Manovra 2024, uscite certe ma entrate fittizie perché la crescita economica è sovrastimata - QdS

Manovra 2024, uscite certe ma entrate fittizie perché la crescita economica è sovrastimata

Manovra 2024, uscite certe ma entrate fittizie perché la crescita economica è sovrastimata

Pina Travagliante  |
giovedì 11 Gennaio 2024

Finanza “allegra” e progressivo incremento del deficit, la politica finanziaria da Agostino Magliani a Giancarlo Giorgetti. “La spesa per interessi passivi passerà dai 78 miliardi del 2023 ai 104 miliardi del 2026”

Per finanza allegra, storicamente, si intende la politica finanziaria, inaugurata da Agostino Magliani (ministro delle Finanze e del Tesoro dal 1877 al 1888) in contrapposizione con la “politica della lesina” perseguita dal suo predecessore Quintino Sella, che consisteva nella costante espansione della spesa pubblica mediante misure straordinarie e attraverso un aumento del deficit.

Il continuato accrescimento del deficit del bilancio statale, unito alla crisi agraria e alla spese belliche per le campagne coloniali in Africa, attirarono a Magliani numerose critiche provenienti da esponenti politici sia di Destra che di Sinistra.

Come è noto, nel 1888 Magliani fu costretto a dimettersi poiché in tanti, pur essendo contrari alla politica della lesina, erano preoccupati per la finanza allegra del ministro in quanto non aveva proporzionato le uscite alla potenzialità economica della nazione con la conseguenza di danneggiare, oltre l’economia finanziaria dello Stato, l’intera economia generale e pesare sulle future generazioni.

Peraltro, il “maglianismo”, categoria usata per screditare la finanza allegra, aveva determinato nel bilancio italiano un continuo aumento delle spese intangibili, cioè delle somme destinate al pagamento degli interessi del debito pubblico.

Assai simili, con i dovuti distinguo, le critiche che vengono mosse dagli addetti ai lavori alla manovra del 2024 che, pur essendo stata definita espansiva, in realtà è costruita su previsioni di crescita eccessivamente ottimistiche (+1,2% nel 2024 secondo il governo, a fronte delle previsioni dei centri di ricerca più accreditati e di una stima tra +0,4% e +0,9%).

Inoltre, è finanziata largamente in deficit (15,7 miliardi nel 2024, due terzi della manovra di 24,2 miliardi al netto degli effetti fiscali) ed è fortemente condizionata da incognite quali l’andamento dei tassi di interesse (la spesa per interessi passivi è prevista in crescita da 78,4 miliardi nel 2023 a 104,4 miliardi nel 2026) e le future regole di governance economica dell’Unione Europea.

In parole povere, mentre le uscite sono certe e già stabilite, le entrate sono per gran parte fittizie perché la crescita è stata sovradimensionata, stipendi e salari sono aumentati meno dei prezzi, le spese per interessi sonocresciute (di 4 punti) e se i tassi di interesse non dovessero scendere, l’ipoteca sul futuro di 15 miliardi di euro è davvero penalizzante e peserà sulle spalle delle future generazioni. Per non parlare dei tagli ai fondi contro la povertà e della spesa sanitaria che nel 2024 tornerà al livello di spesa, in rapporto al Pil, di prima del Covid.

Certo, il ministro Quintino Sella aveva lasciato a Magliani i conti in ordine, mentre il ministro Giorgetti ha ereditato dai governi precedenti, sia di destra che di sinistra, una pesante situazione debitoria accompagnata, nell’ultimo periodo, da una forte inflazione e da tassi di interesse alle stelle. Una coperta troppo corta, come riconoscono anche gli stessi oppositori di Giorgetti, che se la tiri da un lato rischi di scoprire l’altro, sotto la nube minacciosa di guerre ancora lungi dal dissolversi.

E mentre il Papa invoca il cessate le armi, l’onorevole Emanuele Pozzolo ha pensato bene di recarsi armato al veglione di Capodanno.

Pina Travagliante
Professore ordinario di Storia del pensiero economico presso l’Università degli Studi di Catania

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