Interviene al QdS il presidente dell’Ordine, Pino Falzea, toccando varie tematiche: dal ruolo della categoria alle opportunità e criticità del Ponte sullo Stretto, fino al tema delle baraccopoli
MESSINA – Pino Falzea è il presidente dell’Ordine degli Architetti di Messina e guida allo stesso tempo la Consulta Architetti Sicilia. E’ stato eletto la prima volta nel 2010, poi nel 2017 e riconfermato ancora nel 2021.
Falzea interviene al QdS toccando varie tematiche: “Ci sono 1870 iscritti in tutta la provincia – ha raccontato – un buon numero. Molti stanno trovando spazio nella pubblica amministrazione, contribuendo a rinnovare la classe dei tecnici. Al Comune di Messina stanno già dando un grande contributo per la redazione di importanti progetti”.
E’ cambiato il ruolo dell’Ordine in questi anni?
“Siamo in un territorio dove manca la facoltà di Architettura, tentiamo di sopperire nel dibattito. Da ente pubblico, siamo attenti agli interessi collettivi, per cui seguiamo anche l’evoluzione legislativa del settore e proponiamo modifiche che tendono alla vera semplificazione. Nella legge regionale che recepisce il nuovo codice dei contratti, come Consulta regionale siamo riusciti a fare accogliere modifiche per favorire i più giovani. In Sicilia, rispetto al resto d’Italia, adesso si può partecipare ad un concorso di progettazione anche senza requisiti di fatturato e dipendenti perché ad essere premiate sono le idee. E poi abbiamo fatto cambiare l’arco temporale da considerare dei lavori effettuati, per potere ottenere servizi di architettura e ingegneria, da tre anni a dieci anni. Al posto del fatturato basta una polizza assicurativa.
Quando questa città ha rinunciato alla bellezza architettonica?
“C’è stato un periodo buio dalla fine degli anni settanta, non si è puntato sulla qualità nella trasformazione della città. Abbiamo concentrato l’area industriale nella zona Falcata con una degassifica e un inceneritore. Architetture di pregio straordinario sono state cancellate per inseguire una modernità che non era di qualità. Il sonno della cultura. Stiamo cercando di portare la voglia di fare le cose bene qui e in provincia e aprire ai giovani potrebbe contribuire. L’ente pubblico deve imprimere un’accelerazione verso la qualità facendo per le opere di architettura i concorsi, bisogna scegliere più che il progettista il progetto migliore. Una piccola cosa di qualità funziona da acceleratore di altre cose belle nel tessuto urbano.
In che fase siamo adesso?
Ricominciano a farsi sentire gli stimoli culturali, il problema è che mentre prima c’era un’economia favorevole, le cose si potevano fare ma si sono fatte quelle sbagliate, oggi l’economia è ferma, la città è in declino, visto che perde 3000 abitanti l’anno. Si deve programmare il futuro. Ci vuole una classe dirigente che va nella stessa direzione e poi indipendentemente da chi governa si deve mantenere la rotta.
Il Ponte come si inserisce in tutto questo?
Come Ordine diciamo una cosa chiara: il Governo ha deciso di fare quest’opera, prendiamo atto che c’è una legge, il ruolo della classe dirigente della città è governare nel migliore modo possibile. Le ricadute che il Ponte avrà sul territorio possono essere positive se gestite bene e creare sviluppo, bellezza e qualità; al contario produrranno degrado se governate male. La città deve avere la maturità di dire: non scegliamo noi se fare o no il Ponte ma siamo noi a scegliere cosa diventerà la città se si farà, non dobbiamo lasciare agli altri il progetto della città
C’è questa maturità?
Le condizioni ci sono. L’Amministrazione ha creato un luogo di confronto con il Comitato inter istituzionale, si sta riunendo poco ma c’è stata la campagna elettorale, lo posso capire, ma adesso si dovrà intensificare il confronto, la Società Stretto ha dimostrato che vuole dialogare con la città e secondo me è pronta ad accogliere ulteriori suggerimenti. Il progetto vale 13 miliardi di euro, 6,5 miliardi sono per la costruzione, il resto è destinato ad altre opere nella città, la maggior parte a Messina. Bisogna avere un piano industriale per capire come si vogliono impostare i cantieri e su quello dobbiamo fare delle scelte e poi capire come gestire la fase oltre il Ponte, che tipo di città vogliamo e su quello pianificare.
Risanamento, la strada intrapresa è quella giusta?
Avrei preferito che anziché comprare alloggi si fossero utilizzati i finanziamenti per progettare e realizzare nuovi fabbricati in altezza in sostituzione di quelli fatiscenti, sarebbe stato anche quello un segnale di qualità all’interno delle periferie, un modo per seminare bellezza. Abbiamo la fortuna di avere piani di risanamento che si possono modificare, uno strumento flessibile che se gestito bene potrebbe veramente portare al recupero delle periferie. C’è una città di serie A e una di serie B, la città deve essere tutta di serie A. Capisco che ci sono esigenze di avere alloggi in tempi brevi, cerchiamo di procedere adesso anche in un’ottica di riqualificazione e attraverso concorsi scegliere l’idea di qualità.
Il Superbonus poteva fare recuperare bellezza?
In Sicilia è partito con un anno di ritardo perché abbiamo dovuto fare cambiare una norma che obbligava ad allegare alla presentazione di qualunque progetto la dichiarazione di avere pagato il progettista. Era una buona opportunità per mettere in sicurezza e riqualificare le case di chi non aveva possibilità economiche invece la cosa aberrante è che ne hanno usufruito le fasce più alte, così è aumentato il dislivello sociale. Stiamo chiedendo di ridisegnare un testo unico del bonus fiscale in edilizia a scaglioni di reddito.