L’aggettivo “concreto” e le violazioni meramente formali - QdS

L’aggettivo “concreto” e le violazioni meramente formali

Salvatore Forastieri

L’aggettivo “concreto” e le violazioni meramente formali

sabato 31 Agosto 2024

Le conseguenze derivanti dall’aggiunta di questa parola nel Decreto legislativo numero 87 datato 14 giugno del 2024. Non punibili le mancanze che non arrecano effettivo pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo del Fisco

ROMA – Tra le novità del Decreto legislativo n. 87 del 14 giugno 2024, riguardante il nuovo assetto del sistema sanzionatorio tributario, sia quello penale (entrato in vigore in data 29 luglio 2024) che quello amministrativo (entrato in vigore in data 1 settembre 2024), ed emanato in attuazione della legge delega sulla riforma tributaria di cui alla Legge n. 111 del 9 agosto 2023, c’è anche l’aggiunzione della parola “concreto” alla norma, in vigore dal 20 marzo 2001, di cui al comma 5 bis dell’articolo 6 del Decreto legislativo 472/1997 (“cause di non punibilità”).

Parliamo della disposizione che prevede, grazie all’aggettivo recentemente aggiunto, che “non sono inoltre punibili le violazioni che non arrecano CONCRETO pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo e non incidono sulla determinazione della base imponibile, dell’imposta e sul versamento del tributo”. Quindi, la sanzione amministrativa non si applica tutte le volte in cui la violazione commessa non ha comportato sottrazione di base imponibile e del relativo tributo, nonché arrecato “concreto” pregiudizio all’attività di controllo del Fisco.

Cause di non punibilità

Torna utile ricordare, a questo punto, che il citato articolo 6 del Dlgs 472/97 prevede alcune “cause di non punibilità e, più precisamente: l’errore incolpevole sul fatto; l’errore di diritto per ignoranza inevitabile della norma tributaria; l’obiettiva incertezza sulla norma; il mancato pagamento addebitabile a terzi e denunciato all’Autorità giudiziaria; la forza maggiore; e infine l’esistenza di una violazione ‘meramente formale’”.

Con riguardo ai tipi di violazioni amministrative esistenti, torna altrettanto utile ricordare che queste ultime possono essere, “sostanziali”, “formali” e “meramente formali”. Le prime, evidentemente, sono quelle che hanno comportato sottrazione di materia imponibile e, conseguentemente, evasione d’imposta. Quelle formali, invece, sono quelle che, pur senza determinare immediatamente evasione, violando una precisa disposizione di legge, arrecano ostacolo alle procedure di controllo (nel concetto generale) degli Organi cui è demandata la verifica della regolare applicazione delle disposizioni tributarie dei contribuenti e la riscossione, anche coattiva, dell’imposta non tempestivamente versata all’Erario. Nel primo caso la sanzione è prevista in misura proporzionale all’imposta evasa. Nel secondo caso, invece, è fissata tra limiti minimi e massimi predefiniti, senza un (impossibile) riferimento all’imposta o all’imponibile. Quelle “meramente formali”, infine, sono quelle (evidentemente di natura formale) che sono prive di ogni offensività dei beni giuridici tutelati e non solo perché non comportano evasione, ma anche perché non ostacolano la normale attività di controllo del fisco e, per questi motivi, sono esclusi dall’applicazione della sanzione.

In realtà non sempre è facile stabilire se una violazione formale sia sanzionabile, oppure non lo è, trattandosi di violazione che non ha ostacolato l’attività del Fisco. Al riguardo la Corte di Cassazione, prima con Sentenza n. 16450 del 10/06/2021 e poi con altra sentenza n. 28938 del 17/12/2020, ai fini della distinzione tra violazioni formali e violazioni meramente formali, oltre a confermare i criteri che distinguono le tre tipologie di violazioni tributarie così come precedentemente enunciate, ha pure rilevato che la valutazione “deve essere eseguita alla stregua dell’idoneità ex ante della condotta a recare il detto pregiudizio all’esercizio delle azioni di controllo, previo inquadramento della condotta stessa nel paradigma normativo di riferimento”.

Sempre secondo la Corte, il criterio su indicato è solo tendenziale. La valutazione della natura sostanziale o formale (non meramente formale) della violazione non risponde infatti ad un criterio normativo rigido e indeclinabile, ma postula un riscontro in concreto sull’offensività della condotta rispetto al bene giuridico costituito dalla corretta quantificazione dell’imponibile o dell’imposta nelle sue diverse accezioni. Un concetto, quest’ultimo, coerente e strettamente legato con il principio di proporzionalità delle sanzioni alle violazioni commesse, diverse volte richiamato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea.

Insomma, il Legislatore ha giustamente previsto la causa di non punibilità per le violazioni che non creano nessun problema nella corretta applicazione delle norme tributarie, ma un margine di dubbio resta sempre sulla corretta determinazione del confine tra violazione forma e violazione meramente formale. Dubbio che, evidentemente, è stato riconosciuto dallo stesso Legislatore della Riforma, visto che è stato ritenuto necessario aggiungere, alle parole “pregiudizio all’attività di controllo del Fisco” l’aggettivo “concreto”.

In verità non sembra che questa nuova previsione normativa possa essere sufficiente per eliminare tutte le perplessità esistenti. Servirà, comunque, a circoscrivere l’ambito di applicazione della causa di non punibilità e, contemporaneamente, escludendo alcune situazioni sulle quali finora potevano esserci margini di discussione, potrà rafforzare il principio di non punibilità in altre situazioni dove il caso concreto porta a escludere non solo l’evasione, ma anche l’impedimento della normale attività di controllo e di repressione delle violazioni tributarie dell’Agenzia delle Entrate e degli altri Enti impositori.

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