La "digitalizzazione" degli affari illeciti: Messina punto d’incontro tra Cosa Nostra e N'drangheta - QdS

La “digitalizzazione” degli affari illeciti: Messina punto d’incontro tra Cosa Nostra e N’drangheta

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La “digitalizzazione” degli affari illeciti: Messina punto d’incontro tra Cosa Nostra e N’drangheta

Hermes Carbone  |
sabato 22 Giugno 2024

Messina crocevia degli affari illeciti tra Cosa Nostra palermitana, mafia catanese e cosche 'ndranghetiste calabresi.

Messina crocevia degli affari illeciti tra Cosa Nostra palermitana, mafia catanese e cosche ‘ndranghetiste calabresi. Questo quanto emerge dalla relazione semestrale della Direzione Investigativa Antimafia che traccia un quadro preoccupante per la città dello Stretto. Per gli investigatori, è a Messina che avvengono le alleanze tra più sodalizi criminali che fanno affari d’oro tra Sicilia e Calabria.

L’analisi degli elementi info-investigativi estratti dal patrimonio informativo della DIA restituisce uno scenario della criminalità organizzata italiana che conferma come le organizzazioni mafiose, da tempo avviate ad un processo di adattamento alla mutevolezza dei contesti socio-economici ed alla vantaggiosa penetrazione dei settori imprenditoriali, abbiano implementato le capacità relazionali sostituendo l’uso della violenza, sempre più residuale ma mai ripudiato, con strategie di silenziosa infiltrazione e con azioni corruttive.

La situazione in Sicilia

Ma qual è la situazione del primo approdo in Sicilia? Cosa Nostra, mafia catanese e cosche calabresi tutte riunite a banchettare in riva allo Stretto grazie alla complicità dei gruppi locali che controllano il mercato della droga sul territorio di Messina e provincia. Nel disegno che emerge in seguito alle analisi condotte da parte della DIA, la mafia messinese è in grado di adattarsi in base alle rispondenze criminali con le quali intrattiene affari d’oro.

Più in generale. si evidenziano nella relazione diversi sodalizi criminali che operano da Nord a Sud della città, ma comunque sotto la supervisione dei Romeo, con il capo condannato a 16 anni di carcere per il processo Beta contro la cupola affaristico-mafiosa che si spartiva i business delle costruzioni e dell’immobiliare a Messina. Proprio Romeo è stato considerato dai magistrati come il capo della cellula mafiosa messinese dei clan catanesi Santapaola-Ercolano.

Sotto di loro, operano i Galli – Tibia nel quartiere di Giostra. A Gravitelli, a ridosso del centro città, i Mancuso. La famiglia Lo Duca nel quartiere di provinciale e il gruppo Aspri – Trovato – Trischitta – Cuté nel rione malfamato di Mangialupi.

A risentirne non è però solo il capoluogo ma soprattutto la provincia, definita come un crocevia di traffici illeciti di ogni genere. Nel quadro provinciale, la presenza di una pluralità di anime del tessuto criminale permette da un lato di stringere alleanze, dall’altro consente invece alla mafia locale di cambiare pelle in base alla zona in cui opera. In particolare, nell’area di Barcellona Pozzo di Gotto.

L’utilizzo delle tecnologie

In questo contesto, l’uso della tecnologia assume un ruolo determinante per l’attività illecita delle organizzazioni criminali, che con sempre maggiore frequenza utilizzano i sistemi di comunicazione crittografata, le molteplici applicazioni di messaggistica istantanea e i social. Dagli esiti delle indagini concluse nel Primo semestre, emerge come la principale fonte di redditività dei cartelli criminali, al livello transnazionale, continui comunque a essere il traffico di sostanze stupefacenti, a volte gestito mediante nuovi modelli organizzativi capaci di sfruttare il web soprattutto nella fase dello smercio. Questo aspetto di “internazionalizzazione” si manifesta a tutti i livelli, anche nell’attività di cessione al minuto, in qualche caso demandata a manovalanza straniera per compiti meramente “esecutivi”.

Ancora dati su altre realtà

Nelle zone a nord-ovest della provincia di Messina, le bande locali mostrano comportamenti simili a quelli di Cosa Nostra palermitana. Invece, nel capoluogo, nella fascia ionica e nella parte sud della provincia, l’influenza dei gruppi criminali catanesi è più evidente. Inoltre, nel territorio messinese, sono frequenti le collaborazioni criminali con le ‘ndrine calabresi, che rappresentano la principale fonte di approvvigionamento di stupefacenti. Non a caso sempre più di frequente si verificano i sequestri proprio allo sbarco dagli imbarcaderi provenienti dalla Calabria. Con la “perla” della droga di Gioia Tauro che mostra in tutta la sua evidenza i costanti collegamento proprio con la Sicilia.

A livello strategico, e a proposito del principale porto calabrese per traffico commerciale, questa propensione internazionale dei sodalizi si estrinseca con la capacità di stringere rapporti con i maggiori narcotrafficanti stranieri per attivare nuovi canali di approvvigionamento dei carichi di stupefacenti. Significativi anche i segnali dell’inserimento delle consorterie nella gestione degli enti pubblici che altera il buon andamento della pubblica Amministrazione. Al riguardo, non sono mancati, sebbene limitati a precise aree del meridione, anche nel semestre in rassegna i provvedimenti di scioglimento per infiltrazione mafiosa di 3 amministrazioni comunali in Sicilia, 2 in Calabria e 1 in Puglia, a dimostrazione di come sia ancora il contesto territoriale del meridione a essere maggiormente permeabile.

Nonostante le differenze geografiche, i gruppi criminali che operano a Messina mantengono comunque una visione comune: tutti i gruppi individuati dalla DIA sono infatti interessati sia ai reati tradizionalmente associati alla mafia, sia all’infiltrazione nei settori cruciali dell’economia e della finanza. Quest’ultimo passaggio è facilitato anche da comportamenti collusivi di imprenditori, professionisti e funzionari pubblici locali che, grazie alle stecche provenienti dal malaffare, ne l’ingresso in città.

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