Scritta nel 1909, la famosa opera si rivela ancora oggi di straordinaria attualità
Ripubblicato recentemente, da Rubbettino editore, e curato da Emma Giammattei e Amedeo Lepore, “La Grande Illusione. Studio sulla potenza militare in rapporto alla prosperità delle nazioni” di Norman Angell è ancora un libro di grande attualità, soprattutto in un momento in cui la guerra incombe alle nostre porte con l’aggressione della Russia all’Ucraina, il cruento conflitto nella striscia di Gaza e i continui bombardamenti sulla popolazione civile.
Nelle pagine del libro, che fece ottenere al suo autore il Nobel per la Pace nel 1933, si ritrovano tanti dei temi dibattuti nella nostra epoca sulla pace e sui venti di guerra che spirano da più parti. È come se non fosse passato oltre un secolo da quando nel 1909 Norman Angell ha pubblicato “The Great Illusion”, per dimostrare che la guerra è la più grande illusione nel tempo della globalizzazione delle economie, della finanza e delle culture. Secondo Norman Angell le interdipendenze economiche e finanziarie, nonché i movimenti di persone, di beni e di servizi, alla base della prima globalizzazione, avevano creato un complesso intreccio di relazioni internazionali che avrebbero garantito un futuro di pace e di prosperità.
In un mondo globalizzato la guerra diventava economicamente svantaggiosa e difficilmente finanziabile e rappresentava un rischio a causa delle ingenti perdite: un evento da cui nessuno ne sarebbe uscito vincitore. Il libro è stato considerato il manifesto del pacifismo dei primi anni del Novecento, ma come scrive Emma Giammattei “non si tratta di un pacifismo socialista e nemmeno di un pacifismo religioso come quello di Tolstoj, ma di un pacifismo liberale, un pacifismo come azione, eroico, che nasce dalla riflessione sull’interdipendenza economica delle nazioni europee”.
Per Angell, per vincere una guerra bisognava non intraprenderla poiché a perdere non sarebbero stati soltanto i vinti, ma anche i vincitori, e le conseguenze della guerra, i suoi disastri, l’interruzione degli scambi commerciali, la perdita della libertà, del rapporto di interdipendenza tra le nazioni avrebbero trascinato tutta l’umanità verso il regresso, verso la fine dell’Europa con la perdita dei suoi valori fondanti e la dissoluzione economica di vincitori e vinti. Alla luce della sua analisi non si capisce il senso dell’aggressione della Russia all’Ucraina e del conflitto nella striscia di Gaza che sta mietendo migliaia di vittime tra i civili, non sta risparmiando donne, anziani, ammalati e bambini, e sta innescando una escalation militare.
Per un pacifista come Angell, l’idea di combattere il terrorismo uccidendo la popolazione civile, appare non solo completamente priva di logica, ma anche economicamente assurda ed eticamente deplorevole. Per non parlare del Sudan dilaniato da una strisciante guerra civile.
“La Grande illusione – come scrive Amedeo Lepore – si colloca nel filone di un liberalismo nuovo, un liberalismo che guarda al secolo che si apre con preoccupazione ma anche con fermezza di orientamento. La modernità del pensiero di Norman Angell sta nella sua collocazione storica, ma anche nella sua visione di futuro, di condanna di ogni guerra e di auspicio della pace. Secondo Emma Giammattei si tratta di un libro chiave e un libro ombra di tutto il Novecento, che ha avuto venticinque edizioni in varie lingue: è stato molto letto, molto recensito, ma conserva ancora una sua misteriosa e continua attualità e inattualità.