Prostituzione, M5S contrario a ipotesi di regolamentazione - QdS

Prostituzione, M5S contrario a ipotesi di regolamentazione

Prostituzione, M5S contrario a ipotesi di regolamentazione

Vittorio Sangiorgi  |
sabato 11 Febbraio 2023

La senatrice Alessandra Maiorino al lavoro su un nuovo disegno di legge e la presidente del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute, Pia Covre, al QdS

La prostituzione e le ipotesi di regolamentazione. Un tema che, in Italia, suscita da sempre un vivace dibattito e che è tornato d’attualità alla luce di recenti fatti di cronaca. La politica, ovviamente, non è rimasta fuori da questo dibattito e nel corso degli anni ha proposto soluzioni ed idee di segno opposto. Se c’è chi si batte sul fronte della regolamentazione c’è chi, sull’altro fronte, mira a combattere lo sfruttamento e la tratta di esseri umani colpendo la domanda con l’introduzione di pene e sanzioni per i clienti. In questo solco si inserisce l’ultima proposta di legge in ordine di tempo, quella che vede come prima firmataria la senatrice Alessandra Maiorino. Il Qds l’ha intervistata per approfondire il contenuto del Ddl e gli aspetti più rilevanti di un tema tanto complesso.

La senatrice Alessandra Maiorino

Senatrice, con quali obiettivi nasce la proposta di legge di cui si è fatta portatrice?
“Gli obiettivi sono molteplici. Il primo è quello di contrastare tratta e sfruttamento di essere umani, in particolare di sesso femminile, perché il 95% della prostituzione riguarda le donne e perché le vittime di tratta dal 70 all’80% sono donne e bambine. Grazie alla comparazione che abbiamo potuto fare con le normative esistenti soprattutto in Europa, nel corso della prima indagine conoscitiva fatta dal Parlamento dopo il 1958, abbiamo potuto appurare che il modello più efficace per contrastare questi fenomeni è quello cosiddetto ‘nordico’. Un altro obiettivo è quello della parità uomo-donna, perché in questo rapporto di acquisto di sesso generalmente è un uomo a comprare e una donna a vendersi. Certo, ci sono anche casi che riguardano persone di diverso orientamento sessuale o donne transgender, ma nella quasi totalità dei casi la dinamica è la stessa e il compratore un uomo. Uno dei fondamenti, laddove simili legislazioni sono state adottate, è proprio la parità di genere. La persona ‘in prostituzione’ è identificata come la parte debole di questo rapporto, quella che ha una necessità di qualsiasi natura che la spinge ad intraprendere questa vita. La legge, dunque, sanziona chi si approfitta di questa circostanza. Infine c’è un macro obiettivo, quello culturale. Il messaggio che vogliamo dare è il seguente: il sesso, le persone e i corpi non sono una merce e non si possono acquistare. La prostituzione, come ha detto chiaramente la Corte costituzionale nella sentenza 141/2019, non è un lavoro. Bisogna smontare questo paradigma non detto, perché nella prostituzione la mercificazione della donna raggiunge il suo apice”.

Ha presentato questo Ddl nella scorsa legislatura, ma l’esame del testo non è mai iniziato. Ha intenzione di ripresentarlo?​
“Certamente lo ripresenteremo e lo stiamo rivedendo per apportare dei miglioramenti sulla base di ulteriori analisi ed approfondimenti delle più recenti normative adottate in altri Paesi. Penso alla Svezia, che è stata la prima nazione a muoversi in questa direzione, ma soprattutto alla Francia, dove è vigente dal 2016, e alla Spagna dove dovrebbe essere introdotta a breve. Mi piacerebbe ripresentarlo, simbolicamente, entro il 20 febbraio, data in cui ricorre l’approvazione, nel 1958, della Legge Merlin. Questo Ddl, infatti, si inserisce nel solco di quella legge, modificandola e rafforzandola”.

Per quali ragioni si è deciso di prevedere nel precedente Ddl, in caso di recidività, le reclusione da sei mesi a tre anni? Pensate di riproporre la pena detentiva anche nel nuovo testo?
“Stiamo esaminando la questione proprio in questi giorni e stiamo valutando se prevedere soltanto una sanzione amministrativa o proseguire in questa direzione. La legge francese, infatti, dice esattamente ciò che è stato scritto nel Ddl della precedente legislatura. In un primo momento c’è una sanzione amministrativa, che aumenta la seconda volta e che con recidiva può anche diventare una sanzione penale. Al di là della teoria la realtà, come hanno dimostrato anche i fatti di cronaca, è che nella maggior parte dei casi i cosiddetti clienti sono consapevoli di essere di fronte a persone vittime di tratta o comunque costrette ad intraprendere quel tipo di rapporto. La legge, però, non attribuisce loro nessuna responsabilità. Questo è uno dei pochissimi casi in cui, pur essendo a conoscenza della commissione di un reato, non si è tenuti ad allertare le Forze dell’Ordine e si viene considerati completamente innocenti. La triste vicenda avvenuta qualche mese fa a Roma relativa all’uccisione di tre donne cinesi, ad esempio, ci dice che i loro clienti sapevano benissimo che le vittime erano in quella casa contro la loro volontà, praticamente da recluse. Tuttavia non sono imputabili, moralmente sono colpevoli ma non hanno alcun obbligo dal punto di vista legale. Lo ritengo, francamente, inaccettabile”.

Qual è la sua posizione sulla legalizzazione/regolamentazione della prostituzione sulla scia di quanto fatto in altri paesi europei come Austria, Germania, Ungheria?​
“Sono modelli da cui quegli stessi Paesi stanno cercando di uscire. Non è facile, perché una volta che si sono date licenze a centinaia di business perfettamente legali tornare indietro e smantellare il sistema è molto complicato. Però sono state introdotte delle modifiche, che prevedono ad esempio di collocare questi ‘locali’ fuori dai centri cittadini. In più, qualora il cliente sapesse o sospettasse che le donne sono vittime di sfruttamento sarebbe tenuto a denunciare. Chiaramente questo è indimostrabile, ma la tendenza è quella di correggere il tiro perché si sono resi conto che il risultato è completamente l’opposto di quello che speravano di raggiungere, vale a dire la riduzione del fenomeno della tratta. Inoltre è aumentata a dismisura la domanda com’era piuttosto intuibile, perché se si mette in commercio una ‘merce’ la gente la compra. Inoltre c’è il fenomeno del ‘pendolarismo sessuale’ ed è per questo che l’Europa insiste sulla necessità di un modello unico. Quindi non sono assolutamente d’accordo con questo ipotesi di legalizzazione o regolamentazione, perché è una ricetta vecchia e superata. Ribadisco, infatti, che i Paesi che l’hanno adottata stanno cercando di tornare indietro”.

Covre (Cdcp): “Lotta ai clienti delle prostitute pura demagogia”

Pia Covre, Comitato per i diritti civili delle prostitute

Il dibattito sul tema, lo abbiamo detto, è più acceso che mai. Sul fronte opposto a quello che ha ideato e sostiene il Ddl spicca la posizione del Comitato per i Diritti Civili delle Prostitute. Il QdS ha intervistato la sua storica presidente, l’attivista Pia Covre.
Presidente, come valuta il Ddl proposto dalla senatrice Maiorino nella scorsa legislatura (in fase di “ripresentazione” in quella attuale) che, modificando la cosiddetta legge Merlin (legge 20 febbraio 1958, n. 75) mira ad introdurre una serie di misure punitive per i clienti delle prostitute?
“Ormai in Europa abbiamo svariate ricerche che dimostrano che il modello svedese proposto anche dalla senatrice Maiorino è un fallimento, solo per citarne uno: secondo un rapporto di Amnesty International la legge approvata dal parlamento irlandese nel 2017, il cui scopo dichiarato era quello di proteggere dallo sfruttamento le vittime del traffico di esseri umani e le lavoratrici e i lavoratori del sesso, ha invece favorito la persecuzione e la violenza senza che lo stato intervenisse a garantire protezione. Sono aumentate le aggressioni e gli abusi contro le/i sex workers. Inoltre un ddl che vuole combattere la Tratta di Esseri Umani non dovrebbe stare in una legge sulla prostituzione. Per combattere la Tratta di Esseri Umani abbiamo già la legge 286/98 ex art.18 che affronta l’integrazione delle vittime e la lotta ai trafficanti , inoltre la legge 13 del 2003 n. 228 più il decreto legislativo 24 del 2014 in attuazione della direttiva europea 2011/36/UE. Abbiamo un Piano di azione nazionale contro la Tratta e una rete di progetti che collaborano con le Autorità giudiziarie e di Polizia affinché vengano applicate fattivamente le leggi contro la Tratta. Quindi le chiacchere a scopo propagandistico di alcuni politici non servono. Insomma quel che manca è una legge che affronti davvero il lavoro sessuale ma visto negli aspetti di rafforzamento della posizione di chi lo esercita e dei Diritti alla autodeterminazione e tutele del lavoro”.
In virtù della sua esperienza come presidente del Cdcp ritiene che un severo meccanismo sanzionatorio nei confronti dei clienti sia un valido deterrente?
“È demagogia fare la lotta ai clienti, la lotta va fatta contro i trafficanti e sfruttatori. La criminalizzazione non aumenta le già limitate opzioni a disposizione di persone già vulnerabili, neppure riduce i potenziali danni che devono affrontare. Al contrario, aggrava la loro precarietà finanziaria, aumenta il rischio di subire violenza e ostacola il loro accesso alla denuncia e quindi alla giustizia. Inoltre allontanerà sempre più la possibilità per le vittime di tratta di accedere ai servizi sanitari con le conseguenze anche gravi che si possono immaginare”.
Quale dei diversi “modelli” di legalizzazione/regolamentazione della prostituzione presenti in Europa può essere il più adatto al nostro Paese?
“Attualmente non ci sono modelli perfetti in Europa anche se in Svizzera ad esempio una regolamentazione di questo lavoro sembra funzioni abbastanza bene. Un nuovo esperimento di legalizazione del lavoro lo si sta attuando in Belgio e sembra che il lavoro politico concertato insieme alla partecipazione delle Associazioni dei lavoratori/trici stia andando bene. Sarebbe già molto se in Italia si facesse una depenalizzazione della legge Merlin eliminando i reati di favoreggiamento e il divieto di autorganizzarsi al chiuso, poi si dia la possibilità di iscriversi come lavoratrici autonome (non con falsa professione come succede ora). Invece quì si va verso una strada opposta resuscitando il reato di ‘atti osceni in luogo pubblico’. Mi pare che siamo lontani da un paese moderno e dalla emancipazione sessuale”.
I recenti avvenimenti di cronaca, come il triplice omicidio di Prati, hanno riportato in primo piano il tema della sicurezza personale delle/dei sex worker. Quali strategie possono essere adottate per garantire loro, da questo punto di vista, maggiore tutela?
“La violenza contro le/i sex worker è anche il risultato di una società che non ci riconosce come lavoratori e che ci vuole invisibilizzare stigmatizzandoci, censurandoci, gettandoci ai margini privi di qualsiasi tutela. Per garantirci maggiore sicurezza non ho dubbi: deve essere riconosciuta questa professione in modo che la si possa svolgere con tutele legali e fisiche. Il proibizionismo che si nutre delle politiche securitarie e perbeniste, tese a colpire noi, il nostro lavoro e la nostre fonte di reddito, le nostre relazioni personali e familiari nel tentativo di annientare la nostra esistenza stessa”.

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