Dobbiamo cambiare modo di pensare: la paura e la diffidenza dell’altro non possono garantire una pace stabile e sicura a livello mondiale
Tutti gli Stati del mondo, anche quelli più piccoli e più poveri, hanno eserciti e spendono ingenti somme per gli armamenti: perché? Le motivazioni addotte, ufficialmente, si possono ricondurre a due: la difesa della Patria e l’ordine pubblico. Sono motivazioni condivisibili, in linea di principio, dal momento che l’autodifesa è un diritto di ciascuno di noi e che occorrono delle regole e leggi comuni che vanno tutelate e fatte rispettare. Purtroppo, vi sono motivazioni che non si dicono e che, secondo me, stanno all’origine della corsa sfrenata agli armamenti ed alle spese militari, quali la sete del potere e di guadagno sfrenato a cui tutti gli Stati aspirano per poter dominare e comandare sugli altri.
Gli Stati, in genere, devono trovare o addirittura sanno inventare un pretesto plausibile, convincente a livello mondiale che possa giustificare un’aggressione, un conflitto, una guerra: questo aspetto non è secondario, ma fondamentale. Il condizionamento e la coercizione psicologica di massa sono possibili: basti pensare, ad esempio, alla destituzione, ufficialmente in nome della democrazia, di Muʿammar Gheddafi dalla Libia, accusato di essere un dittatore, ma la vera finalità, ormai ben nota a tutti, era quella di impadronirsi dei giacimenti petroliferi della Libia, o alla manifestazione a livello europeo a favore del settimanale satirico francese Charlie Hebdo dopo l’attacco terroristico avvenuto il 7 gennaio 2015 a Parigi, rivendicato dalla branca yemenita di Al-Qāʿida, in cui hanno perso la vita 12 persone: sia chiaro che tutti dobbiamo condannare il terrorismo omicida, ma come si può essere d’accordo con un principio di libertà, così come è inteso e interpretato dal giornale Charlie Hebdo, che pubblica vignette irriverenti, dissacranti, offensive soprattutto nei confronti di ogni tradizione religiosa, in particolare del cristianesimo, dell’Islam e dell’ebraismo? Eppure l’11 gennaio 2015, per le strade di Parigi, un corteo di oltre due milioni di persone, inclusi numerosi Capi si Stato di tutto il mondo, oltre tre milioni e mezzo in tutta la Francia, ha manifestato a favore di Charlie Hebdo.
Sono state, invece, 130 le persone morte nel naufragio di un gommone a nord est di Tripoli nel mese di Aprile di quest’anno. Nessuno ha manifestato per la loro morte come è stato fatto per le 12 vittime di Charlie Hebdo: la solidarietà alle vittime va espressa sempre per tutte le persone, perché non esistono uomini di serie A e persone di serie B. Secondo il Sipri (Stockholm International Peace Research Institute) nel 2020 la spesa militare mondiale ha raggiunto la cifra record di 1.981 miliardi di dollari, i paesi della Nato hanno speso 1.103 miliardi di dollari (56% della spesa militare globale), per l’Italia la spesa è stata di 28,9 miliardi di dollari ( + 7,5% rispetto al 2019): quasi 82 milioni di dollari al giorno. Il livello di spesa è vergognoso: come si possono spendere così tanti miliardi per gli armamenti, quando la pandemia ha messo in crisi i sistemi sanitari di tutto il mondo perché i finanziamenti erano insufficienti a rispondere adeguatamente ai bisogni assistenziali degli ammalati?
Quando Gesù, tradito da Giuda Iscariota, fu arrestato nel podere chiamato Getsemani, uno dei suoi discepoli, che l’Evangelista Giovanni identifica con Pietro, estrasse la spada e colpì il servo del Sommo Sacerdote, staccandogli un orecchio, Gesù allora disse a Pietro: “Rimetti la spada nel fodero, perché tutti quelli che mettono mano alla spada periranno di spada”. (Mt 26,52). È chiaro che Gesù è contro la violenza ed esalta il perdono. Dobbiamo cambiare modo di pensare: la paura e la diffidenza dell’altro, concepito come nemico e non come fratello, figlio dello stesso Padre, secondo la spiritualità cristiana, non possono garantire una pace stabile e sicura a livello mondiale.