Stefano Stendardo, responsabile delle tecnologie di cattura della CO2 all’Enea. “Oggi è più conveniente catturare che emettere CO2”
ROMA – Nell’ambito della transizione ecologica grande importanza ha la riduzione delle emissioni di CO2, tema su cui l’Enea (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) si impegna da tempo anche con l’elaborazione di impianti, processi e tecnologie che ne permettano la cattura e lo stoccaggio. Il QdS ne ha parlato con Stefano Stendardo, ricercatore e responsabile delle tecnologie di cattura, riuso e stoccaggio di CO2 all’interno del Dipartimento delle tecnologie per l’energia e le fonti rinnovabili dell’Agenzia.
A che punto è la ricerca di Enea su questa tecnologia? Su quali progetti state lavorando?
“La cattura di CO2 riguarda, appunto, la separazione dell’anidride carbonica da fumi di combustione o da reforming del metano o da gassificazione di carbone o biomasse. Uno degli obiettivi principali che si è prefisso l’Enea è quello di effettuare questo processo in maniera sostenibile e circolare. In particolare, abbiamo messo a punto un materiale solido a base di ossido di calcio, in grado di trasformarsi in carbonato di calcio. Il carbonato di calcio, per chiudere il ciclo di cattura della CO2, va rigenerato ad alta temperatura rilasciando anidride carbonica in forma molta concentrata. Quest’ultima, poi, viene riutilizzata per la produzione di combustibile mediante l’utilizzo di idrogeno verde oppure può essere stoccata in acquiferi salini profondi e, quindi, confinata in maniera del tutto controllata”.
Come si approcciano le imprese a queste tecnologie? Riscontrate interesse e voglia di investire da parte loro?
“Sì, le imprese sono molto interessate al riguardo e in particolare alla separazione della CO2 da fumi di combustione. Cioè, sono interessate a trovare tecnologie in grado di strappare la CO2 dai fumi di combustione senza cambiare l’assetto produttivo. Abbiamo diverse collaborazioni con le industrie, in particolare per lo stoccaggio dell’anidride carbonica in residui d’altoforno, di acciaierie, termovalorizzatori. Questi processi industriali producono, purtroppo, delle scorie. Si tratta di rifiuti pericolosi, da trattare con le dovute cautele. Grazie al processo che stiamo mettendo appunto in Enea questi materiali possono essere utilizzati per assorbire la CO2 e confinarla in maniera del tutto controllata producendo, allo stesso tempo, materiali che potrebbero essere riutilizzati nuovamente nell’industria. In questo modo, dunque, si da vita alla cosiddetta economia circolare. Possono essere riutilizzati, ad esempio, come filler del calcestruzzo oppure per la costruzione di sottofondi stradali”.
Tra le critiche che vengono mosse a progetti di questo tipo c’è quello dei costi elevati? Quanto tempo ci vorrà affinché diventino economicamente sostenibili anche per le Pmi?
“In una fase iniziale, purtroppo, le tecnologie di cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica soffrivano del basso costo della CO2. Adesso si è visto che il costo della stessa sta oscillando tra gli 80 e i 100 euro. Quindi, da un anno circa a questa parte, è più conveniente catturare che emettere CO2. Ci sono tecnologie che consentono di farlo anche a prezzi più bassi rispetto a quelli menzionati prima. Per le grandi imprese che, chiaramente, hanno degli asset spinti su queste tematiche la cattura della CO2 sta diventando una realtà. Eni e Snam si stanno mettendo insieme per creare una filiera del valore su cattura, trasporto e stoccaggio dell’anidride carbonica. Quindi faranno da apripista e credo che, dietro questo grosso progetto bandiera tutto italiano, ci sarà un effetto scia. Si creerà un’economia di scala, quindi anche le medie e piccole imprese si adegueranno. L’importante, alla fine, è avere una domanda di prodotti che siano a bassa emissione di carbonio. Perché quando questi prodotti saranno richiesti anche da cittadini e Pmi credo che queste tecnologie avranno esiti positivi da qui al 2030”.