Si ottiene pagando solo parte del valore della controversia: novità introdotta dalla L. 130/22. Ma solo se il contribuente non è stato soccombente nei precedenti gradi di giudizio
ROMA – La volta scorsa abbiamo parlato della novità contenute nella recente Riforma della Giustizia Tributaria (legge 130 del 31 agosto 2022).
Questa volta è opportuno ricordare la possibilità, concessa dalla legge (l’articolo 5, comma 14), di definire in modo agevolato le liti pendenti in Cassazione, ma a condizione che i contribuenti non siano stati integralmente soccombenti nei precedenti gradi di giudizio (quelli di merito).
Più in particolare, per le controversie pendenti in Cassazione di valore non superiore a 100.000 Euro e per le quali l’Amministrazione Finanziaria è risultata sempre soccombente (in primo ed in secondo grado), la definizione si ottiene col pagamento del solo 5% del valore della lite. Un importo abbastanza basso in relazione al probabile esito negativo per l’Ufficio stante le precedenti pronunce favorevoli alla parte contribuente.
Per le controversie pendenti in Cassazione, di valore non superiore a 50.000 Euro, per le quali l’Amministrazione Finanziaria è stata soccombente in uno solo dei gradi di giudizio (di primo e di secondo grado), la definizione si ottiene col pagamento del 20% del valore della lite, un importo superiore al primo anche perché anche una sola vittoria nei gradi di giudizio di primo me di secondo grado, statisticamente consente di presumere una più elevata percentuale di vittoria dell’Ufficio.
Evidentemente, per lo stesso motivo, in Caso di soccombenza totale del contribuente in entrambi i gradi di giudizio in Commissione Provinciale ed in Commissione Regionale, la legge non prevede alcuna possibilità di definizione.
Il valore della controversia è quello determinato ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, nel senso che si tiene conto dell’importo dell’imposta che ha formato oggetto di contestazione in primo grado, al netto degli interessi, delle indennità di mora e delle eventuali sanzioni collegate al tributo, anche se irrogate con separato provvedimento; in caso di liti relative alla irrogazione di sanzioni non collegate al tributo, delle stesse si tiene conto ai fini del valore della lite.
La definizione, alle condizioni prima citate, e sempre che non esista sentenza definitiva, è ammessa per le controversie pendenti alla data del 16 settembre 2022, ossia per quelle per le quali il ricorso in Cassazione stato notificato alla controparte non oltre quella datata (entrata in vigore della legge 130/22).
Intanto l’Agenzia delle Entrate ha già approvato il modello di presentazione della domanda di definizione con il provvedimento n. 356446 del 16 settembre 2022.
La domanda va presentatala, tramite Pec dell’Ufficio destinatario (parte del giudizio) per ogni controversia pendente in Cassazione, nel periodo che va dal 16 settembre 2022 al 16 gennaio 2023.
La definizione, comunque, è sempre subordinata al pagamento della somma prevista dalla legge, in unica soluzione e senza possibilità di compensazione. A tal fine, l’Agenzia delle Entrate, con Risoluzione n. 50 del 23 settembre scorso, ha indicato i diversi codici tributo da indicare nei modelli F24 che andranno a corredare ciascuna delle istanze di definizione presentate.
Queste sono alcune delle disposizioni contenute nella legge di riforma delle Giustizia Tributaria.
Anche questa volta, comunque, così come già detto altre volte, si poteva fare di più, tentando di smaltire l’enorme magazzino di controversie pendenti anche presso le attuali Corti di Giustizia Tributaria (le vecchie Commissioni Tributarie) di primo e di secondo grado.