La Sicilia fa parte delle regioni italiane sotto la media nazionale dell’imprenditoria femminile legata al turismo
CATANIA – La Sicilia fa parte delle regioni italiane sotto la media nazionale dell’imprenditoria femminile legata al turismo.
è quanto emerge dall’ultimo rapporto dell’Istituto Nazionale per le Ricerche Turistiche realizzato su elaborazione dei dati dell’Osservatorio Imprenditorialità femminile di Unioncamere e dell’Osservatorio di Economia del Turismo.
Le altre realtà con bassa presenza femminile sono Puglia, Campania, Basilicata, Lombardia e Lazio, mentre ai primi posti si piazzano Valle d’Aosta, Friuli Venezia-Giulia e Trentino-Alto Adige. La media italiana si attesta al 27%. Sul tema abbiamo intervistato Ornella Laneri, presidente dell’Associazione imprenditrici e donne dirigenti d’azienda (Aidda) per la Sicilia, coordinatrice del gruppo Aidda for Tourism a livello nazionale e presidente della sezione “Turismo, cultura ed eventi” di Confindustria Catania.
Secondo L’Istituto Nazionale per le Ricerche Turistiche, la Sicilia è ultimamente tra le regioni sotto la media nazionale per imprenditoria femminile legata al turismo. Secondo lei quale può essere il motivo?
“In generale la Sicilia è stata sempre un po’ fanalino di coda; seppure spesso escano notizie sulla crescita delle imprese al femminile, quando poi si fa la conta finale le donne non solo imprenditrici ma anche dipendenti, sono in numero notevolmente inferiore rispetto agli uomini. Ciò è dovuto in parte al fatto che le imprese familiari nella nostra regione hanno avuto sempre un taglio più classico che poneva la donna in ruoli marginali più legati alla comunicazione, al marketing e alle pubbliche relazioni, contrariamente a ciò che avviene nel Nord Europa. Oggi uno dei motivi principali si può forse attribuire alla carenza – in particolare in Sicilia – di infrastrutture a supporto di lavoratrici e neo-imprenditrici (a partire dagli asili nido), che rende estremamente difficile coordinare lavoro e famiglia”.
Come si può invertire la rotta?
“Innanzitutto, mi preoccupa il rischio per il Sud Italia e per la Sicilia di perdere il treno del Pnrr, a causa di progettualità non idonee poiché troppo spesso non condivise (come già accaduto per l’agricoltura); questo rischio potrebbe riguardare anche il turismo siciliano, che ha forte bisogno di nuovi progetti e visioni per continuare a mantenere alto il proprio brand regionale, che oggi è “minacciato” da una fortissima Puglia. Sono convinta che la rotta si possa invertire anche attraverso l’ascolto da parte delle istituzioni nei confronti delle imprese e dei cittadini. Noi Confindustria Catania imprenditoria femminile abbiamo avviato, in seguito ad un incontro tra la nostra presidente Monica Luca e la ministra Bonetti, le basi per tavoli progettuali consultivi affinché le imprese femminili possano mettere “sul piatto” le esigenze e le problematiche sia delle imprenditrici che delle lavoratrici all’interno delle aziende, iniziando dagli asili nido. Si lavorerà, inoltre, per creare una struttura, uno sportello a Catania a supporto di chi decida di fare impresa nel mondo del turismo nel quale la percentuale di donne impiegate non supera il 27%, nonostante le cariche più importanti a livello nazionale siano ricoperte proprio da donne: Marina Lalli è presidente di Federturismo, Francesca Colaiacovo è presidente di Aica-Associazione Italiana Confindustria Alberghi, Roberta Garibaldi è amministratore delegato dell’Enit-Agenzia Nazionale del Turismo, Ivana Jelinic è presidente nazionale Fiavet, e molte altre sono le donne ai vertici nel nostro settore. C’è un gap, quindi che va superato”.
Oltre i tavoli consultivi di cui mi ha appena fatto cenno, in quale altro modo pensate di sostenere le donne siciliane che vorrebbero intraprendere un’attività nell’ambito della filiera turistica?
“Pur essendo state nell’ultimo anno e mezzo le più penalizzate dal covid, le donne, da quello che ho visto anche come coordinatrice del gruppo di lavoro nazionale Aiddafor tourism, hanno avuto la reazione migliore rimodulando prodotti e offerte con una visione sostenibile e creando nuove aziende che guardano ad un passato che non può e non deve essere riproposto. Oggi più che mai è necessario che le donne siano coese, ampliando la visione di impresa con una grande attenzione alla sostenibilità senza escludere l’idea della delocalizzazione delle imprese turistiche che permetta di ripensare i luoghi dell’accoglienza uscendo da un’ottica di quantità, causa di un overtourism che danneggia territori e narrazioni. La donna può assumere il ruolo di innovatrice culturale attraverso l’impresa sostenibile soprattutto nei borghi dove possono nascere nuove vite e nuove realtà imprenditoriali”.