Concorrenza più dura
La questione radio-televisiva del nostro Paese si sbloccò con il famoso decreto Craxi del 1984, quando egli autorizzò le televisioni private a funzionare in diretta. Infatti, poco prima, Mediaset aveva cominciato le trasmissioni in simultanea a distanza di qualche minuto dalla ripresa diretta. Un espediente che non andava giù alla Rai dell’epoca, la quale reagì con violenza.
Nonostante ciò, il richiamato decreto Craxi rimise a posto le cose e da quel momento, finalmente, la concorrenza entrò nel settore con grande beneficio sia degli utenti, cioè dei/delle cittadini/e, ma anche degli investitori pubblicitari, che videro abbassarsi il prezzo degli spot visti e parlati.
Tuttavia, alla Rai restò il canone, che costituisce ancora oggi circa i due terzi delle entrate di quel bilancio. Entrate che consentono al Colosso editoriale pubblico di tenere le maglie larghe delle uscite e anche un numero di dipendenti elevato, forse più di diecimila.
Il canone, però, non veniva riscosso per i suoi tre o quattro decimi in quanto non pagato, cosicché al Governo Renzi venne l’idea di inserirlo nella bolletta dell’energia, con la conseguenza che la morosità si abbassò fortemente, scendendo sotto la soglia del dieci per cento.
Le cose sono andate in questo modo fino a oggi. Ma i partiti di governo, che cercano di venire incontro ai desideri dei/delle cittadini/e, hanno pensato bene di fare due modifiche essenziali con la prossima Legge di bilancio 2024. La prima riguarda l’uscita del pagamento del canone dalla bolletta della luce, cosicché possiamo pensare che vi sarà di nuovo la morosità precedente e quindi un conseguente calo delle entrate.
La seconda novità riguarda la sua riduzione da novanta a settanta euro l’anno, quindi un sollievo per l’abbonato/a, che non dovrebbe ritornare a essere moroso/a.
Il taglio del canone e l’uscita della sua riscossione attraverso la bolletta potevano essere un grosso problema per il bilancio della Rai del 2024 perché potevano costituire minori ricavi e minori entrate, ma, come vedremo fra poco, così non sarà.
Il Governo ha fatto una manovra abile e cioè, se da un canto ha diminuito i ricavi della Rai per effetto della diminuzione del canone, dall’altro ha calcolato che tali minori ricavi non avrebbero coperto i costi per investimenti, cioè strutturali, che quindi non si sarebbero potuti fare, mentre il bilancio corrente rimaneva tale e quale senza correzioni.
Cosa ha fatto il Governo? Ha sostituito i costi per investimenti con i costi a carico del Pnrr. Cosicché, gli investimenti potranno essere effettuati come previsto e la loro copertura proverrà, come prima si è scritto, dallo stesso Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Delineato il quadro di riferimento con le due novità che sostanzialmente non novano nulla, diamo uno sguardo alle entrate della Rai, che, anche per il 2024, oscilleranno intorno ai 2,4 miliardi fra canone e pubblicità.
Quest’ultima è in concorrenza con quella delle televisioni private, le quali hanno dinamiche più svelte e quindi spesso riescono a muoversi con maggiore prontezza.
Come è noto, il prezzo della pubblicità degli spot è proporzionato all’audience. Un punto di audience vale cifre rilevanti, per cui anche la Rai, pur effettuando un servizio pubblico, deve inseguire gli ascolti, perché in base a essi può determinare i propri prezzi.
Questa gara a inseguire il mercato contraddice la natura di servizio pubblico, che invece è quella di informare e “formare” (o educare) i/le cittadini/e su tante questioni che non hanno appeal spettacolari, come i doveri costituzionali, il funzionamento delle strutture pubbliche e via enumerando.
Dovendo invece seguire le leggi di mercato, la Rai, seppure nei suoi canali primari, non ottempera a questo obbligo, però vi dedica altri canali molto secondari, con un bassissimo audience, come Rai Scuola o Rai Movie.
Nonostante tutto, il suo servizio è prezioso e forse l’informazione utile ai/alle cittadini/e dovrebbe essere ulteriormente potenziata.