Pnrr, valanga di soldi Pa inefficiente - QdS

Pnrr, valanga di soldi Pa inefficiente

Carlo Alberto Tregua

Pnrr, valanga di soldi Pa inefficiente

giovedì 29 Agosto 2024

Legislazione incompetente

Abbiamo messo insieme i tre argomenti del titolo perché sono concatenati da risultati modesti, di cui il popolo italiano non può certo dirsi contento. Cominciamo a esaminarli.
Il Piano nazionale di ripresa e resilienza ha fornito all’Italia un importo rilevante di centonovanta miliardi, di cui due terzi a fondo perduto e un terzo circa da rimborsare entro il 31 dicembre del 2058. Quest’ultimo, per conseguenza, costituisce un ulteriore peso di bilancio perché è un nuovo debito.

L’attuazione del Piano è stata affidata dalla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, a un suo ministro di fiducia, l’ex democristiano Raffaele Fitto, il quale ha cercato in tutti i modi di spingere la relativa attuazione, finanziando soprattutto infrastrutture e fra queste quelle autostradali e ferroviarie.
L’attuazione del Piano procede però a rilento, con la conseguenza che la valanga di soldi disponibili resta in parte a Bruxelles.

Quanto precede non è responsabilità del ministro, vogliamo dirlo a chiare lettere, bensì della macchina della Pubblica amministrazione, la quale è inefficiente perché disorganizzata, vecchia (in quanto non ancora digitalizzata come dovrebbe) e perché la mentalità dei suoi componenti, dai dirigenti all’ultimo dei dipendenti, è quella di chi va a lavorare per prendere lo stipendio e non per produrre risultati. Storia vecchia, che scriviamo da mezzo secolo, senza che peraltro chi dovrebbe avere le orecchie pulite intenda.

È inutile schiacciare metaforicamente l’acceleratore di un’automobile se il motore e tutte le altre parti meccaniche non sono in ordine. Probabilmente andrà avanti a singhiozzi e in modo asfittico senza utilizzare tutta la potenza di cui dispone.
La metafora è chiara e non c’è molto da aggiungere, salvo che i Governi di questo dopoguerra e principalmente quelli della cosiddetta seconda Repubblica, cioè dal 1994 in avanti, non hanno mai indicato un ministro della Funzione pubblica competente ed energico, capace di riformare profondamente la macchina composta da 3,2 milioni di persone per farla diventare efficiente e funzionante come dovrebbe.

La terza questione che esaminiamo riguarda il modo di formulare le leggi in Italia, da trent’anni e più a questa parte. Esse sono del tutto incomprensibili perché continuano a fare riferimento ad altre leggi, per cui diventano una sorta di puzzle con difficoltà interpretative e applicative enormi, sia per l’Amministrazione pubblica che per i/le cittadini/e e, in ultima istanza, per i magistrati.

In altri Paesi più avanzati come il Regno Unito, quando si scrive una legge essa comprende in un unico testo tutte le precedenti leggi o parti di esse che trattano la stessa materia, con la conseguenza che il testo finale in vigore non fa più riferimento ad altri articoli e commi, anch’essi in vigore perché assorbiti.
Da quest’orecchio il legislatore italiano non ci sente e, tentando di capirne le cause, vogliamo segnalare l’incompetenza, l’incapacità o la malafede. Perché la malafede? Perché rendere incomprensibili o di difficile lettura i testi di legge non consente l’applicazione della Costituzione, secondo cui essi dovrebbero essere comprensibili per i/le normali/e cittadini/e.

Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha più volte inviato lettere al Parlamento in questa direzione, raccomandando la chiarezza, la trasparenza e la leggibilità dei testi. Come dire: “Per favore, scrivete in italiano”. Ma fino a oggi, continuando a leggere i testi approvati dal Parlamento, dobbiamo dire che l’ammonimento mattarelliano è rimasto inascoltato.

Tornando al Pnrr, il 31 agosto il Consiglio dei Ministri dovrà indicare il nome del commissario, uno dei ventisette, che farà parte del “Governo europeo”. È quasi pacifico che esso sarà Raffaele Fitto, cui verrà quindi “sottratta” la gestione del Pnrr affinché possa assolvere a un’altra funzione. Egli aveva acquisito una grande competenza in materia e ragionevolmente un nuovo ministro avrà bisogno di qualche mese e forse più per acquisirla.
Tale ritardo si sommerà al ritardo della spesa che, come è noto, dovrà concludersi entro il 31 dicembre 2026. Una parte rimarrà dunque inutilizzata nelle casse della Commissione, con le conseguenze che ne derivano sul Pil, ma intanto il debito dovrà essere rimborsato annualmente.

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