Renato Valenti: “Pronto soccorso, quelli più piccoli letteralmente svuotati negli ultimi anni” - QdS

Renato Valenti: “Pronto soccorso, quelli più piccoli letteralmente svuotati negli ultimi anni”

Angela Ganci

Renato Valenti: “Pronto soccorso, quelli più piccoli letteralmente svuotati negli ultimi anni”

martedì 28 Febbraio 2023

Valenti, direttore Unità Medicina e Chirurgia d’Urgenza ospedale Umberto I Enna. Sicurezza, personale e posti letto: “Serve più attenzione al territorio”

ENNA – Il pronto soccorso è una peculiare unità operativa dell’ospedale dedicata ai casi di emergenza-urgenza, una delicata area ospedaliera nella quale, attraverso metodi codificati (triage), vengono stabiliti, in base alle condizioni d’urgenza, il livello di gravità della patologia del singolo paziente e la conseguente priorità a lui spettante.
Quali problematiche affliggono oggi i pronto soccorso, in relazione, da un lato, al paziente che richiede la cura e, dall’altro, al livello generale di sicurezza? Quali le prospettive di gestione delle stesse? Ne abbiamo parlato con Renato Valenti, direttore dell’Unità Operativa Complessa Mcau (Medicina e Chirurgia di Accettazione e Urgenza) dell’ospedale Umberto I di Enna.

Direttore Valenti, quali sono le problematiche del pronto soccorso che riscontra più spesso anche in relazione ad altre province siciliane?
“è inutile ribadire che tra le tante problematiche, non solo siciliane, vi è la grave carenza di personale medico che maggiormente si ravvisa nei piccoli pronto soccorso, svuotati negli ultimi anni da mega concorsi che hanno fatto sì che molti dirigenti medici si trasferissero nelle grandi strutture trovandole sicuramente più attrattive. Altra grande criticità è legata alla carenza di posti letto, che determina un sovraffollamento di pazienti che hanno terminato già il loro iter diagnostico e sono in attesa di ricovero. Non dimentichiamo, infine, la gestione del paziente anziano pluripatologico che non trova altra risposta di salute se non nei servizi di emergenza, che definirei accessi impropri”.

Quali a suo avviso le possibili soluzioni?
“Fino ad oggi quelle adottate, tra cui il medico a gettone e la rotazione dei dirigenti medici dai reparti, non sono riuscite a risolvere una problematica così complessa. Bisognerebbe rivedere tutta la rete di emergenza, implementare i posti letto internistici, soprattutto le lungodegenze, serve una maggiore attenzione del territorio per la presa in carico dei pazienti anziani, oltre a rendere diffusa la telemedicina”.

Riguardo l’approccio con i pazienti e le famiglie, cosa può dirci?
“Insieme ai medici di pronto soccorso sono i pazienti e i loro familiari che avvertono il disagio della condizione di sofferenza dei servizi. Il permanere in barella per giorni, con poca privacy e con poco personale per assicurare la giusta attenzione al paziente, crea motivi di sofferenza che, a volte, si tramuta in rabbia verso il personale medico e paramedico”.

A proposito del nodo sicurezza (aggressioni al personale) come intervenire a suo avviso?
“Riguardo la sicurezza ben sottolinea la nota del Ministero dell’Interno di ripristinare i posti di polizia all’interno dei pronto soccorso: teniamo conto che il 50% delle aggressioni verbali, e non solo, non vengono denunciate e passano sotto silenzio. Le cause scatenanti di tensione spesse volte riguardano la carenza della capacità comunicativa che si tramuta nella percezione da parte del familiare che il proprio parente sia stato abbondonato senza le dovute attenzioni, cosa assolutamente non vera in quanto magari il sanitario di turno è in attesa di esami di laboratorio e/o strumentali necessari per dare informazioni più esaustive. è difficile descrivere la galassia dell’emergenza balzata oramai da anni agli onori della cronaca, senza peraltro averlo richiesto. Vorremmo davvero dare il nostro contributo alla Sanità pubblica, ma vorremmo anche essere ascoltati di più, vedendo riconosciuti il nostro impegno e la nostra dedizione per la nostra amata professione”.

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