Il ministro Urso al QdS: “Il rilancio dell’area di Termini Imerese come nuovo polo logistico-commerciale” - QdS

Il ministro Urso al QdS: “Il rilancio dell’area di Termini Imerese come nuovo polo logistico-commerciale”

Paola Giordano

Il ministro Urso al QdS: “Il rilancio dell’area di Termini Imerese come nuovo polo logistico-commerciale”

giovedì 08 Febbraio 2024

Forum con Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy

Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del direttore Carlo Alberto Tregua, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso.

Partiamo da una questione di fondo. Nel 2023 abbiamo chiuso con una crescita dello 0,7 per cento del Pil e per il 2024 è previsto un +1,1 cento. Il lavoro del suo Ministero è fondamentale nella crescita del Pil: quali sono le principali azioni che intende realizzare in tale direzione?
“Siamo riusciti, e nessuno lo riteneva possibile, con una manovra economica in ristrettezza a convogliare gran parte delle risorse sulla produzione d’impresa: da una parte sul Cuneo fiscale con oltre 10 miliardi di euro che comunque vanno a beneficio delle imprese perché avranno lavoratori più retribuiti. Soprattutto questo aiuterà a incentivare il lavoro, perché chi percepisce un reddito medio-basso porta a casa di più, grazie a un taglio che in alcuni casi arriva a 7 punti. Abbiamo poi ricavato in manovra 5,3 miliardi per il sistema delle imprese e un miliardo per i Contratti di sviluppo. Nel bilancio dell’anno che si è chiuso avevamo 70 milioni, quest’anno abbiamo un miliardo. E ancora un miliardo per il Fondo sulla microelettronica, il che vuol dire che su questo segmento, sommando questi interventi a quello fatto con il decreto Asset di 550 milioni e quelli preesistenti, arriviamo a fondi disponibili per oltre 4,5 miliardi. Abbiamo un miliardo in più per i grandi progetti europei per le batterie elettriche, arrivando a un totale di quasi 3 miliardi. Abbiamo messo 330 milioni di euro su tre grandi progetti di Legge quadro che mercoledì 31 gennaio ho presentato in Consiglio dei ministri: una sulle tecnologie abilitanti di intelligenza artificiale, che regoleremo con un provvedimento a marzo; una sull’economia dello spazio, la space economy; una sulla blue economy. I 330 milioni serviranno a finanziare il primo anno di queste leggi, che saranno tutte approvate in Consiglio dei ministri a marzo, aprile e giugno e poi andranno in Parlamento. Abbiamo messo 1,8 miliardi sulle imprese che investono nelle Zes e abbiamo rifinanziato la Legge Sabatini. Nel frattempo ho fatto una seconda manovra economica con le risorse europee”.

Di quali cifre parliamo per questa seconda manovra?
“Quando il ministro Fitto ha finito la contrattazione, 14 miliardi di quelle risorse sono finiti alle imprese in modo specifico: due miliardi al ministero dell’Ambiente per finanziare i progetti Snam, Terna, elettrodotti e gasdotto, che si deve allargare; 2,8 miliardi al ministero dell’Agricoltura per l’efficientamento energetico delle imprese agricole; e quasi 10 miliardi per il mio dicastero, che si aggiungono a quelli stanziati in legge di bilancio. Di questi 10 miliardi, 2,5 sono per i Contratti di sviluppo, che aggiunti al miliardo già in manovra sono 3,5 miliardi e quasi 100 Contratti di sviluppo nuovi su cui lo Stato partecipa con quote differenti a seconda delle Regioni. Al Sud la partecipazione statale è al 40 per cento. Poi ho portato a casa 6,3 miliardi per la transizione 5.0, cioè per l’evoluzione dell’industria 4.0. Avendo 6,4 miliardi nel bilancio nazionale confermati sull’industria 4.0, con questi 6,3 miliardi arriviamo a 12,7 miliardi per un piano integrato che chiameremo Transizione 5.0, che utilizza anche le risorse dell’industria 4.0: saranno fondi per le imprese esistenti che vogliono realizzare un’innovazione tecnologica ai fini della digitalizzazione e dell’efficientamento energetico e che potrò usare integralmente”.

In che senso?
“L’impresa presenta un progetto che riguarda sia la digitalizzazione, sia l’efficientamento energetico ai fini dell’autoconsumo industriale. Con un piano integrato, le direttive arriveranno tra poche settimane, si potranno avere crediti fiscali fino al 45 per cento. Il 10 per cento di queste risorse complessive, e questo non era previsto nel precedente Industria 4.0, si potrà utilizzare per la formazione: se occorre personale da formare, per esempio sui nuovi impianti di digitalizzazione che utilizzano l’intelligenza artificiale o sulle innovazioni relative alla manutenzione dei pannelli fotovoltaici, si potrà utilizzare un decimo di tali fondi. Non è finita. Nel Decreto legge sull’energia approvato il 31 gennaio ho inserito una norma che predispone che l’Enea realizzi e certifichi tre criteri di qualità per i pannelli fotovoltaici, perché la nostra intenzione è dare incentivi a chi installa pannelli di alta qualità, cioè che consumano meno suolo e producono di più. Tra l’altro, ma questa è una condizione di mercato, questi sono realizzati in Europa dallo stabilimento Enel di Catania. Nel Repower Eu ci sono anche 320 milioni a fondo perduto per l’efficientamento energetico per le piccole e medie imprese. Con le risorse dei Contratti di sviluppo, che speriamo possano incentivare nuovi insediamenti industriali, quelle del fondo microelettronico e quelle sul fronte delle imprese esistenti che vogliono ammodernare i loro impianti, quest’anno mettiamo in circolazione ingenti risorse pubbliche, alcune dei fondi del Pnrr, altre del bilancio nazionale. L’esecutività di tutti i decreti attuativi dovremmo riuscire a farla entro febbraio, in modo da rendere disponibili queste risorse già da aprile-maggio”.

Questo nutrito piano di risorse ha bisogno di essere speso. E chi deve farlo? La Pa, con le sue lungaggini burocratiche?
“Perché nella ricollocazione delle risorse europee, in questa nuova revisione i fondi sono andati soprattutto al mio dicastero? Perché il mio dicastero ha gli strumenti per spenderli: abbiamo rispettato tutti gli obiettivi europei anche per quanto riguarda la modalità dell’impiego delle risorse. Non abbiamo perso un euro fino a ora perché è più facile fare un provvedimento come Transizione 5.0, che prevede il tiraggio diretto dell’impresa, che in pochi mesi e sicuramente entro il 2026 riesce a realizzare il progetto, piuttosto che indire una gara pubblica. È chiaro che le tempistiche sono diverse: gli strumenti del ministero da me guidato garantiscono l’utilizzo delle risorse in tempi certi”.

Aldofo Urso e Carlo Alberto Tregua

Il rilancio dell’area di Termini Imerese come nuovo polo logistico-commerciale

Nel quadro che sta delineando c’è qualche piccolo riallineamento tra Nord e Sud?
“Secondo me sì. Nei provvedimenti che mettiamo in campo come ministero delle Imprese, i Contratti di sviluppo hanno maggiori intensità di aiuto pubblico se sono al Sud. Il punto è che questo non basta: c’è bisogno di un contesto che favorisca l’impresa. Il Piano Transizione 5.0 è rivolto alle imprese che già esistono, quindi il tiraggio sarà maggiore al Nord, ma i Contratti di sviluppo possono tendenzialmente andare soprattutto al Mezzogiorno”.

Questione Termini Imerese. Il QdS è stato il primo a proporre di riconvertire lo stabilimento alla produzione di batterie elettriche. Lo ritiene fattibile?
“Il problema di fondo è che Termini Imerese ha un costo logistico superiore. Se produco un’auto a Termini Imerese piuttosto che a Pomigliano, a Termini Imerese costa 900 euro in più”.

L’intera auto sì, ma se si producessero solo le batterie?
“Le aziende dell’indotto tendono a localizzarsi vicino allo stabilimento principale. Anche per gli eventuali investimenti di una seconda casa automobilistica ci vorranno mesi e forse anche di più prima che si possano concretizzare. Il Ministero tiene molto all’attività di attrazione degli investimenti: abbiamo realizzato una mappa dei luoghi dove si può investire che renderemo pubblica agli investitori. Il futuro di Termini Imerese è diventare un luogo produttivo con un porto logistico-commerciale che si integri sul progetto dell’Autorità portuale di Palermo di trasferire lì tutta l’attività commerciale. Quindi può diventare un polo logistico portuale e un retroporto per la trasformazione di prodotti. Qualunque progetto si realizzi, lo dico con molta franchezza, si chiameranno i lavoratori in cassa integrazione a tornare al lavoro, a seconda della professionalità. Questo sarà un compito della Regione, che dovrà trovare, anche di concerto con il ministero del Lavoro, e indirizzare bene le risorse su eventuali ammortizzatori o transizione di lavoratori. Noi faremo in modo – mi auguro, perché la procedura è ancora aperta – che ci sia un insediamento capace di valorizzare quel sito e che assorba i lavoratori che sono in cassa integrazione. Abbiamo trovato una procedura e stiamo accompagnandola perché ci sia una nuova destinazione produttiva di quell’area. Su questo stiamo lavorando anche con eventuali investitori, ma toccherà alla Regione affrontare le tematiche di tipo occupazionale, con la consapevolezza per tutti che per chi non vuole tornare al lavoro è finita la cassa integrazione. È finita l’epoca in cui si percepisce a casa un sussidio rifiutando un lavoro”.

Aldofo Urso e Carlo Alberto Tregua

Un miliardo per acquistare autovetture ecosostenibili

Sul piano dell’automotive quali sono gli scenari per il 2024?
“Il primo di febbraio ho presentato il Piano incentivi al tavolo dell’automotive: quasi un miliardo per l’acquisto di auto sostenibili ecologicamente con tre modalità di intervento. Il primo: incentivare di più la rottamazione delle auto altamente inquinanti, che a oggi sono ancora un quarto del parco auto circolante. Questa tipologia di auto è posseduta maggiormente da famiglie non ad alto reddito e quindi ecco la seconda modalità di intervento: incentivazione maggiorata per chi ha un reddito basso. Una famiglia con reddito inferiore ai 30.000 euro può arrivare ad avere un incentivo fino a 13.800 euro se acquista un’auto elettrica. Terzo: gli incentivi saranno commisurati a modelli prevalentemente prodotti in Italia, perché abbiamo chiesto a Stellantis di aumentare la produzione nel Paese sino a raggiungere l’obiettivo che loro ci avevano detto di un milione di veicoli”.

Partendo quindi dalle 752 mila unità che hanno chiuso nel 2023…
“Sì. Io sono stato molto franco con loro: se non si potrà raggiungere il milione quest’anno almeno che ci sia almeno un cospicuo incremento. Abbiamo un fondo automotive che all’inizio di quest’anno è pari a 6,3 miliardi da usare modulati da qui al 2028 e che sto dirigendo agli incentivi, cioè al consumo. Se al consumo non segue un aumento della produzione, l’ho già detto a Stellantis e lo ribadisco, dal prossimo anno destinerò alla produzione e non più al consumo, cioè finanzierò di più chi viene a produrre in Italia al posto di Stellantis, per esempio alle imprese dell’indotto che vogliono trasformarsi o ad altre case automobilistiche con le quali abbiamo avviato delle interlocuzioni”.

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