Duecento uomini impegnati, svelato l'asse tra Cosa nostra e il clan Gambino. Tra i 19 arresti e fermi disposti dalla Dda di Palermo, gli Inzerillo e il sindaco di Torretta. Storie della vecchia mafia. Come gli Inzerillo si sono ripresi il mandamento
Più di duecento uomini della Squadra Mobile di Palermo, del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato e del Federal Bureau of Investigation (Fbi) di New York hanno eseguito provvedimenti d’arresto e fermi, disposti dalla Dda del capoluogo siciliano, di boss e gregari del mandamento mafioso di Passo di Rigano (Palermo).
Il blitz “New connection” e l’asse Palermo-New York
Il blitz, denominato “New connection”, ha svelato il forte legame tra Cosa Nostra palermitana e la criminalità organizzata statunitense, in particolare il potente Gambino Crime Family di New York.
Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata, concorso esterno in associazione mafiosa, trasferimento fraudolento di valori aggravato, concorrenza sleale aggravata dal metodo mafioso.
Gli uomini d’onore e la gestione degli affari
L’inchiesta, coordinata dalla Dda guidata dal procuratore Francesco Lo Voi, ha fatto emergere anche la forte capacità pervasiva, da parte della famiglia mafiosa di Passo di Rigano, sull’economia del quartiere.
Ciascun uomo d’onore, nel clan, aveva un ruolo e una mansione specifica nella gestione degli affari.
Nel mandamento, inoltre, ogni attività economica – dalla fornitura alimentare, all’ingrosso, alla gestione dei giochi e delle scommesse online – era controllata dalla mafia che gestiva anche il racket delle estorsioni.
Arrestato anche il sindaco di Torretta (Palermo)
Tra i 19 arrestati nel blitz antimafia c’è anche un sindaco.
Si tratta di Salvatore Gambino, primo cittadino di Torretta, un paese della provincia di Palermo.
Gambino accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Tornati al potere gli sconfitti da Riina
Nel quartiere di Passo di Rigano avevano ricostituito la loro roccaforte importanti esponenti della famiglia mafiosa degli Inzerillo, una storica cellula criminale palermitana decimata dal capomafia Totò Riina negli anni Ottanta del Novecento, durante la seconda guerra di mafia.
E’ uno dei particolari dell’inchiesta della Dda di Palermo che oggi ha portato ad arresti e fermi.
Gli esponenti della famiglia Inzerillo, costretti a rifugiarsi negli Usa, rientrati in Italia nei primi anni 2000, avevano ricostituito le fila della famiglia, anche grazie al ritrovato equilibrio con i vecchi nemici.
Di nuovo in cella gli Inzerillo
Tra i 19 arrestati ci sono Francesco e Tommaso Inzerillo, rispettivamente fratello e cugino di Totuccio Inzerillo, boss ammazzato dai Corleonesi di Totò Riina nella guerra di mafia degli anni ’80.
Gli Inzerillo erano stati arrestati nell’operazione Gotha e poi scarcerati.
Le vecchie storie di Cosa Nostra degli anni Ottanta
Con questo blitz, insomma, tornano le vecchie storie di Cosa nostra come la fuga negli Usa del clan Inzerillo, sterminato dal boss Totò Riina nella guerra di mafia degli anni ’80 e costretto all’esilio.
Parlando con un altro mafioso residente in America, Tommaso Inzerillo, esponente della storica famiglia, oggi arrestato, ricordava la fuga negli Usa. Fuga da cui poi derivò il soprannome di “scappati” dato agli esponenti della sua famiglia.
“Il divieto era da allora, come ti stavo dicendo, è una situazione di mio cugino, che alcuni se ne stanno andando in America… Altri, per dirti che qua c’è, siamo tutti bloccati, siamo grandi. Ora vediamo, ora con questa morte (si riferisce a quella di Totò Riina, ndr)… Lo vedi se Dio ce ne scampi fosse morto mio cugino e Stefano (Bontade, ndr) restava vivo”.
“Bontade li azzerava, con centoventi picciotti!
Il riferimento è alla possibile vendetta che Stefano Bontade, capomafia di Villagrazia trucidato da Riina, avrebbe messo in atto se fosse rimasto vivo.
“Quello, vedi che li azzerava”, risponde l’interlocutore.
“Minchia… Mamà… Cento picciotti… Centoventi erano con lui”, commenta Inzerillo.
Sequestrati beni per tre milioni di euro
Nel corso dell’operazione di polizia sono stati sequestrati beni per oltre tre milioni di euro tra mobili, immobili e quote societarie.
I particolari dell’operazione in una conferenza stampa
Ulteriori dettagli sull’inchiesta sono stati forniti in una conferenza stampa in Procura a Palermo.
“A noialtri il polso non ce lo deve toccare nessuno, neanche se viene il Papa dall’America o viene San …, no! Nessuno. Non ci passo più…” diceva, non sapendo di essere intercettato, Tommaso Inzerillo, cugino del boss Totuccio, morto ammazzato dal padrino corleonese nella mattanza degli anni ’80.
Cacciato dagli Usa, riarrestato in Italia ha scontato la sua pena e si è ripreso il mandamento di Passo di Rigano.
Un’ascesa fermata però dagli investigatori che oggi l’hanno arrestato insieme ad altri 17 boss e gregari del clan.
Nomi vecchi tornati agli onori della cronaca nell’inchiesta della Dda “New Connection” che racconta gli affari e le alleanze degli Inzerillo e di un altro storico clan: quello dei Gambino di New York, fedeli alleati degli “scappati” negli anni dell’esilio.
Gli Inzerillo e le scommesse abusive
Inzerillo, arrestato col cugino Francesco, figlio del boss assassinato Totuccio, era proprietario, di fatto, di diverse agenzie di scommesse abusive in città, di un negozio di ingrosso alimentare ‘Sicily in Food’, attraverso il quale imponeva la fornitura di prodotti ai rivenditori della zona.
A lui gli abitanti di Passo di Rigano si rivolgevano per la soluzione di dissidi privati, riconoscendogli l’autorità. Come quando un medico che aveva una causa legale con una ex segretaria gli chiese di convincere la donna a ridurre le sue pretese economiche.
“Io rispetto di più a te che tanti professori che si sentono e sono uno più fango dell’altro, con tutta la laurea che hanno…”, gli diceva il medico. “Ci corteggiano tutti a noialtri”, commentava Masino invitato anche a partecipare al summit in cui si tentò di ricostituire la Commissione provinciale di Cosa nostra.
Lo spauracchio del pentimento delle nuove leve
Ma Inzerillo preferì mandare un suo uomo, Giovanni Buscemi, anche lui arrestato, temendo che le nuove leve di Cosa nostra, una volta finite in manette, non avrebbero retto il carcere e si sarebbero pentite.
Negli Usa gli “scappati” avevano creato una joint venture internazionale del crimine organizzato insieme a personaggi come Simone e Calogero Zito, pure loro finiti in cella, e sponsor di Salvatore Gambino, sindaco di Torretta accusato di concorso esterno.
Il Gip, il rapporto simbiotico tra Gambino e gli Zito
Gambino, che è stato sospeso dal prefetto di Palermo, secondo il gip aveva un “rapporto perfettamente simbiotico con gli Zito nelle scelte relative alle alleanze, alle tattiche politiche, ai soggetti da inserire in lista quali candidati alla carica di consigliere comunale ed alla nomina dei tecnici”.
“Noialtri non è che possiamo dormire a sonno pieno perché nel momento che noi ci addormentiamo a sonno pieno può essere pure che non ci risvegliamo più!! Non è finito niente, questi i morti li hanno sempre per davanti”, diceva il boss palermitano Nino Rotolo che ha strenuamente tentato di impedire il ritorno degli Inzerillo, certo che prima o poi si sarebbero vendicati della violenza subita. Ma la memoria di Cosa nostra, quando conviene, è corta.
Come gli Inzerillo si sono ripresi il mandamento
“La crisi seguita alle indagini degli anni ’90, che hanno condotto all’arresto di tutti i capifamiglia della Commissione di Palermo – scrive il gip – aveva portato l’associazione mafiosa ad aprirsi necessariamente all’apporto di chi aveva perso nella seconda guerra di mafia”.
E gli Inzerillo si sono ripresi il mandamento con il consenso di chi, come i Sansone, fedelissimi di Riina, e il nemico storico Settimo Mineo, aveva fatto loro la guerra.