi i siciliani vogliono indietro i soldi del Ponte, che erano destinati a loro per altre priorità, e che il ministro Salvini ha impegnato esclusivamente per il Ponte sullo Stretto nel bilancio statale. Il primo a indignarsi per la sleale collaborazione fu lo stesso presidente Schifani, quando la notizia dei fondi siciliani per il Ponte uscì fuori. Si cominciò una caccia da parte del leader Maximo dell’opposizione, Cateno De Luca, in Segreteria Generale per trovare la delibera fantasma che deliberava su questo controverso punto.

Ad oggi non ci sono notizie del testo. Intanto ora Schifani è davanti a un bivio. O contravvenire alla votazione del Parlamento regionale che gli chiede di costituirsi in giudizio contro lo Stato, derubricando alla inutilità il ruolo del Parlamento guidato da Galvagno, o farlo, anche in conseguenza della sua primaria denuncia, rischiando di mettere a rischio la stabilità finanziaria dell’Italia, difendendo gli interessi precipui dei siciliani. Non battiamo un colpo contro lo Stato dal 1947, quando fu approvato quel forse velleitario Statuto, che via via fu tradito e stravolto. Certo un J’accuse di questa portata consegnerebbe alla Storia un personaggio come Schifani, un Davide siciliano contro un Golia rapinatore delle risorse sicule, come è stato dal 1948 in avanti. Renato Schifani diventerebbe il Masaniello siculo della Repubblica Napoletana, che durò poco, ma che rimase impresso per sempre nella memoria italica. Il dubbio sul che fare oggi nella Elsinore palermitana è amletico, un vero e proprio essere o non essere in agrodolce caponatesco. Schifani è, come Antonio, un uomo d’onore, è stato la seconda carica dello Stato, sa cosa deve fare. Forse non lo sa l’ormai inutile e sconfessabile Parlamento Siciliano, del quale son piene le fosse degli ordini del giorno, ma anche delle leggi. Autonomia addio!
Così è se vi pare.

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