Le parole di De Lucia in merito agli strumenti fondamentali per il contrasto alla mafia e che la indeboliscono
Il procuratore della Repubblica al Tribunale di Palermo Maurizio De Lucia è stato stamani in udienza alla Commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie e sulle altre associazioni criminali, pure straniere.
Dopo l’interessante analisi del procuratore Lo Voi, ascoltato ieri nello stesso contesto, ecco che arrivano le parole di De Lucia in merito agli strumenti fondamentali per il contrasto alla mafia e che la indeboliscono.
“Il carattere della continuità nel contrasto alla Mafia lo possiamo caratterizzare con quattro linee di azione che ancora seguiamo. Il primo pilastro è la cattura dei grandi latitanti, il primo sforzo che lo Stato fa, quello di togliere le intelligenze che comandano l’organizzazione sul territorio, il secondo pilastro attiene al modo in cui il latitante una volta catturato viene custodito nelle nostre carceri, cioè lo strumento del 41 bis, essenziale, perché la caratteristica delle mafie è cercare dei vertici che siano in grado di dirigerle – dice il procuratore di Palermo -. Che questi siano in carcere, ma non posti nelle condizioni di non comunicare con l’esterno, rende inutile la loro cattura. E’ una misura di prevenzione, per impedirgli di continuare a fare da dentro quanto faceva da libero, non è una pena in più”.
Fondamentale il 41 bis, ma le intercettazioni nei confronti dei mafiosi sono indispensabili e decisive come afferma Maurizio De Lucia: “Il terzo strumento, per noi di preziosissima utilità per indebolire l’organizzazione mafiosa, sta nell’uso dei sequestri penali in tutte le forme che l’ordinamento ci offre – ha aggiunto – La ragione è pratica, è essenziale che lo stato impoverisca l’organizzazione mafiosa. Sequestro e confisca dei beni sono strumenti imprescindibili rispetto ai quali continuiamo massicciamente a operare. I collaboratori di giustizia sono stati decisivi nel contrasto a Cosa Nostra, ma oggi registriamo una flessione nella qualità e nel numero. E poi le intercettazioni – ha precisato – che sono uno strumento decisivo e indispensabile, talmente importanti che non posso immaginare riforme in senso limitativo”.
Oggi Cosa nostra com’è
Il procuratore del capoluogo siciliano ha fatto anche una breve panoramica sullo stato di salute dell’organizzazione criminale Cosa nostra, quindi la mafia palermitana. Sta attraversando una profonda crisi, ma non è sconfitta, cerca soldi: “Ritengo che Cosa nostra attualmente attraversi una fase di crisi, che nasce nel momento di massimo splendore, cioè quando nel 1992 vengono poste in essere le due stragi palermitane. Cosa nostra ora si è indebolita, ma è tutt’altro che sconfitta, e anzi in questo momento di debolezza cerca di ristrutturarsi per mezzo, tra le altre cose, della ricerca di nuovi capitali”.
“Abbiamo avvertito il ritorno di un fenomeno della Stidda, che per un certo periodo di tempo si era invece ritenuto debellato – ha aggiunto – Oggi registriamo la presenza della vecchia organizzazione criminale che, come negli anni ’80 e ’90, torna a dialogare con Cosa nostra”.
E sull’organico della Procura palermitana: “I magistrati previsti in organico nella Direzione Distrettuale Antimafia sono 25, 21 sostituti procuratori, i 3 procuratori aggiunti e il procuratore della Repubblica con responsabilità su Direzione Distrettuale Antimafia. La situazione in realtà non è così luminosa – ha spiegato – Nell’organico della Procura di Palermo, con 61 sostituti procuratori, ce ne mancano 14, sono una quota consistente. Potremo portare presto a 14 i sostituti dell’Antimafia, ma ne mancheranno comunque sette. Questo è dovuto alla mancanza di concorsi che consentirebbero di riempire le piante organiche – ha concluso – La nostra ne soffre in particolare”.