Riforma Zes unica, a che punto siamo tra perplessità e speranze

Riforma ZES, opportunità o “flop” per l’economia siciliana? Parola agli esperti

Antonino Lo Re

Riforma ZES, opportunità o “flop” per l’economia siciliana? Parola agli esperti

Giuliano Spina  |
venerdì 22 Settembre 2023

Ci sono speranze di pianificazione ma anche dubbi e perplessità sulla realizzazione della Zes unica per il Sud. Le interviste all'economista Rosario Faraci e ad Angelo di Martino di Confindustria CT.

Un fulmine a ciel sereno ha colpito l’economia siciliana nelle ultime settimane. La riforma delle Zone Economiche Speciali, approvata dal Consiglio dei Ministri e che vedrà dall’1 gennaio 2024 l’unificazione di esse in un’unica Zes per il tutto il meridione, non è stata accolta con favore dagli esperti di economia dell’Isola.

Il presidente di Conftrasporto-Confcommercio, Pasquale Russo, si è espresso dichiarando che l’unificazione della Zes per tutto il sud, assieme alla scissione dal sistema dell’accessibilità garantita dai porti e dagli interporti, mortifica e indebolisce le potenzialità di crescita economica del meridione. Per una città come Catania, che finora ha fatto dalla sua Zona Economica Speciale uno dei suoi punti di forza per il rilancio dell’economia, questa fusione potrebbe rappresentare un brutto colpo.

Faraci: “Sedersi al tavolo e mettere insieme tutti gli attori del territorio”

L’economista Rosario Faraci, intervenuto al QdS.it, ha sottolineato come questa unificazione non sia del tutto una sorpresa, ma anche come questo strumento debba essere utilizzato in un determinato modo.

“Il punto di vista dell’aziendalista – ha detto Faraci – non è tanto lo strumento in sé o la centralizzazione versus il decentramento di questo strumento. I commissari hanno lavorato bene con quello che avevano a disposizione e il raccordo con l’amministrazione centrale dello Stato era fondamentale. Che si sia andati verso una fusione non mi sorprende. Però ribadisco che è uno strumento e affinché venga utilizzato intelligentemente occorre sedersi al tavolo, non improvvisare, e da un lato mettere insieme tutti gli attori del territorio, come Confindustria, Confcommercio e la Camera di Commercio, assieme alla politica e dire di puntare su settori o ambiti economici e stabilire verso quali investire per il territorio”.

“Dall’altro lato – ha proseguito Faraci – si portano a conoscenza le imprese degli incentivi che si danno e dal punto di vista amministrativo si rende più veloce la pratica di insediamento e investimento. Sotto il profilo fiscale si potrebbero dare agevolazioni varie, ma si deve far vedere un piano economico-finanziario a 5-10 anni dal quale si possa evincere che l’investimento non sia mordi e fuggi o speculativo o predatorio, bensì che sia capace di generare occupazione e indotto, di creare collegamenti stabili con scuola e università per il capitale umano. Si deve vedere anche come il loro investimento impatta col territorio perché noi abbiamo avuto tanti investimenti commerciali negli ultimi 30 anni che hanno fatto di Catania una delle città più importanti a livello europeo riguardo alle grandi superfici commerciali, ma che dall’altro lato hanno portato l’artigianato e il piccolo commercio a soffrire. Ci vuole un politica ragionata per il territorio dove la Zes è uno strumento a forte impatto”.

Riforma Zes, Di Martino (Confindustria Catania): “Siamo perplessi”

Il presidente di Confindustria Catania, Angelo Di Martino, nel video sotto spiega come questa riforma lasci molte perplessità e come speri che venga mantenuto il presidio.

“Siamo un po’ troppo perplessi. Io ho molti dubbi su questa riforma, prima di tutto perché se l’investitore che vuole venire in Sicilia a investire deve colloquiare con Roma credo che poi gli investimenti non li farà più e quindi è un’assurdità. Specialmente quelli piccoli, che non hanno una struttura organizzativa per questo discorso, ovviamente non andranno a chiedere cosa fare e come farlo. Quindi io mi auguro che quantomeno rimanga il presidio attuale che c’è per la Sicilia orientale perché stava funzionando bene. Se consideriamo che nel 2021 ci sono stati investimenti per circa 50 milioni, nel 2023 sono arrivati a 150 e questo la dice tutta perché significa che stava funzionando”.

Togliendo questo presidio la gente non investe, quindi deve rimanere il presidio attuale perché la gente quando deve investire va in esso e si informa per aprire la pratica. Poi ovviamente se il Ministero o il governo diranno che si deve fare tutto da Roma si farà il colloquio con Roma e lo terrà il presidio. In questo modo è più facile. Secondo me è stato interrotto un meccanismo che stava funzionando, in Italia quando c’è qualcosa che sta funzionando viene qualcuno che dice toglierla e non so il motivo. Però non bisogna fare così perché quello che funziona bisogna lasciarlo e per gli investimenti è un qualcosa che deve rimanere”.

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