Migranti, Mare Jonio, "O sbarco dei 34 o denuncia" - QdS

Migranti, Mare Jonio, “O sbarco dei 34 o denuncia”

redazione

Migranti, Mare Jonio, “O sbarco dei 34 o denuncia”

sabato 31 Agosto 2019

La Mediterranea lo ha scritto in una email al Centro di coordinamento marittimo italiano. Le testimonianze dei naufraghi un campionario d'orrori. Il cardinale Montenegro, "Diritti umani prevalenti sulle dispute politiche"

“Fate scendere i 34 della Mare Jonio o partirà una denuncia”.

Lo scrive Mediterranea saving humans in una mail inviata in mattinata Centro di coordinamento marittimo italiano per chiedere “un porto sicuro di sbarco” rappresentando ancora una volta “le condizioni psicofisiche di estrema vulnerabilità delle persone a bordo dovute ai loro tragici vissuti e alle violenze subite in Libia.

Una email per minacciare una denuncia

Condizioni aggravate – sottolinea la ong – dall’esperienza della morte di sei compagni di viaggio e dall’attuale situazione di incertezza e di sospensione del diritto in cui versano che si configura come “trattamento inumano e degradante”.

La Ong ricorda “la recentissima pronuncia del gip di Agrigento nella vicenda della nave Open Arms, nella quale è stato ribadito come il Coordinamento delle operazioni di salvataggio ricada ‘sullo Stato che per primo ha ricevuto notizia di persone in pericolo in mare fino a quando il Rcc (Centri di coordinamento marittimo, ndr) competente per l’area non abbia accettato tale responsabilità’. Nel nostro caso questo Stato è l’Italia”.

L’obbligo di salvataggio delle vite in mare, sostiene Mediterranea, “costituisce un dovere degli Stati e prevale sulle norme e sugli accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’Immigrazione irregolare. La nostra Costituzione di dice chiaramente che il diritto internazionale prevale sul Decreto Sicurezza che in questo momento ci tiene fuori dalle acque territoriali”.

“Torniamo a chiedere con forza – conclude – che le Istituzioni italiane non continuino in questa violazione del diritto e dei diritti e che prevalga dopo mesi di illegalità e cattiveria gratuita il rispetto delle persone e delle leggi, ribadendo che in caso contrario siamo pronti a denunciare questi comportamenti in tutte le sedi competenti. Adesso fateli sbarcare”.

L’appello su Avvenire del cardinale Montenegro

“Per favore, fate scendere i migranti della Mare Jonio!” ha chiesto l’arcivescovo di Agrigento, il cardinale Francesco Montenegro lanciando un appello dalle colonne di Avvenire e sottolineando la “situazione umanitaria gravissima” con “una forma ingiustificata di durezza nei confronti delle 34 persone rimaste a bordo: prima di qualsiasi disputa politica vi sono i diritti umani che vanno difesi sempre e comunque”.

“La decisione di far sbordare 64 migranti (fra cui donne incinte, bambini e persone in precarie condizioni di salute) “sembrava aprire uno spiraglio in questa ennesima vicenda che vede compromettere e danneggiare la dignità di quei nostri fratelli che, prima ancora di essere migranti, sono persone umane già messe a dura prova, nei loro paesi di provenienza, da guerre, violenze e carestie”, ha scritto Montenegro, sottolineando che “nella situazione drammatica che si è venuta a creare l’equipaggio sta facendo un lavoro straordinario che merita un grande apprezzamento; sono uomini e donne che hanno assicurato ai migranti l’assistenza, il sostegno e l’affetto per reggere a una prova così estenuante”.

Le testimonianze sono un campionario d’orrori

Oggi è il terzo giorno che la nave viene tenuta bloccata in mare.

“Siamo sempre più preoccupati – hanno spiegato i responsabili della Ong in un post su Facebook – per le condizioni psicologiche dei sopravvissuti, i ventotto uomini e le sei donne che sono rimasti a bordo con noi. Hanno già passato l’inferno: quanto possono reggere ancora, bloccati in mezzo al mare? In ogni loro racconto, man mano che passano le ore, emergono dettagli che lasciano senza fiato. C’è chi ti fa toccare le cicatrici delle torture: ‘Senti, senti qui’. C’è chi ti racconta che in Libia ha passato due anni da schiavo. O le violenze sessuali. O le botte con il calcio del fucile. O le frustate, la corrente elettrica. Tutto il campionario dell’orrore”.

“Poi finalmente – hanno scritto ancora – il miraggio della libertà, la traversata che diventa subito una tragedia: due notti alla deriva, sei uomini, sei amici, che sono spariti nel buio del mare, molti altri che sono cascati giù e sono stati riportati a fatica sul gommone, niente da mangiare, qualcuno che riesce ad afferrare un pesce al volo. Il gommone comincia a cedere, poi l’alba di mercoledì: le luci della Mare Jonio che si avvicinano, l’arrivo dei soccorsi, la salvezza a bordo”.

“Ma l’incubo non è finito: siamo ancora qui. In mezzo a quel mare che ha rischiato di inghiottirli. L’equipaggio sta facendo tutto il possibile – e ci stiamo attrezzando per l’impossibile – per cercare di rassicurarli e tranquillizzarli. Ma quanto ancora può durare? Quanto si può tirare la corda della resistenza di un essere umano, prima che si spezzi? E quando si spezza, cosa succederà? E di chi sarà la responsabilità? Queste persone hanno bisogno di sbarcare. Ora. Non possono più aspettare”, si legge ancora nel post.

La Alan Kurdi soccorre tredici naufraghi

Intanto oggi la Alan Kurdi, nave della ong tedesca Sea Eye, ha soccorso e preso a bordo in mattinata 13 migranti – tra cui 8 bambini – che si trovavano a bordo di un barchino sovraccarico. L’ intervento, fa sapere Sea Eye, è avvenuto in acque Sar maltesi.

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