Romagnoli indomiti esempio per gli italiani - QdS

Romagnoli indomiti esempio per gli italiani

Romagnoli indomiti esempio per gli italiani

venerdì 02 Giugno 2023

Hanno lavorato giorno e notte

Nel 1976 si verificò un forte terremoto nel Friuli. In quell’epoca era ministro della Protezione civile Giuseppe Zamberletti, democristiano capace e competente, che fece ricostruire l’intera regione procurando in tempi brevi le risorse finanziarie necessarie, tal che dopo qualche anno essa diventò più forte e più ricca di prima.
In quell’opera di ricostruzione un ruolo importante ebbero i friulani, i quali si sbracciarono, si misero a lavorare giorno e notte perché volevano rimettere in moto la regione facendola diventare più forte e più ricca di prima.
Allo stesso modo abbiamo visto i romagnoli, popolo indomito, sbracciarsi e lavorare alacremente per liberare gli immobili dall’acqua e cominciare le necessarie pulizie e riparazioni in modo da ritornare a una vita normale, in tempi non molto lunghi.
Ecco la mentalità che vogliamo sottolineare: di chi non si arrende di fronte alle catastrofi e, seppure con la morte nel cuore, si approccia a fronteggiarle.

Gli allagamenti che si sono verificati in tutto quel territorio sono semplicemente frutto dell’esondazione dei fiumi. Perché le acque sono esondate? Perché gli argini erano bassi e non avevano la capacità di contenerle in modo sufficiente. E perché gli argini erano bassi? Perché la Giunta regionale non aveva proceduto ad elevarli, in modo da contenere l’eventuale aumento del livello delle stesse.
Le domande che precedono sono semplici, quasi elementari, e mettono a nudo le insufficienze di chi ha la responsabilità di gestire un territorio fragile come quello vicino agli Appennini.
Quello che è capitato in Romagna potrebbe verificarsi in qualunque altra regione, perché nessuna delle stesse ha mai adottato attività di prevenzione, consistenti nella messa in sicurezza del territorio.
Perché nessuno mai lo ha fatto? Perché le Giunte regionali non hanno sentito la responsabilità dell’incarico istituzionale che era stato loro affidato dai/dalle cittadini/e, con la conseguenza che la scelta del Popolo non si è manifestata felice, visti i risultati.
Si obietterà a quanto precede che nel nostro Paese vi è stato sempre un problema di risorse finanziarie, la cui scarsezza è stata dimostrata in tutto il dopoguerra dall’aumento continuo e considerevole del debito pubblico che, secondo il Def 2023 (Documento di economia e finanza), raggiungerà l’astronomica cifra di 3.161 miliardi già nel prossimo 2026.
C’è di più. I governanti dissennati hanno continuato ad aprire i cordoni della borsa verso la spesa corrente, superflua e inutile, sottraendo risorse a quella per investimenti, che sarebbe stata necessaria anche per riparare il territorio e per fare le opere utili a evitare i disastri.
Sembra un ragionamento circolare, secondo il quale si ritorna alla stessa casella, come nel Gioco dell’oca. Ma è ovvio che sia così perché la casella di partenza è la capacità e la responsabilità di chi governa il Paese a livello nazionale, regionale e locale.
Per esempio, ha sorpreso che qualche sindaco eletto domenica scorsa abbia manifestato con orgoglio che i conti del suo Comune erano in ordine, come un fatto eccezionale.

Si tratta proprio di questo: tenere i conti in ordine non deve costituire un fatto eccezionale, bensì normale. Però, vedi caso, nella nostra regione su 391 sindaci, oltre tre quarti non riescono a chiudere i bilanci perché non hanno i conti in ordine e hanno chiesto proroghe all’Assessore regionale per la presentazione degli stessi.
Perché i conti dei Comuni non sono in ordine? Certamente per incompetenza dei propri sindaci. A dimostrazione di quanto scriviamo ve ne è una minoranza che invece riesce a stare nell’ordinarietà della gestione del proprio ente perché è capace, intelligente, preparata ed ha competenze.
C’è da augurarsi che tutti/e gli ottomila sindaci/che italiani/e siano stati/e scelti/e dai/dalle propri/e cittadini/e per le loro competenze e per il merito che hanno avuto – anche nella loro attività lavorativa privata – e non per cattive abitudini partitocratiche, che fanno scegliere in base alla cultura del favore. Pratica deprecabile che va condannata senza mezzi termini, visti i risultati.

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