Smart working per lavorare in "paradiso", le mete possibili - QdS

Smart working per lavorare in “paradiso”, le mete possibili

Smart working per lavorare in “paradiso”, le mete possibili

mercoledì 06 Gennaio 2021

Una workation in un paradiso terrestre può diventare realtà. Non solo per smart worker dipendenti, anche per liberi professionisti. Ecco le mete possibili, dai Caraibi ai Paesi Ue più ambiti. Per un periodo dai 3 mesi ai 4 anni.

Il Coronavirus ha cambiato il mondo del lavoro e, per molti, ha rappresentato la prima vera occasione per sperimentare lo smart working. Tra i vantaggi del lavoro flessibile, l’opportunità di essere svolto da qualsiasi parte del mondo. Oggi è possibile trasferirsi in un paradiso terrestre, senza perdere il proprio impiego.

Tecnologia 4.0, dall’industria al mondo del lavoro

Sembra ormai lontanissimo l’anno 2011, quando Henning Kagermann, Wolf-Dieter Lukas e Wolfgang Wahlster introducevano il concetto di “Industria 4.0” alla Fiera di Hannover. Spiegando la necessità di investire su infrastrutture, scuole, sistemi energetici, enti di ricerca e aziende per ammodernare il sistema produttivo e rendere la manifattura tedesca competitiva a livello globale.
A distanza di soli 4 anni dal progetto “collaterale” del governo RenziImpresa 4.0” – con il quale si è tentato di incentivare lo sviluppo tecnologico – ci si ritrova a parlare di “lavoro 4.0” come mai ci si era aspettato di fare.

Matteo Renzi alla presentazione di “Industria 4.0” il 21 settembre 2016, a Milano

Digitalizzazione e trasformazione tecnologica sembrano aver accelerato inesorabilmente la loro corsa a seguito della pandemia. Persino gli uffici della Pa più restii alle innovazioni, si sono dovuti adeguare come meglio hanno potuto per erogare i loro servizi. Le Pmi hanno applicato strategie di problem solving che non avrebbero mai previsto, nell’ambito di un tessuto economico e sociale completamente stravolto.
L’incertezza ha coinvolto soprattutto i lavoratori che – al netto dei sussidi messi a disposizione dal Governo – si sono dovuti adattare, acquisendo particolari competenze per continuare a sopravvivere. Alcuni hanno continuato a lavorare “a distanza” per l’impresa che li aveva precedentemente impiegati, altri hanno colto la palla al balzo per trasformare la propria professione, puntando solo sulle loro forze e servendosi delle nuove tecnologie per raggiungere i potenziali clienti di tutto il mondo. Digital marketing, call conference e social media allargano gli orizzonti del network e del mercato di riferimento.

Smart working, competenze e opportunità per l’autonomia

Competenze, progettazione, tecnologia, comunicazione e rapida flessibilità sembrano gli elementi imprescindibili per ritagliarsi un posto all’interno del mercato del lavoro. Senza più i “vecchi limiti”, per lo più culturali, che rendevano possibile un impiego soltanto in un determinato luogo fisico e in precise fasce orarie. Dipendenti e liberi professionisti sono sempre più orientati agli obiettivi, piuttosto che alle singole mansioni. E desiderano raggiungerli in maniera autonoma. Tanto che è sempre più comune il ricorso ai cosiddetti “business coach“, per mettere in atto le strategie più funzionali ai propri scopi e per combinare insieme soft e hard skills.

Tra le più importanti aziende sostenitrici dello smart working da diversi anni, Facebook, Amazon, Netflix, Google, WordPress, Basecamp, Upworthy, Buffer, GitHub. Dunque, esistono grandi opportunità anche per coloro che – attualmente – sono alla ricerca di un nuovo lavoro.
Lo smart working non offre vantaggi soltanto ai lavoratori: una recente indagine di Svimez, mostra come le aziende si siano dette soddisfatte per aver potuto ridurre i costi fissi delle loro sedi fisiche e aver raggiunto maggiore flessibilità nella gestione degli orari di lavoro.
Sempre Svimez, mette in luce le grandi potenzialità del lavoro flessibile sul sostegno dell’economia delle regioni meno sviluppate del Sud (il cosiddetto “South working“): dall’inizio della pandemia, sarebbero almeno 45 mila le persone del Sud che lavorano per le grandi imprese del Centro-Nord. E che continuano così a favorire i consumi sul proprio territorio, risparmiando pure sulle spese di trasferimento.

Lavorare in “paradiso” con un pc, oggi si può

Il beneficio dell’accoglienza è stato recepito anche all’estero. Proprio per sostenere la propria economia, moltissimi Paesi hanno deciso di invitare gli smart worker di tutto il mondo per un “soggiorno di lavoro”. A patto che – nella maggior parte dei casi – dimostrino di aver già terminato gli studi nel proprio Paese d’origine, di essere coperti da un’assicurazione sanitaria e di avere i mezzi necessari al proprio sostentamento. Grazie a queste nuove politiche, si può realizzare – anche per diversi anni – il sogno di lavorare con un pc davanti allo scenario del proprio paradiso preferito.

Caraibi

Clima tropicale, spiagge dal mare cristallino e fenicotteri rosa. Miracoli della natura di cui possono usufruire gli smart worker che scelgono i Caraibi.
A Barbados si può richiedere un visto di 12 mesi, se si dimostra di percepire un reddito minimo di 50 mila dollari o di avere quanto basta per vivere. Il costo per il visto è di 2 mila dollari per i single e 3 mila dollari per le famiglie. Antigua e Barbuda chiedono gli stessi requisiti, a prezzi simili: 1500 euro per i single, 2000 euro per le coppie, 3000 euro per le famiglie.

Anche ad Anguilla si può fare lo stesso, pagando 1694 euro se si è single, 2500 euro se si è una famiglia di massimo 4 persone. Occorrono 212 euro per ogni membro aggiuntivo. Nel caso si volesse soggiornare per meno di 3 mesi, bastano 847 euro se si è da soli, mentre 1271 euro se si è una famiglia di massimo 4 componenti. Invece, la Giamaica apre le sue porte agli smart worker per un massimo di 6 mesi.

Una spiaggia caraibica

Bermuda

L’isola britannica di Bermuda – conosciuta anche come Bermude – si trova nell’Oceano Atlantico settentrionale ed è costituita da circa 300 isolotti. È pure nota per essere considerata un “paradiso fiscale”.
Offre un visto di 12 mesi – con possibilità di rinnovo -, assieme all’opporunità di iscrivere i propri figli a scuola (sia pubblica che privata). Purché i richiedenti siano in possesso di assicurazione sanitaria e di un impiego dimostrabile.

Isole Cayman

L’arcipelago britannico delle Cayman è la meta ambita da coloro che amano il climica tropicale umido e secco e scoprire rarissime specie animali, come l’iguana azzurra e il Sula dai piedi rossi. Ma anche da chiunque volesse provare l’esperienza di vivere come “naufrago” (a Owen Island).
Le Isole Cayman offrono un permesso di soggiorno valido fino a 24 mesi agli smart worker in possesso di un reddito annuo pari a 100 mila dollari se single, 150 mila dollari se in coppia, 180 mila dollari se appartenente a un nucleo familiare.

Le razze che abitano i fondali delle Cayman

Isole Fiji

Il famoso arcipelago a Sud del Pacifico, territorio d’oltremare dell’Inghilterra, è al 100% protetto e presenta un clima subtropicale. Le Isole Fiji sono disposte a ospitare esclusivamente smart worker che possano acquistare un pacchetto in un resort di lusso. Ma i prezzi partono dai 490 mila dollari per un soggiorno di 7 notti.

Maldive

Una spiaggia delle Maldive

Una politica simile a sostegno del comparto alberghiero è adottata dall’arcipelago delle Maldive, nell’Oceano Indiano a sud-ovest dell’India. Ma qui un soggiorno di un anno in un hotel di lusso lo si paga, in virtù dell’attuale periodo storico, quanto un soggiorno in un b&b.
Il clima monsonico tipico delle isole è perfetto per chi non ama l’escursione termica: le temperature, infatti, si mantengono sempre tra i 26 e i 31°C.

Isole Hawaii

L’arcipelago americano delle Isole Hawaii – quasi tutte di origine vulcanica – ha una storia quasi romantica. Basti pensare che le isole siano emerse dal mare a seguito di tante eruzioni vulcaniche. Erano prive di forme di vita, finché vento e uccelli non portarono i semi dai quali nacque una grande foresta. Altre piante e animali furono integrati dai polinesiani. La fauna non ha mai sviluppato forme di aggressività/difesa perché priva di predatori. Le recenti migrazioni, infatti, hanno comportato il rischio di estinzione per diverse specie.

Qui 50 smart worker richiedenti permesso di soggiorno hanno appena ricevuto l’autorizzazione da parte del governo, che ha persino fornito loro un volo gratis di andata e ritorno. Presto si apriranno nuove selezioni.

Messico

Gli Stati Uniti Messicani presentano una grandissima varietà di climi e paesaggi. E sono pure la patria del 12% della biodiversità globale, con le loro 200 mila specie differenti. La loro cucina è così apprezzata da essere entrata a far parte del Patrimonio dell’umanità dell’UNESCO.
In Messico è possibile ottenere – senza particolari giustificazioni – un visto turistico valido per 6 mesi. E un visto di residenza temporaneo per 12 mesi, rinnovabile per 3 volte (quindi, per 4 anni totali), al costo di soli 35 euro.

Emirati Arabi Uniti

Oggi si può lavorare dalla tanto agognata Dubai. Ottenendo un visto di 12 mesi al prezzo di 287 dollari. A patto, però, che si possegga un’assicurazione medica e che si guadagnigno almeno 5 mila dollari al mese. Una volta ricevuto il permesso di soggiorno, si può aprire un conto bancario locale, ricevere un proprio numero di telefono e l’accesso a internet, così come iscrivere i propri figli a scuola.

La costa di Dubai

Possibilità per cittadini UE

A rilanciare la propria economia attraverso iniziative d’accoglienza, tanti Paesi europei. L’Islanda offre un permesso di soggiorno valido per 6 mesi agli smart worker con reddito minimo mensile di 6200 euro (8000 euro se si è in famiglia).

Le restrizioni per arginare la diffusione dei contagi hanno interrotto i normali flussi turistici all’interno dell’Ue e hanno sospeso i progetti ERASMUS degli universitari più intraprendenti. Ma il trasferimento in un Paese Ue diverso dal proprio è abbastanza “semplice” per i cittadini europei. Soprattutto se già in possesso di un lavoro flessibile.
Per esempio, l’Estonia ha aperto le porte agli smart worker (freelance e impiegati) di tutto il mondo. Purché dotati di assicurazione sanitaria e in grado di dimostrare di aver percepito un reddito mensile di almeno 3504 euro lordi nei sei mesi precedenti alla domanda. Il visto costa solo 100 euro. Ma i cittadini Ue non hanno bisogno di alcuna autorizzazione per un soggiorno di massimo 3 mesi.

Ivana Zimbone

Uno scorcio della città di Tallin

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