Il segretario dell’Ugl Sicilia sul mare conteso e senza regole: “Ue ad oggi poco incisiva”. I pescherecci siciliani rischiano grosso, servono accordi di cooperazione internazionale
PALERMO – La guerra c’è e sarebbe necessario prenderne atto con risposte concrete. Le parole, in tanti anni, si sono sprecate, così come le dichiarazioni d’intenti, ma il mare rimane una sfida quotidiana per i pescherecci siciliani. È il mare conteso del Mediterraneo, ricco di pesci ma senza regole, con le autorità libiche, ma non solo, che passano spesso alle vie di fatto. Sparano sulle imbarcazioni e quando possono le sequestrano.
L’Ugl Sicilia è stanca delle parole e delle dichiarazioni d’intenti. Ma non fa propaganda. Il problema è complesso. Il suo segretario regionale Giuseppe Messina lo conosce bene anche perché è mazarese e nella sua città c’è la prima marineria d’Italia.
Perché non si riesce a fermare la guerra del pesce? C’è qualcuno che ci guadagna?
“Semplice, delimitare i confini in alto mare non è come alzare un muro per definire la proprietà di un terreno. Eppure la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare adottata a Montego Bay il 10 dicembre 1982, e introdotta a partire dal 1995 in Italia, delinea il quadro giuridico sul quale è strutturato, dal punto di vista giurisdizionale, lo spazio marittimo. è il trattato internazionale che definisce i diritti e le responsabilità degli Stati nell’ambito dell’utilizzo dei mari e degli oceani, definendo linee guida che regolano le trattative, l’ambiente e la gestione delle risorse. Nel Mediterraneo da oltre settant’anni assistiamo passivamente alle scorribande di pirati, o militari, con ordini precisi di sequestrare i natanti da pesca siciliani, spesso e volentieri bloccati in acque internazionali. Ed è proprio qua che ha origine la questione della guerra del pesce. I tunisini hanno chiuso un tratto di mare fuori dalle loro acque territoriali conosciuto con il nome di Mammellone decidendo unilateralmente di vietare la pesca alla flotta siciliana senza estendere lo stesso limite ai pescherecci nazionali. La Libia, nel 2005, ha proclamato una Zona di Protezione della Pesca che si estende per 62 miglia a partire dal limite esterno di 12 miglia delle acque territoriali, inclusa la linea di chiusura del Golfo della Sirte, oltre ad aver istituito, con atto unilaterale, la Zona economica esclusiva di 200 miglia marine nel 2009 senza lacuna notifica alla comunità internazionale. Ed ampliando il ragionamento lo scenario che potrebbe emergere è preoccupante perché se tutti gli Stati rivieraschi istituissero proprie Zee non vi sarebbero più aree di acque internazionali, considerato che in nessun punto del Mediterraneo le coste degli Stati frontisti distano tra loro più di 400 miglia. Non c’è più tempo da perdere e la questione della guerra del pesce, all’interno di uno scenario mediterraneo complicato, liquido, di grande instabilità e conflittualità, non è più rinviabile. Farebbe bene l’Unione Europea, che esplica la politica estera per i Paesi aderenti, ad individuare tempi, modalità e procedure per la definizione di accordi di cooperazione internazionale anche per la regolamentazione dell’attività di pesca per provare a prevenire accadimenti che potrebbero sfociare in situazioni drammatiche”.
Questione politica che deve risolvere l’Europa?
“È chiaro che la questione è squisitamente politica e l’Unione Europea non può più sfuggire al proprio ruolo di interlocutore attraverso la dimensione esterna della sua politica comune della Pesca. Chi ci guadagna? Nel caso del sequestro dei pescherecci Medinea e Antartide, durato 108 lunghi giorni, a guadagnarci è stato il generale Haftar che ha incassato il riconoscimento internazionale da parte italiana da spendere nel tentativo di accreditarsi nella comunità internazionale per mettere le mani sul governo di tutta la Libia ancora in guerra civile. I tunisini, la storia racconta, hanno sempre utilizzato i sequestri di natanti da pesca siciliani per ottenere armi durante il periodo della guerra di liberazione dalla Francia, oppure, più recentemente, aiuti economici, know-how, aiuti in infrastrutture, formazione”.
La sua Mazara è al centro delle dinamiche internazionali anche per il caso Gasdotto. Un risorsa da sfruttare? O sono più reali i rischi?
“La guerra russo-ucraina ha provocato una tragedia umana dalle dimensioni ancora non calcolabili e riscritto la storia politica ed economica. L’instabilità nel Mediterraneo si misura con disordini e tentativi continui di colpi di Stato militari nei paesi del Sahel, dell’Asia minore ed il rischio esiste anche tra gli Stati del Magreb, nostri dirimpettai. I prezzi dell’energia sono saliti alle stelle e fuori controllo. Gli obiettivi di transizione ecologica ed energetica passano anche dalle enormi capacità di produzione che esprimono i tanti giacimenti scoperti nel Mediterraneo. La partita sul greggio russo si sta giocando sulle spalle dei lavoratori del polo petrolchimico di Siracusa dove opera la società russa Lukoil ed auspico che, per restare alla domanda, che non accada nulla di tutto questo a Mazara del Vallo e che venga semmai potenziato il collegamento con l’Algeria attraverso il gasdotto, vista la carenza di approvvigionamento del nostro Paese a causa dell’evento bellico nel cuore dell’Europa. La crisi politica in Algeria in atto non fa ben sperare ma occorre compiere ogni sforzo possibile, e torniamo al ruolo dell’Europa nel Mediterraneo finora poco incisivo, per stabilizzare il quadrante mediterraneo decisivo, come la storia ci riporta, per gli equilibri mondiali dei prossimi anni”.
L’Europa ha però battuto un colpo sull’insularità con il voto del Parlamento.
“L’approvazione della risoluzione costituisce un cambio di passo della politica europea di coesione economica, sociale e territoriale. E poi finalmente si è raggiunto l’obiettivo di porre al centro dell’agenda politica europea la questione dell’insularità riuscendo a imporre nuovi parametri negli interventi comunitari su fisco, trasporti, ambiente, energia, salute, istruzione e formazione professionale, turismo, migrazione, rifiuti, digitale. è chiaro che tra le istanze di riequilibrio e le misure di compensazione che saranno richieste, attraverso la risoluzione, sarà possibile tutelare anche gli interessi delle imprese di pesca e dei pescatori siciliani”.