Radio Lamp, Rimembranze - Capitolo 3 - QdS

Radio Lamp, Rimembranze – Capitolo 3

redazione

Radio Lamp, Rimembranze – Capitolo 3

Giovanni Pizzo  |
domenica 21 Agosto 2022

Il terzo capitolo del feuilletton “Radio Lamp” dell’autore Giovanni Pizzo che con ironia e leggerezza ci cunta di Sicilia e di Sud

Il condizionatore del commissariato doveva avere un’aletta rotta all’interno, perché faceva un rumore fastidioso oltre a non raffreddare quasi per niente. Ma l’ispettore Perla non sudava, si trovava a proprio agio in quel clima afoso come una salamandra sotto il sole.

Ci sono donne imperturbabili, che sembrano delle sfingi che giocano a poker con il destino degli uomini. A lui sembrava sempre di partire con nulla in mano contro una scala servita quando la incontrava.

Non ti avevo mica detto di fare delle tue personali indagini mi pare? Che ti è saltato in mente. Potevi esplodere!

Sono già imploso tempo fa, ma in silenzio. E poi io di esplosivi ne capisco un po’. Ho avuto pure il patentino. Amministravo una cava sequestrata alla mafia e mi tocco prenderlo.

Lo sai come mi finiva se saltavi in aria?

Sempre concentrata sui tuoi problemi. Come ti finiva? Peggio del confine Lampedusano mica ti possono spedire? Al limite ti mandano a Capodistria.

Sei un cretino. Deve essere per questo che ci siamo lasciati.

Veramente non ci siamo lasciati. Tu sei sparita senza dirmi una parola.

Lo sai che a me non piace parlare. L’affabulatore sei tu. Io sono una donna pratica. Sennò non sarei una poliziotta. E lo sapevi fin dall’inizio com’ero. Soltanto che tu ti devi fare sempre tutti i tuoi film mentali. Sembri Brad Pitt in Nothing Hill.

Hugh Grant.

Cosa stai dicendo?

Era Hugh Grant non Brad Pitt. Mai vista una che non conosce Nothing Hill. Se una persona non ha visto almeno una decina di volte quel film ha una pompa idraulica di metallo al posto del cuore. Ed io suppongo che la tua deve essere tale.

È arrivato l’ultimo dei romantici. Ma se ti sei fatto più femmine che piatti di pasta!

Che c’entra quelle sono pillole di autostima per non abbattersi. L’amore è un’altra cosa e lo sai. Lì ho io perso e tu hai rinunciato.

Ne dobbiamo ancora parlare? Mi sembra che ho problemi più importanti caro il mio Dip innamorato dell’amore. Questa cosa si complica di più. Cosa ci faceva con l’esplosivo Mino Bozzetto? Per cosa gli serviva?

Si voleva vendicare di qualcuno?

Tante domande, nessuna risposta. Nella vita farsi le domande va bene se hai le risposte certe ed immediate. Se no è meglio non porsele. Fomentano solo ansie e frustrazioni.

Mi stai dando della frustrata?

La frusta magari no però se ti ricordi con le manette ci giocavamo.

Gionni se non vuoi farti una settimana di cella per offese a pubblico ufficiale sparisci. E non fare di testa tua se trovi anche un capello vieni subito da me. È chiaro?

Sissignore!

È chiaro!

Cristallino!

Ma come parli?

Come Tom Cruise in Codice D’Onore, titolo originale A few good man, c’era una bellissima Demi Moore, ma noi nonostante l’evidente chimica, non si baciano. Peccato.

Gionni la devi smettere! La vita non è un film. È fatta di cose concrete, di lavoro, carriere, ruoli, posizioni. Non è fatta di sensazioni e pulsioni. Quelle vanno bene per una sera. Poi c’è la vita reale.

Forse per questo fa abbastanza schifo. Nei film c’è un soggetto ed una sceneggiatura. Qualcosa di logico, con un senso. Una storia da raccontare. La vita reale come la descrivi tu è un casino, di cause ed effetti senza una logica. Si capisce che non c’è una regia. È la vita che vive te e non viceversa.

Mi ero scordata che sei un filosofo.
-Gastrosofo. Io penso con lo stomaco. I filosofi sono troppo intellettuali. Io ragiono come un intestino crasso in cui è entrata una frittura di paranza.

Te ne puoi andare? Ho altro da fare che disquisire di cucina con te.

Ti piaceva la mia cucina.

Questo te lo concedo.

Dip uscì dal commissariato che era già tardi. Ma non abbastanza per un piatto di parmigiana da Tony detto Yesss. Ci avrebbe trovato sicuramente il Beccadelli in compagnia di qualche bizzarra personaggia. Le attirava come il miele. Un miele di zagara.

Dove sei stato straniero? Gli chiese Tony – hai mangiato? No? Allora siediti, mi casa es tu casa.
La sua casa era il suo ristorante che gestiva con una brigata familiare e amicale. Aveva avuto ristoranti a Milano, in Costa Azzurra e perfino nei Caraibi. A Turks e Caicos. Non era nemmeno un ristoratore tout court, era un’artista, un musicista.

Stasera mi vorrei mantenere leggero. Mi mangerei la tua parmigiana. Magari anche un brik, e se ti avanza della bouillabaisse la puoi portare.

Meno male che volevi restare leggero!

Disse Il Beccadelli, che del ristorante di Tony era ospite fisso. Era in compagnia di un’artista modenese, si diceva fosse stata fidanzata con Vasco. Anzi pare che a lei fosse stata dedicata la canzone “colpa di Alfredo”, quella dei discorsi inopportuni che fanno sciupare le occasioni.

Ma dove hai capitato costei? Sembra un incrocio tra Jonis Joplin e lady Barbara, quella che faceva la maga sulle televisioni private a Palermo negli anni ‘70.

Questa è una grande artista, ma tu che ne capisci di arte. Io che sono nato sotto i dipinti di Vito D’Anna, ti dico che è un’artista notevole. E comunque l’ho portata qui perché pare abbia visto il Ciollaro tre sere fa. A Portu’ntoni, dove hanno ritrovato le sue cose. Stava al terzo martini cocktail e parlava di strani Russi che erano sull’isola. Parlava di antenne e radar, un discorso un po’ confuso. Ci capisci niente?

Veramente non capisco cosa c’entri il Ciollaro con i russi. Aveva avuto una ragazza di Minsk, ma quella è in Bielorussia. Ma sei sicura che sia un’artista quella? Si sta mangiando un chilo di paella.

Ma tu di arte che ne capisci. Sei fermo agli impressionisti. Sei arrivato a vedere qualche quadro di Picasso perché ti ho portato a Malaga. Fu dopo quella sbronza con la Biondina idraulica, siamo andati all’aereoporto ed abbiamo cantato alla hostess “andiamo tutti a Malaga” e dopo due ore eravamo in Andalusia. Tu manco sapevi che il grande Pablo era di lì. Ti intendi solo di quella teoria strana che chiami Gastrosofia. Con quello che ti mangi dovresti avere la gastroenterite. E forse c’è l’hai, per questo spari minchiate tutto il giorno.

Puoi chiedere a Janis Joplin come si chiamavano questi russi?

Puoi chiedermelo direttamente nel bocconcino, ti spaventi di una donna come me?

No Signora, si figuri e che non volevo disturbarla mentre finiva quell’ottima paella. Tony è impareggiabile nella paella.

Secondo me sei timido. È molto che non vai con una donna?

Dip cominciò a riflettere, come preso da una bolla temporale, su quella basica domanda. In effetti era molto tempo che non…si approcciava, diciamo così alle tenerezze femminili. L’ultima era stata Perla. Poi una specie di buco nero lo aveva risucchiato. Un buco in cui Dio creò la femmina sembrava un incubo con le sembianze della Bardot, anche se mora. Si sentiva molto vicino a Roger Vadim, un uomo che aveva capito il potere creativo ma destabilizzante delle donne. Le donne, un certo tipo di donne, ti entrano dentro come un accidente, un clinamen di un destino cinico e baro, come un fulmine a ciel sereno.

E dopo un periodo più o meno breve, in cui pensi di avere il potenziale di un novello Alain Delon, precipiti nel buio dell’irrilevanza. Quell’oscuro oggetto del desiderio diventa evanescente ed impenetrabile. Ti ha tolto le chiavi di accesso, la password dell’affinità elettiva. E ripiombi nell’anonimato dell’insignificanza. Perdi significato esistenziale. Sei stato Alfa e Omega, ed ora sei la Zeta di zero.

Bellino, ci sei? Sembri incantato. Lo so che faccio un certo effetto, ma ora non esageriamo – gli disse sbuffando il fumo della sigaretta post paella in faccia a Dip.

Mi scusi – balbettò tossendo, odiava il fumo, anche quello passivo – Signora. Si ricorda per caso un nome, qualcosa?

Mi chiamo Debra, come Debra Winger, quella del Tè nel deserto, l’ho capito subito che ti piacevo.

Si certo Signora Debra, lei è un tipo molto particolare, anche il mio amico Avvocato nutre una speciale considerazione per lei, ma se ora mi riuscisse a dire qualche cosa di particolare su ciò che le ha potuto dire il Ciollaro le sarei molto grato.

Smettila di chiamarmi Signora, che non sono tanto più grande di te. Guarda che fino a qualche anno fa facevo la modella per la Durbans. Era la mia bocca quella della pubblicità. Ma chi è questo Ciollaro? – lo apostrofò Debra.

Mi scusi, si chiamava Mino da Giacomino, ma qui in paese tutti lo chiamavano il Ciollaro.

Forse perché era molto dotato? – disse lei ammiccante. – e tu bel bocconcino come sei messo?

Sono assolutamente, banalmente normale, Signora, Debra, mi scusi. Ciollaro viene dal pesce che abbonda nelle acque dell’isola, non ha altre immaginifiche interpretazioni.

Peccato, mai una gioia. Comunque mi parlò di una antenna, una grande antenna, e di un tale Igor.

E sappiamo altro di questo Igor?

Diceva che stava dalle parti di Cala Francese, faceva anche lui il guardiano di una grande casa.

Dip guardò l’amico Vincent, entrambi sapevano che c’era solo una grande casa a Cala Francese. Quella del grande Silvio.

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